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Garth Ennis (cap. 4.2) – Preacher, le tematiche

Creato il 30 novembre 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
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  • Garth Ennis (cap. 4.2) – Preacher, le tematiche

4.2 Tematiche

Garth Ennis (cap. 4.2) – Preacher, le tematiche Preacher In Evidenza Garth Ennis

Speciale Garth Ennis – Nessuna pietà per gli eroi (clicca per leggere gli altri articoli)

4.2.1 Il suo West 

Garth Ennis (cap. 4.2) – Preacher, le tematiche Preacher In Evidenza Garth Ennis

John Wayne [nella serie non ne viene mai mostrato il volto perché la casa editrice non ha acquistato i diritti per lo sfruttamento dell’immagine dell’attore. N.d.C.] nel n. 2, p. 16. © dc Comics/Vertigo.

Ennis è cresciuto con la passione per il western di frontiera. Ha divorato decine e decine di pellicole in cui emerge il mito di un paesaggio incontaminato e selvaggio e insieme brutale e violento, ma su cui l’uomo che vale riesce ad avere la meglio. Il West che l’autore predilige non è però quello di matrice europea narrato da Sergio Leone. L’eroe, in Preacher, non è il cinico Straniero senza Nome, le cui azioni sono dettate da “un pugno di dollari” o al massimo da “qualche dollaro in più”.

Lo sceneggiatore irlandese guarda al mito americano del cowboy onesto e leale, di sani principi, che riesce ad affermarsi tramite un severo codice morale, in nome dei valori della libertà, dell’onore, della tradizione. Jesse Custer rispecchia perfettamente questo tipo di personaggio rude, ma buono e idealista, che per sopravvivere deve lottare e imporsi con la violenza. Non a caso, lo spirito guida di Jesse è proprio John Wayne: l’eroe dallo sguardo d’acciaio, forte, determinato e affidabile, simbolo dell’America che traspare dai film di John Ford tanto cari a Ennis, quali Ombre rosse, Sentieri selvaggi e L’uomo che uccise Liberty Valance.

Gran parte del fascino del western classico sta proprio nella sua semplicità. Le storie sono dirette e lineari; trattano di rapine in banca, assalti alle diligenze, furti di bestiame, caccia di fuorilegge. Laggiù i buoni sono davvero buoni e i cattivi cattivi, fino all’osso.
Come nota il critico Richard Schickel, visto che tutti possiedono un revolver, le questioni si risolvono rapidamente, ricorrendo all’azione e alla violenza, senza troppi tormenti esistenziali (1).

Questa è per me l’America, Cass. Quella che si vede nei film”, dice Jesse indicando la Monument Valley, lo scenario di gran parte delle pellicole di John Ford (2) . Non a caso, infatti, i due scontri fondamentali della saga hanno luogo in due location mitiche per il western di frontiera: l’uno proprio nella Monument Valley, l’altro ad Alamo, teatro del famoso assedio per l’indipendenza texana e, ovviamente, soggetto del film diretto, prodotto e interpretato da John Wayne.

L’America che si vede nei film, appunto.

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Come nota Joe R. Lansdale

“il Texas è, dopo tutto, sia uno stato mentale che un dominio terreno”. (3)

Infatti, il West narrato da Ennis non esiste, se non nel suo e nel nostro immaginario. È una stilizzazione di personaggi e di situazioni che lo scrittore ha amato da ragazzino e che continua ad amare e a descrivere con la stessa passione, trasformandoli in leggenda.

4.2.2 Il lato oscuro della medaglia

“Sarebbe carino se ogni tanto qualcuno facesse notare che dal Texas arrivano anche delle brave persone e non solo il male”. ((Joe R. Lansdale nell’introduzione al primo volume di Preacher: Texas o morte, Magic Press, Ariccia (Roma) 1996.))

Garth Ennis (cap. 4.2) – Preacher, le tematiche Preacher In Evidenza Garth Ennis

“Qualcosa non va?”, n. 2, p. 24. © dc Comics/Vertigo.

La potenza di Preacher non sta soltanto nella capacità dell’autore di attingere alla semplicità e ai valori dell’America di frontiera.

Preacher è anche John Wayne che incontra un vampiro. È difficile da immaginare. Eppure Ennis l’ha fatto. E ci ha creduto, fin dall’inizio. Dalle prime pagine, in cui si scopre che Cassidy gira per il Texas in giubbotto di jeans e occhiali da sole succhiando il sangue alla gente, tutti ci credono. Ed è proprio lì che sta la bellezza di Preacher: nella sua natura irregolare e contraddittoria, e nello sguardo tutto irlandese con cui Ennis osserva il mito dell’America.

Il gotico europeo, che è alle radici della tradizione letteraria irlandese, è infatti caratterizzato da una sensibilità diametralmente opposta a quella americana, derivata dalla vena “dark” del romanticismo nordico ottocentesco che tra i capostipiti vanta opere oscure come Il castello di Otranto di Walpole e Il monaco di Lewis. È un genere costruito attorno storie contorte, ricche di intrighi e flashback su protagonisti dal passato angoscioso e oscuro, spesso vittime di incesti e segreti di famiglia; è contraddistinto da un fosco interesse per tematiche legate a una religiosità opprimente, ambientate in conventi o castelli labirintici popolati di mostri, demoni, spettri o vampiri; ed è ricco di descrizioni di personaggi perversi o dalla moralità dubbia, in un alternarsi di scomparse, finti decessi e scambi di persona in uno scenario onirico e notturno.

Ci troviamo ovviamente a chilometri di distanza dalla semplicità del West fordiano, in un genere che descrive il Male nelle sue declinazioni più cupe e inquietanti. Eppure, anche qui, le tematiche di Preacher ci sono tutte: dal passato oscuro di Jesse con la crudele nonna Marie L’Angelle e la sua religiosità deviata, fino alla figura ambigua di Cassidy il vampiro, passando attraverso al ciclo di sparizioni, morti e rinascite subite da Tulip e dallo stesso Custer, senza contare personaggi quali il perverso Gesù de Sade e i decadenti Enfants du Sang. Un substrato angelico/demoniaco è inoltre alla base dell’intero intreccio nella figura di Genesis.

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È come se Ennis filtrasse attraverso una lente distorta il polveroso e assolato West, immergendolo nelle lugubri nebbie che avvolgono gli spettrali cimiteri irlandesi. E qui entra in scena il malvagio Santo degli Assassini, il cui terribile, tetro passato non l’ha aiutato a crescere, ma l’ha condotto invece a un’eterna dannazione a cui non può sottrarsi. Un avventuriero senza nome alla Eastwood, lontano dai nobili pistoleri di John Ford, ma più vicino agli sprezzanti eroi di Sergio Leone e al filone del cinico spaghetti western di matrice italiana. Con, in più, un piccolo particolare: il Santo è morto. Un cowboy fantasma, dunque, che si colloca in piena tradizione dark europea.

Senza dubbio la componente western/horror era già presente in alcune storie di Joe R. Lansdale, che Ennis interpreta e rimodella con il suo gusto gotico per la perversione, l’intrigo, il feuilleton e quel senso di religiosità incombente tutto irlandese.

Non è da dimenticare che lo stesso Stephen King dichiara di essersi ispirato a Preacher nella genesi della saga La torre nera, e la pellicola Vampires è stata concepita da John Carpenter proprio durante la pubblicazione della saga ennisiana.

Note

  1. Edward Buscombe, Richard Schickel, The bfi Companion to the Western, Da Capo Press, Incorporated, New York 1988. [↩]
  2. Preacher: Guerra sotto il sole, vol. 5, Magic Press Ariccia (Roma) 1998, p. 38. [↩]
  3. Joe R. Lansdale nell’introduzione al primo volume di Preacher: Texas o morte, Magic Press, Ariccia (Roma) 1996. [↩]
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