Magazine Società

Genova è un rabbia che si mantiene viva

Creato il 10 luglio 2011 da Kappazeta

Il caldo di questi giorni di luglio mi riporta a Genova. Io non c’ero, nel 2001. Il primo ricordo che ho di Genova è della prima volta che ci sono stato, per qualche giorno d’estate nel 2010, ospite da un’amica. Poche ore per scoprire una città difficile, l’affaccio sul porto e sul mare al risveglio, la curiosità dell’ascensore come trasporto urbano.

Genova non era una realtà fisica, per me. Genova erano nomi, immagini, racconti di amici. Genova era rabbia. E lo è ancora. Genova è una focaccia comprata al forno e mangiata poco distante, su una panchina di piazza Alimonda, le bottigliette d’acqua riempite alla fontana, a osservare lo scorrere normale di una città che non dimentica le sue ferite, a sovrapporre alla realtà che mi trovavo davanti ore di filmati e immagini che forse non si studieranno mai sui libri di storia.

Quando c’era il G8 e pensavo di partire, avevo dato un’occhiata al calendario degli esami. Ne mancavano pochi e la laurea era dietro l’angolo. C’era un appello il 24, Storia e istituzioni del vicino e medio Oriente, se ricordo bene la dicitura. Avevo deciso: ci provo, anche se è il quarto esame della sessione estiva. La smania di finire mi stava un po’ addosso.

Così Genova l’ho vista in rete, l’ho sentita raccontata al telefono dagli amici che stavano là. Genova è stata il mio compleanno con le lacrime agli occhi per la morte di Carlo, quello stesso giorno. La mia sensibilità sociale e politica era già viva da anni eppure Genova, anche se non ero lì, è stata un battesimo.

Un battesimo che mi ha portato a fermarmi proprio a piazza Alimonda la prima volta che sono riuscito ad andare a Genova. Un battesimo che, nel 2001, in Romagna, era un guardarsi in occhi straniti, tra amici, a chiedersi: e noi, da qua, cosa possiamo fare? La prima idea: volantini con i link di Indymedia, fotocopiati a mille e distribuiti fuori dai cinema, tra i tavoli dei chioschi delle piadine. “Quello che vi fanno vedere in tv non è vero, andate su questo sito per informarvi.” Un “become the media” crossmediale: se le persone non ci vanno proviamo a portarcele noi. E internet era un’altra cosa. Non esisteva YouTube, niente blog e i social network erano ancora lontani. La domenica, dopo l’assalto alla Diaz, addosso avevamo solo rabbia. E la sensazione che qualcosa di diverso si potesse fare.

Information Guerrilla è nata così. Qualcosa che partiva dallo stomaco. Un indirizzo internet, una newsletter con le testimonianze dirette di chi a Genova c’era stato e poi, a crescere, uno snodo per tutta l’informazione indipendente che passava in rete, un punto di riferimento per la prima metà di questi anni zero, tanto da finire nel mirino dei servizi italiani.

Information Guerrilla, adesso, non esiste più: il web è cambiato, il nostro lavoro anche. Ne sentiamo la mancanza, come sentiamo la mancanza di quelle persone che sapevano raccontarci la complessità del sistema in cui siamo immersi e che ora vediamo crollare. Sbancor sopra tutti, ci manca.

Oggi, Genova è una rabbia che si mantiene viva, un’ansia leggera quando ci sono troppe divise intorno, perché sappiamo che la tenuta della democrazia è qualcosa di estremamente fragile e quello che è successo in questi dieci anni, purtroppo, non riesce a farci essere ottimisti.

Questo è il mio racconto per il progetto #ioricordo Genova, che raccoglie testimonianze di chi c’era e di chi era lontano, per costruire una narrazione collettiva delle giornate del G8, a dieci anni di distanza.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :