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George Lucas Contro Tutti: la Seconda Trilogia di Star Wars

Creato il 16 dicembre 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
George Lucas Contro Tutti: la Seconda Trilogia di Star Wars

"Qual è il suo personaggio preferito di ?". A domanda l'imputato risponde: "Jar Jar Binks". È con dichiarazioni come queste che da più di un quindicennio George Lucas sfida a petto in fuori e muso duro il fandom estremo concentrato attorno alla saga di Star Wars, partorita dalla sua mente creativa ma scippatagli anzitempo dagli appassionati di tutto il mondo.

OK, la seconda trilogia non ha la magia della prima ed è qualitativamente peggiore in quasi tutti gli aspetti. E allora? Quanti autori nel corso della loro carriera hanno rinnegato l'esuberanza artistica della gioventù per approdare a un precoce autismo culturale? Troppi, lo sappiamo. E quanti seguiti hanno abbandonato la pullulante inventiva del capostipite per piegarsi a dettami manieristici di inviluppante medietà? Idem come sopra. George Lucas ha indubbiamente mortificato la sua originalità con la scrittura e la regia degli episodi I, II e III di Star Wars. Soltanto che nel furore talebano seguito all'uscita nei cinema degli ultimi tre film si è volutamente passato un colpo di spugna sugli innegabili meriti della seconda metà di un'esalogia che ha cercato con forza di fornire adamantina robustezza all'impianto teorico soggiacente Star Wars.

La trama dei tre episodi scorre parallela su due binari: la macchinazione machiavellica di Palpatine per farsi assegnare poco a poco poteri sempre più speciali dal Senato ed esautorarlo, e il passaggio al Lato Oscuro di Anakin Skywalker. Entrambe le linee narrative, pur nella loro schematicità coatta e prevedibile, assolvono al loro compito. È irrefutabile che lo spettatore resti spesso irretito, consapevole com'è degli eventi apparsi dal ribattezzato Episodio IV - Una nuova speranza in poi, dall'alone fatalista con cui l'Universo e il giovane padawan accettano la discesa nella dittatura del Male. La mancanza dell'elasticità dei fatti e la sottostimazione del ruolo giocato dal caso è una precisa scelta artistica dovuta probabilmente a una visione distorta dell'afflato epico. Così anche il parziale ripudio del misticismo che fonda l'ideologia Jedi con la trovata del Consiglio (che discetta su questioni politiche a lungo termine come se fosse una commissione parlamentare italiana!) ma soprattutto con la razionalizzazione scientifica della Forza analizzabile attraverso la quantità di Midi-chlorian è ascrivibile a questo fraintendimento.

Per creare il dramma epico Lucas a priori voleva emendare questa trilogia dalle ingenuità della prima. Solo che Star Wars è sempre stata pensata come una "saga per bambini" (definizione dello stesso regista americano che dimostra ancora una volta il suo pervicace accanimento contro i geek che ne hanno fatto pietra angolare delle loro vite), il che vuol dire licenza di soprassedere sulla coerenza dei suoi personaggi. In fondo Darth Fener terrorizzava un'intera galassia con una maschera da samurai e parlando con un respiratore artificiale, in un combinato disposto che a noi terrestri, qualora qualcuno si lanciasse con questi costumi in una siffatta impresa, ci farebbe sollazzare di risa.

Al di là di queste sollecitazioni ondivaghe la continuity dell'esalogia è però rigorosa come raramente accade a prodotti del genere. Possiamo spernacchiare quanto vogliamo i dialoghi stopposi tra Anakin e Padmé o l'agilità senza senso del vecchio Yoda ma non riusciremo mai a demolire l'architrave fondante dell'Universo Star Wars. La guerra dei cloni, la caduta della Repubblica, l'avvento dei Sith sono eventi epocali descritti ed evocati con la maestrìa dei grandi narratori e hanno funzionato da prototipi per tutte le successive ramificazioni dell'Universo Espanso. E qui voglio spezzare un'altra lancia a favore del buon Lucas che ha cercato la sperimentazione estrema anche a costo del disaffezionamento del pubblico, cosa che poi puntualmente è avvenuta (destino condiviso peraltro con gli amici Zemeckis e Spielberg). Mi riferisco naturalmente all'uso massiccio della tecnologia digitale che connota la nuova trilogia.

Lucas è sempre stato un innovatore in tale campo, dalla fondazione della celebre casa di effetti speciali Industrial Light & Magic in poi. Il sostanziale ritocco digitale dato alla vecchia trilogia, benché accolto dai soliti strilli dei fan, ne aveva indubbiamente perfezionato alcuni degli aspetti visivi. Chi vuole che le spade laser si restringano ed allarghino ad ogni stacco e che Jabba the Hutt continui a restare il più sopravvalutato pupazzone in animatronic della storia del cinema faccia pure. La nostalgia degli anni Ottanta la lasciamo ai puristi, noi non abbiamo pregiudizi verso il predominio del computer. Con la nuova trilogia Lucas intendeva dare una precisa direzione all'industria hollywoodiana e dimostrare che per certi generi cinematografici il predominio del green screen era l'unica strada percorribile (aveva ragione lui? Ricordate quale film detiene il record d'incassi?).

Innanzitutto l'estro visionario non è più frenato da ostacoli come la ricerca di set adeguati: se vuoi una megalopoli iper-meccanizzata non devi per forza riprendere Shangai ma puoi creartela tu stesso a monte (fattore alquanto importante se tutte le tue location sono pianeti inesistenti). Inoltre in una guerra di cloni che combattono con pistole laser, astronavi che sparano laser e Jedi che - indovina un po' - combattono con spade laser, un uso copioso del digitale non è che sia questa grande eresia. Certo, poi la pigrizia di Lucas che non accende nemmeno una miccia sul set per fare anche la più piccola esplosione può fare storcere il naso agli amanti dei botti artigianali ma se questo è il prezzo da pagare per avere scene come la battaglia di Naboo o quella di Coruscant, beh... questi sono i miei dieci euro di biglietto. O c'è davvero qualcuno che rimpiange le scene di lotta sulla luna crescente di Endor degli Ewoks e i loro sgambetti ai camminatori imperiali bipedi?


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