Magazine Psicologia

Generazione GOOGLE

Da Simonetta Frongia
Generazione GOOGLEScrive Oliver Ertzscheid[1] in un articolo su Le Monde[2] dal titolo “Disco rigido - disco inutile”, sottotitolo opportunamente (tradotto e) reinterpretato “intromissioni inevitabili”[3]: “Quando i motori di ricerca hanno cominciato ad indicizzare i contenuti dei dischi rigidi, non ho detto niente, perché non si trattava del mio disco rigido; quando sono andati a fare pubblicità mirata, non ho detto niente perché non era la mia posta.Quando poi, il disco rigido del mio p.c. è scomparso, e lo stesso p.c. è divenuto solo una chiave d’acceso alle informazioni on-line, non ho detto nulla, perché era troppo tardi, ormai”.Certo letta o rilevata così questa osservazione, avrebbe potuto e potrebbe ancora strappare qualche sorriso, visto l’ironico sarcasmo in un senso ed il caustico pessimismo tecnologico-generazionale dall’altro. Ma piuttosto che tracciare fantastici e/o futuribili scenari all’orizzonte di una malinconica multimedialità – digitale tutta da (com)provare, lo stesso Ertzscheid si riferiva,già qualche tempo fà, con puntuale e mirata visione, alla realtà circostante, come pure a quella virtuale; volgendo lo sguardo, in un regime di oligopolio, a chi gestisce ed amministra[4] tutto un “mondo” di idee, idiomi, informazioni, in una parola il sapere: Noi.I colossi dell’informatica e della Comunicazione devono la loro importanza ed  imponenza nel mercato globale, principalmente agli introiti dovuti alle entrate della pubblicità e dall’offerta di servizi come blog, mailing-list, e-mail, ricerca su dischi rigidi, etc. etc. con la sfida ancora apertissima, posta tra i (tre) maggiori contendenti (Microsoft, Yahoo, Google) di diventare a scapito dei corrispettivi competitor, l’unico portale web mondiale, a governare un Capitale apparentemente invisibile ma solidissimo, in continua crescita esponenziale.Perfezionando, altresì intrecciando secondo un reticolato di interessi ed opportunità,  un legame già in atto, in buona misura, tra web pubblico e web privato.  Installando sul proprio computer ad esempio il software gratuito “Google Desktop” si possono catalogare tutti i documenti, indicizzando i contenuti nel proprio hard-disck, unitamente a tutti quelli trovati nel web, attraverso una comune ricerca avviata su Google appunto. Parimenti quando si controlla l’email, appaiono link commerciali spesso in relazione agli stessi messaggi. Attualmente Google consente di usufruire gratuitamente due giga-byte di memoria on-line agli utenti di g-mail, “(…) ma che succederà quando non avremo più scelta? se i dischi rigidi dovessero sparire in favore di spazi e servizi esclusivamente on-line? (…)”[5] ricorda ancora provocatoriamente Ertzscheid. E ancora, l’IBM ed altri giganti dell’hardware e del software, lavorano alacremente su progetti di archiviazione virtuale (storage virtualization) per le grandi aziende, ma, come rileva D. De Kerckhove[6], più si sa di te e meno esisti. Le preoccupazioni sulla privacy sono sempre più attuali: “(…) non siamo mai stati, come oggi, privati e pubblici al tempo stesso.L’immagine pubblica di una persona con i mezzi tecnologici di oggi, ha molte più possibilità di emergere rispetto al passato. Nel bene e nel male. Basta pensare alla quantità di riferimenti su Google esistenti per quasi ogni persona e reperibili da chiunque ventiquattro ore su ventiquattro (…)”[7].Pensiamo, prosegue De kerckhove, a nazioni dove l’adesione alla tecnologia  è fideistica, totalizzante, come la Corea del Sud. Lì i sensori a radiofrequenze sono così diffusi che spesso l’ambiente “sa dove sei” e si organizza per offrirti le cose che “pensa” che tu possa desiderare. E’ ciò che si definisce “Near Field Comunication”[8]. Una tecnologia di connettività wireless che presenta offerte personalizzate, quando il potenziale cliente si avvicina al negozio proprio come succede nel racconto di Philiph Dick, poi diventato un film di Steven Spielberg, Minority Report.Questo è da temere, conclude De kerckhove, perdere il controllo sulla nostra privacy e sulla nostra condizione interna, quel controllo che ci è dato per esempio dal libro, dalla scrittura, dal potere che abbiamo sul linguaggio.   L’idea che ciò che contraddistingue la nostra base culturale possa essere profondamente condizionata o influenzata da una visione “americano – googleiana” del mondo, cosi come suggerisce l’analisi avanzata da Ertzscheid, dovrebbe oltre ad incuriosire anche allertare. Così all’attenzione posta circa la raccolta in banche – dati delle nostre informazioni personali, e sulla non più soltanto fruizione dei contenuti attraverso la rete come portale – motore di ricerca, ma vera e propria porta d’accesso alla rete, secondo la versione beta del Browser di Google: Chrome, presto operativo a tutti gli effetti, fa seguito l’altro specifico progetto parallelo che ha visto e vede, sempre Google in prima fila, sulla digitalizzazione, archiviazione e traduzione dei libri di mezzo-mondo, come rivela Philipp Lenssen in un apposito blog dal nome “Google Blogoscoped”[9].Il progetto ambizioso, neanche a dirlo, nasceva nel 2004, quando Google annunciava di voler offrire on-line copie digitali delle più grandi biblioteche Anglosassoni, delle Università di Harvard, Stanford, Michigan oltre alla NewYork Public Library (NYPL) ed alla Bodleian Library Oxford.Un progetto enorme, commentano Gilles Heurè e Olivier Pascal – Moussellard dalle colonne di Tèlèrama[10], se si pensa che la stima entro sei anni dovrebbe oscillare su quindici milioni di libri e  4,5 miliardi di pagine.“… Gli inviati di Google hanno bussato alla nostra porta, dicendo che erano disposti  a pagare per digitalizzare i nostri fondi, offrendoci una copia degli archivi da usare a nostra discrezione …” ammette candidamente Paul LeClerc, presidente della NYPL[11]. Rilevando, oltremodo i responsabili – Google, che il mero e materialista lato commerciale, dell’intera faccenda, sarà sostenuto dal ricavato della pubblicità, naturalmente, ma “pubblicità intelligente” si sostiene, cioè collegata al prodotto culturale cercato, scongiurando la possibilità, sottolineano i due giornalisti francesi, all’utente finale di trovarsi il nome “Burger – King”, cercando “King – Lear” di Shakespeare. Se poi annotiamo nell’evoluzione Tecnologica, circa  il software  adottato e promosso da Google come traduttore simultaneo, l’opportunità avuta sul  web per tutti gli utenti di navigare nella propria lingua e visualizzare ogni pagina in una versione già tradotta, come ricorda ancora Lenssen nel suo blog, il quadro o lo scenario è più chiaro ma non necessariamente nitido. In definitiva si riflette sulle grandi prospettive di crescita personale ma anche politico – economico –sociale che la comunicazione globalizzata telematico – multimediale e digitale ha comportato, come pure sugli stra-ordinari  passi in avanti già ottenuti in senso universale dall’uomo, dal cittadino, dall’individuo che popola e struttura il luogo, la società, lo Stato, in cui abita e interagisce grazie alla sua intelligenza non solo artificiale.Al contempo l’atteggiamento che gli “imperi” societari del settore intendono assumere è semplicemente filantropico, come indirettamente si vuol suggerire e come direttamente Bill Gates,[12]  invece, ha deciso di sostenere, una volta annunciato la dismissione da ogni incarico operativo in Microsoft, per dedicarsi a tempo pieno alla fondazione voluta con la moglie Melinda, o è lecito pensare a ruoli, responsabilità, strategie di mercato, di naturale interesse economico – finanziario? Come mediare, dunque tra gli imperativi commerciali e gli obiettivi culturali? Sulla base di quali criteri e sotto la responsabilità di Chi? Ciò su cui, ad ogni modo,  risulta necessario riflettere è il ruolo e quindi il compito che assume e desume l’attore sociale, oggi, rispetto ad un decennio – ventennio addietro, prima come semplice comparsa nei panni dell’adolescente – discente e poi del protagonista – professionista all’interno  dei meccanismi socio-comunitari, attraverso i mezzi di comunicazione che utilizza e con i quali interagisce ormai secondo spazi e tempi (r)innovati ed alternativi.In particolare secondo alcuni analisti la cosiddetta “Generazione Google” rischia un isolamento parossistico[13], ragionando sull’ormai labile separazione tra piani apparentemente diversi ma spesso coincidenti come quelli tra vita reale e vita pixelata.Nel mondo virtuale di second - life[14] esperienza – esperimento ludico ricreativa, che consente on-line di vivere una seconda vita o realtà con opportuni ed appositi avatar e/o alter – eghi , le transazioni commerciali vengono effettuate in “Linden – Dollar”, dal nome della società ideatrice del software, ma convertiti in carta – moneta reale, ergo dollari americani di liquidità di “puro segno” pesante, così come coloro che popolano i non-luoghi elettronici del virtuale, possono promuovere digitalmente beni e servizi, non troppo diversi dai non-luoghi, reali: artisti a vario titolo, musicisti, pittori-scultori, scrittori, ma anche politici, promuovono le loro creazioni e  le loro prestazioni in comizi e /o concerti  pubblici ma pur sempre a pagamento.Inoltre secondo Douglas Coupland[15], come si evince da uno dei suoi ultimi libri in forma romanzata, Generazione j-pod[16], molti di noi esistono in una meta – forma, un meta- ego, confezionato dalle traccie che lasciano on-line come pensieri, foto, curriculum, voci, interi stralci complessi ed articolati di vita che raccontano i dubbi e gli eureka di una generazione che vive di chat, blog, podcast e gadget high – tech[17].Ma parafrasando Howard Gardner, si può serenamente aggiungere e ricordare come non può esistere evoluzione senza tradizione e come l’attenzione dovuta rispetto ad un più articolato periodo di sviluppo e ricerca, con riferimento al quel settore - comparto didattico - disciplinare che dall’Educational Technology[18] conduce all’Information and Comunication Technology (I.C.T.), si inserisca in questa direzione. Riscontrando, riconoscendo la necessità, di dover coniugare, corroborare le straordinarie potenzialità che il progresso tecnologico – scientifico mette a disposizione di ognuno di noi, con un adeguato retroterra di esperienze, elementi, attitudini personali – curriculari, giungendo così di acquisire non soltanto conoscenza ma certo pure coscienza dei saperi e dei mezzi che permettono di accedervi. “La capacità di pensare in modo intelligente è molto diversa dal possedere tante informazioni”[19] sostiene ancora Gardner, l’idea di informazione dunque, non dovrebbe così prescindere da quella di una adeguata  formazione secondo un percorso di crescita individuale e collettivo in ambito didattico disciplinare, da cui partire: non può esserci ipertesto senza testo. Senza quella componente essenziale che rimanda all’attenzione, all’intenzione, all’inclusione verso la comunicazione ed il linguaggio, che ha nutrito la Storia dell’Uomo e che alimenta la vita dell’animale politico – sociale, pur sempre alla ricerca di nuovi appetiti di cui soddisfarsi.La lettura, confida De Kerckhove, è la condizione della nostra identità privata, il controllo sul nostro destino. Non è la televisione ad avere potere sul linguaggio, chi legge acquista potere su di esso, chi guarda solo la televisione, lo perde: l’informazione tv è un collage di pezzi d’informazione di cui abbiamo bisogno sul momento, ma non successivamente. Ciò che ci serve per crescere, invece, è un’informazione che dura, continua, che prende forma dentro di noi: abbiamo bisogno della lettura. Il passaggio dal linguaggio all’immagine, non è un passaggio positivo per la libertà individuale. Se si perde il rapporto con la lettura, evapora.
Author: Alessandro Mazzeo
Fonte: http://www.vegajournal.org/content/archivio/49-anno-v-numero-3/140-generazione-google
Note:
[1] Docente – ricercatore presso l’Università delle Scienze Sociali di Toulouse.
[2] Cfr. “Le Monde” – “Google a les moyens de devenir un guichet d'accès unique à l'information” - articolo datato 05/ 01/05
[3] Cfr. “Internazionale” n. 600, anno 12;
[4] Il riferimento è rivolto alla dimensione e alla posizione assunta in ambito economico - finanziario (indici borsistici compresi) e politico – sociale ( il web tra pubblico e privato) da settori dell’informatica e della comunicazione come Microsoft – Yahoo – Google.
[5] Cfr. “Le Monde”, cit.
[6] Direttore del Programma McLuhan in Cultura e Tecnologia all’Università di Toronto(Canada) e Docente di "Metodi e analisi delle fonti in rete", "Sociologia della cultura digitale" e di "Sociologia dell’arte digitale" presso L’Università degli Studi Federico II di Napoli.
[7] “Repubblica” – “Il grande cervello” articolo datato 19/05/07
[8] ibidem
[9] www.Blog.outer-court.com
[10] Cfr. Tèlèrama – “A l’assaut de la plus grande bibliothèque du monde” articolo datato 18/05/2005
[11] Ibidem
[12] Fondatore della multinazionale “Microsoft” e presidente dal 2000 della “Bill & Melinda Gates Foundation” organizzazione umanitaria privata che si occupa di combattere alcune malattie come l'AIDS nel Terzo mondo.
[13] Cfr. Lardellier P, Le pouce et la souris ( il pollice e il mouse), Fayard – Paris, 2006;
[14] http://secondlife.com/ [15] Scrittore Canadese attento ed appassionato del settore new – technology – generation, ha esordito nel 1991 con il romanzo Generazione X, forgiando la definizione omonima.
[16] Coupland D., Generazione j-pod, Bloomsbury,2006; ( ed.it. a cura di Curtoni M, Parolini M, Frassinelli).
[17] Cfr. “Repubblica” – “Tecno Società” articolo datato 23/09/06.
[18] Nella sua evoluzione Storico - Pedagogica e sociale si è potuto individuare e per questo indicare due elementi in particolare come date di riferimento, che hanno dato di fatto, l'avvio ad una nuova stagione per le teorie dell'Apprendimento circa quel settore metodologico e di pensiero didattico - disciplinare indicato in inglese con il termine E. T. ( Educational Technology) tradotto in Italiano con T. E. ( Tecnologie dell'Educazione) e conosciuto anche con il termine Tecnologie Didattiche: il 1924 a riferimento della cosiddetta Teaching Machine (Macchina per Imparare) ideata dallo psicologo statunitense Sidney Pressey, per la correzione dei test a scelta multipla, consentendo la verifica automatica delle risposte. Ed il 1954 a riferimento dell'ormai celebre articolo pubblicato dallo psicologo americano B.F.Skinner dal titolo " The Science of Learning and the Art of Teaching". Intellettuali e studiosi del settore si sono interrogati negli anni sulle ragioni che caratterizzano questo specifico comparto dell'insegnamento apprendimento convergendo nell'idea che : " l'applicazione delle Tecnologie Didattiche può portare all'uso di macchine, ma le Tecnologie Didattiche in quanto tali non riguardano le macchine ” (Epasto A., Processi Cognitivi e Nuove Teconologie dell'Apprendimento, Samperi, 2004, pag.64). A riferimento di ciò ed in relazione ad un’evoluzione Tecnologica che si lega all'Informazione ed alla Comunicazione ( I.C.T./T.I.C.) si suole indicare altresì un nuovo modello didattico - disciplinare che rispetto ad una precedente impostazione di matrice oggettivista in senso passivizzante si differenzia per un'impostazione di matrice costruttivista in senso cooperativo e/o collaborativo.
[19] Cfr. Gardner H., Educare al comprendere, Feltrinelli, 2005 e in Epasto A., Processi Cognitivi e Nuove Tecnologie dell’Apprendimento, Samperi, pag. 69, 2004.

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