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Garissa(Kenya) / Shabab contro cristiani /La strage del 1 luglio /Il punto secondo gli esperti di"cose" africane

Creato il 04 luglio 2012 da Marianna06

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Come abbiamo appreso dai nostri “media”, domenica scorsa, 1 luglio, a Garissa, città del nord-est del Kenya, c’è stata una’autentica mattanza, quasi in contemporanea, in altrettanti due luoghi di culto e ad opera di islamisti somali contro della povera gente inerme,dei cristiani, che si erano recati come sempre ad assistere alle proprie funzioni religiose domenicali.

L’impatto con la notizia qui da noi, in occidente, è stato, manco a dirlo, un autentico pugno nello stomaco per quanto la “cosa” in sé avrebbe, forse, dovuto essere  un tantino prevedibile, considerando i fatti accaduti a partire dallo scorso anno e gli accordi sotterranei, poi platealmente saltati, tra Kenya e Somalia.

 Quelli, cioè, che non appaiono mai ufficialmente.

Ma veniamo, invece, alla chiarificazione che gli esperti di cose africane hanno cercato di dare dell’accaduto di domenica.

Essi dicono che la causa di tutto  è stata e rimane lo sconfinamento di alcuni blindati dell’esercito del Kenya in territorio somalo (Garissa, tra l’altro, è una città keniana  confinante con la Somalia e abitata perciò in prevalenza da somali), lo scorso ottobre, in seguito al rapimento di due donne occidentali, due cooperanti, che si trovavano a Dabaab per conto di Medici senza frontiere, ad  opera degli Shabab.

Questo rapimento avrebbe provocato l’incursione, voluta e attivata immediatamente dal governo del Kenya in territorio somalo di centinaia di militari keniani a partire proprio da Garissa(la città dista, infatti, appena 140 chilometri dalla frontiera, che in Africa sono un’inezia), che è anche la sede di una base militare.

Gli Shabab, braccio armato del fondamentalismo islamico d’importazione ( leggi le terribili e intransigenti corti islamiche somale), e perciò targato Africa, hanno operato e ucciso ,dunque, per rivendicare il tradimento dei precedenti accordi.

Infatti non c’era solo una tregua apparente, una simil- pace, voluta implicitamente da Kenya e Somalia insieme,  ma anche ,cosa ben più importante, l’accoglienza, il rifugio e la protezione sicura per molti guerriglieri islamici negli stessi territori del Kenya.

E una tale intesa era stata strappata da ambo le parti, sia pure a fatica, soprattutto perché negli intenti del governo del Kenya c’era ,e c’è ancora oggi, la ferma volontà di rimanere il più possibile isola felice per turisti, portatori di moneta forte e magari anche di lucrosi affari e creare pertanto una specie di fascia di protezione  per le proprie fantastiche spiagge, a prova sicura di terrorismo.

Per evitare,in questo modo furti, aggressioni e rapimenti nei tantissimi villaggi turistici, che si affacciano sul mar Rosso e sull’oceano.

Resta il fatto che il clima in Kenya, dopo tanti morti e feriti, e il molto sangue sparso in maniera insensata ( non solo i morti e i feriti,  quelli di domenica scorsa), è  oggi decisamente carico di paure.

Cosa quest’ultima (la strage intendo) che non avrebbe mai dovuto verificarsi perché, a conti fatti, arreca, che lo si ammetta o meno, soltanto notevoli danni all’economia del Kenya, sopratutto alla “piccola” economia, destabilizza il clima politico in vista delle non troppo lontane e certamente complesse elezioni ,e fa vivere male gli abitanti del luogo nonché i  tanti somali, che sono lì per necessità in Kenya.

Come gli ospiti (si fa per dire) del campo profughi di Dabaab, al confine appunto tra i due paesi, e che è il più affollato al momento, a quanto è dato sapere,proprio di rifugiati somali.

Un’altra specie d’inferno a cielo aperto in cui si lotta continuamente per la sopravvivenza e non sempre ci si riesce.

E, in casi come questi  poi , c’è anche il rischio e il pericolo che  odio e fomento possano essere destinati a crescere con le immaginabili deleterie conseguenze.

  

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

In basso una cartina del Kenya per indicare la posizione geografica della città di Garissa

  

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