Magazine Cinema

Genova Film Festival: “Piume” di Adriano Giotti

Creato il 12 luglio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Piume

Suspance iniziale. Nel cortile di un’azienda un giovane lavoratore, distrattosi durante la pausa, sta per essere investito da un autocarro in retromarcia. Netto stacco di montaggio. Questa brusca cesura ci conduce direttamente ai titoli di testa. E solo più avanti scopriremo l’esito della situazione di pericolo appena descritta, insieme alla reazione del protagonista…

Abbiamo voluto soffermarci sull’incipit di Piume, perché tra i cortometraggi di fiction in concorso al Genova Film Festival è proprio quello diretto da un regista giovane, ma già piuttosto prolifico, come Adriano Giotti, ad averci particolarmente colpito. Sia per un modo di fare cinema che tiene conto benissimo del valore dell’immagine, dei tempi del racconto, dell’andamento ritmico costruito al montaggio; sia perché è uno di quei casi in cui contenuti sociali di per se lodevoli non costituiscono un recinto, un modello preconfezionato, ma un sentiero da percorrere secondo la propria sensibilità e senza irrigidirsi in determinati schemi.

Già nella caratterizzazione del protagonista si coglie questo approccio non convenzionale a determinate tematiche, in primis il lavoro: padre single, incazzato col mondo, Samuele non è un soggetto con cui si può empatizzare facilmente. Piccole finestre aperte sulla sua esistenza famigliare e lavorativa rivelano infatti che l’uomo si guadagna da vivere in un’azienda di pollame dove i colleghi sono quasi tutti di colore, o per meglio dire “negri”, visto che nell’universo un po’ claustrofobico di Samuele hanno trovato spazio, come dimostrano certi manifestini appesi nel suo appartamento, odio per gli stranieri e ideologie di estrema destra. Ma lo sfruttamento è uguale per tutti. E nel corso del breve film di Adriano Giotti non si assiste a “conversioni miracolose” o ad altre soluzioni narrative improbabili, bensì a una maturazione del personaggio non urlata e concentrata in piccoli gesti, perché dopo essere passati per certe esperienze (come quella cui si accennava all’inizio) non si può più guardare il mondo con gli occhi di prima.

Molto indovinata anche la scelta dell’interprete principale: Matteo Pianezzi, nel ruolo di Samuele, sa rendere con naturalezza sia il carattere ruvido, aspro, riscontrabile in certi rapporti umani difficili e delicati, sia quell’affetto poco incline alle smancerie ma sincero per il figlioletto Elvis. Ed è proprio la relazione padre-figlio a suggerire alcuni dei momenti più ispirati del corto, tali da trascendere la traccia sociale senza disperderne il feedback, ma riportandolo all’occorrenza a una dimensione più intima e a tratti persino visionaria. Il riferimento è ovviamente alla passeggiata notturna tra le piume, un’apertura surreale che fa respirare il corto incastonando per un attimo il rapporto tra i due, Samuele e il bimbo, in una cornice magicamente atemporale.

Stefano Coccia      


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :