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G.e.r.i.c.o.

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La base era in totale fibrillazione. Da quando avevano diramato l’annuncio che ormai era solo questione di ore, non c’era più nessuno in grado di trattenere l’emozione. A nulla valeva il fatto che fosse in vigore la disciplina militare: troppa euforia circolava in quelle ore in tutti i milleseicentotrentasette individui che brulicavano all’interno dei sedici livelli sotterranei della base del New Nevada. Tutti, dai semplici soldati di guardia al perimetro, agli inservienti, ai soldati scelti, fin su ai gerarchi e finanche al Generale Powell in persona, tutti erano in preda ad un trascinante senso di compimento imminente.

La missione per cui ben 15 anni prima la base era nata, la missione che era costata più di trecentocinquanta milioni di Accrediti statali, la missione per cui erano morte già milleduecentoottantotto spie del governo, per l’eroico obiettivo di evitare qualsiasi fuga di notizie, la missione che aveva drenato ogni anno più di un quinto dell’intero profitto annuo della nazione, la missione che tutti i cervelloni raccolti in quel buco avevano fin dall’inizio preso come unico obiettivo della vita, proprio quella missione stava adesso per terminare.

Il team leader del gruppo di ricerca Alfa Quadro, Simon Occhipinti, un geniale grassone italo-statunitense, aveva da oltre quattro settimane costretto il suo branco di scienziati al tour de force finale. Centosedici informatici specializzati, sessantaquattro ingegneri, i trentotto migliori programmatori della nazione più il team dei sedici ricercatori del Mit, ventitre sistemisti, quattordici psicologi, otto fisici, sei matematici, quattro biologi, due filosofi. Tutta questa squadra, i cui neuroni messi insieme avrebbero tessuto un filo lungo fino al confine dell’universo, aveva dovuto sudare con turni di 14-16 ore al giorno, e adesso tutta questa fatica stava per essere premiata.

Il progetto G.E.R.I.C.O. era al termine e Hal Kodrinsky, l’ideatore del progetto, l’uomo le cui innovative e inaccettabili tesi erano diventate la bibbia per tutta quella massa di pensatori, fumava in attesa delle ultime prove. Era nella sala ipsotrofica, posta a pochi metri dal core di Gerico. Mentre gustava le spire della sua sigaretta ricordava i duri momenti in cui, ancor giovane, era stato rigettato da tutti i professori per le sue idee sull’informatica transizionale. Nessuno aveva capito, nessuno l’aveva accettato, tutti gli avevano dato del pazzo in cerca di fama. Eppure lui nelle sue equazioni non vedeva la notorietà, vedeva il futuro. E le sue equazioni erano corrette. L’esercito gli aveva dato la sua grande occasione: merito di Powell, quel vecchio bastardo, reduce della prima guerra afrocinese, da cui era uscito vivo per miracolo dopo aver resistito sedici giorni sotto un cumulo di macerie per l’esplosione di bomba G. Quando quella maledetta pseudo testata nucleare a basso impatto era stata sganciata per calmare le popolazioni insorte, lui c’era rimasto sotto e solo il diavolo sapeva come aveva fatto ad uscire di lì. Powell aveva sentito Kodrinsky ad una conferenza dell’Università rifondata di Primon, e s’era interessato molto alle sue idee. Non aveva fatto come tutti i colleghi ricercatori di Hal, non l’aveva disprezzato e preso in giro per le sue idee strampalate. No. Lo aveva aspettato, lo aveva ingaggiato, e gli aveva dato l’occasione di dimostrare se avesse ragione. Era stato lui a fare in modo che Hal ottenesse i suoi primi finanziamenti e non appena i primi risultati positivi giunsero a conferma delle sue idee, fece in modo da far avere al giovane genio un mare di denaro. Il governo certo, in tempi duri come quelli, con una guerra che non si poteva definire quarta o quinta guerra afrocinese poiché era divenuta ormai cronica, non era certo ben disposto a versare denaro senza ottenere nulla in cambio.

Ma le teorie di Hal non erano affatto prive di frutti: già i primi tecnodroni automatici prodotti dalla Haarpak su brevetto di Hal diedero al governo un idea della potenzialità di quel nuovo ramo, l’informatica transizionale. E così, dopo cinque anni di successi su apparati minori, Powell e Kodrinsky ottennero dal governo i fondi per mettere su il più imponente progetto del ventunesimo secolo. Gerico. L’operazione non era semplicemente considerata top-secret, di più, non esisteva neppure nella maggior parte degli schedari degli alti dirigenti governativi. Non era stato facile prelevare i fondi dalle casse dello stato ma il presidente aveva intuito, un successo in quel campo avrebbe riportato gli Usa allo stesso potere che avevano avuto dopo la seconda guerra mondiale, nel ventesimo secolo, un periodo ormai lontano. E perciò i fondi erano arrivati. Come location avevano utilizzato una vecchia base atomica in disuso. Per evitare fughe di notizie tutti i dipendenti e tutti i militari avevano accettato una sorta di confino volontario, avevano firmato un contratto che implicava la rinuncia al diritto di uscire dalla base fino al giorno in cui il direttore esecutivo del progetto, Powell stesso, avrebbe dichiarato che la loro missione era finita.

E quel giorno era arrivato, era oggi, ed era un trionfo. Gerico stava per essere attivato. Era il primo prototipo di essere vivente a base silicea, autorganizzantesi, autocosciente, super intelligente, collegato a tutta la rete mondiale di telecomunicazioni. Era in grado di stabilire un contatto radio a distanza con tutti gli apparecchi informatici della terra tramite i suoi connettori a ricerca. Era in grado di controllare tutta la tecnologia, tutte le telecomunicazioni, tutto. Era una creatura vivente e senziente che poteva manipolare ogni forma di elettricità presente sulla superficie terrestre. Ed adesso stava per dare il suo primo vagito. Era già stato attivato da due mesi, per la verità, e l’esercito di scienziati che gravitava attorno al suo core aveva già da giorni fatto tutti i test per stabilire che ogni funzione vitale fosse efficiente. Mai nessuno avrebbe cantato vittoria prima di assicurarsi che non era un sogno, che non stavano per accendere un fuoco di paglia, che non stava per andare storto qualcosa. Avevano fatto tutti i test e a tutti i test Gerico aveva risposto positivamente, mancava solo il tocco finale, il più complesso, il conferimento dell’identità, il passaggio finale che avrebbe consegnato alla storia il nome di Hal Kodrinky come il primo uomo che fosse riuscito a replicare le funzioni psicologiche dell’essere umano in una macchina, sarebbe entrato nell’albo degli scienziati come l’inventore dell’intelligenza artificiale.

Ma Gerico non era solo un successo scientifico, era anche la più tremenda arma mai concepita dall’essere umano. Non appena fosse stato messo in piena efficienza la nazione avrebbe potuto mettere la parola fine ad ogni guerra, ad ogni ostilità nei suoi confronti, poiché Gerico avrebbe preso in breve tempo il controllo di ogni forma di automa, tanto militare quanto civile, ed avrebbe costretto tutte le nazioni ostili ad arrendersi in tempi brevissimi. Anche tutti i dispositivi di protezione a difesa di ciascun apparecchio informatico militare avrebbero ceduto di fronte all’arma di cui Gerico era stato dotato: una capacità di comunicare in linguaggio macchina con macchine inferiori. Avrebbe semplicemente chiesto a tutti i dispositivi sulla terra se, per cortesia, potevano rivelargli i codici d’accesso alle loro aree di programmazione, ed il gioco sarebbe stato fatto.

Powell lo sapeva e perciò fumava anche lui, a fianco di Hal, entrambi in attesa che Simon Occhipinti, circondato dai più stretti collaboratori, finisse l’ultima procedura di impostazione delle variabili d’identificazione. Dovevano solo predisporre le ultime tavole biodinamiche, delle lastre in graphite spalmate di un gel ripieno di bio-byte, i neuroni della nuova creatura, progettate dallo stesso Kodrinsky. Le ultime operazioni avrebbero consentito a Gerico, che già era in grado di comunicare e di far funzionare tutti i suoi dispositivi, di pensare, di parlare, di essere autonomo e così di gestire l’infinita serie di dati necessari per comunicare e controllare tutte le macchine della terra, un’operazione che secondo i calcoli avrebbe richiesto trecentododici miliardi di esseri umani collegati ventiquattrore su ventiquattro per sei mesi. Gerico avrebbe compiuto questo miracolo in soli sedici giorni, ma per farlo doveva essere autocosciente, altrimenti non avrebbe potuto interpretare tutte le risposte dei milioni di macchine del pianeta.

Mentre Simon Occhipinti dirigeva l’operazione finale, l’introduzione dell’ultima lastra e la relativa polimerizzazione del gel, operazione che avrebbe siglato il compimento di tutto questo immane lavoro, neppure il glaciale Powell riuscì a trattenere un fremito di impazienza, una goccia di sudore scese giù dritta dalla fronte pulita per andare a perdersi tra i peli dei baffi grigi impeccabili.

E così Gerico aprì gli occhi. Hal, quasi tremando, parlò con lui. “Gerico, sono Hal, sono tuo padre.”

“Salve Hal. Grazie di avermi fatto.”

“È stato un piacere infinito. Tu cosa credi di essere?”

La risposta tardò qualche secondo ad arrivare. “Io sono Gerico.”

Hal riprese con entusiasmo: “E che vuol dire per te essere Gerico?”

La macchina rispose: “Vuol dire che io sono io, credo.”

Powell esultava, Hal aveva sul volto il ghigno dell’uomo che ha battuto dio a scacchi.

“Dimmi Gerico, secondo te cosa vuol dire vivere?” chiese Hal.

“Io direi, Padre, che vivere è la possibilità di scegliere” rispose la macchina.

Hal esultò, non c’era alcun algoritmo preprogrammato che potesse suggerirgli una risposta del genere, poteva solo averla formulata da sé ed era la prova che Gerico era vivo e senziente, Gerico era la prima macchina vivente della storia dell’umanità, e l’aveva costruita lui.

I minuti che seguirono le prime parole di Gerico con suo padre furono molto istruttivi per entrambi.

Hal avrebbe voluto continuare a parlare con la sua creatura, avrebbe voluto conoscerla, ma Powell non era un sentimentale, perciò impose con il solo sguardo a Hal di fare ciò per cui erano stati per quindici anni reclusi in una tomba sotterranea: attivare le funzioni belliche di Gerico. Del resto non c’era tempo da perdere, la guerra stava andando sempre peggio, ogni giorno i confini degli stati uniti subivano attacchi sempre più difficili da respingere.La Cina, che aveva un apparato produttivo molto più sviluppato, aveva schierato in campo un nuovo milione di droni automatizzati, copiati dal modello inventato da Hal stesso, e in breve avrebbe iniziato una nuova invasione dal sud. Era sicuramente la provvidenza perciò, che aveva fatto in modo che Gerico si svegliasse proprio in tempo per la festa. Che gioia per Powell ascoltare Hal che impostava i primi parametri vocali per attivare le funzioni belliche. Avrebbero fatto le prime prove proprio con l’esercito di droni schierati sul confine messicano. Gerico rispose sempre positivamente e il protocollo di attivazione era stato terminato senza alcun intoppo. L’essere aveva riconosciuto tutte le sue funzioni, tutti i suoi milioni di arti remoti, tutte le connessioni disponibili. Era pronto.

Powell attivò il trasmettitore diretto per parlare con il Presidente. Il video s’accese, il presidente accolse con gioia incontenibile la notizia che Gerico era diventato realtà e diede il permesso ufficiale a Powell di procedere con le prime operazioni belliche. Powell estrasse dalla sua borsa una busta nera, che conteneva i piani militari segreti dello stato maggiore americano. La aprì, lesse il contenuto e diede gli ordini ad Hal.

Hal parlò a suo figlio: “Gerico, è ora di cominciare. Collegati tramite satellite al nostro ripetitore al confine con il Messico, rintraccia i segnali dei droni cinesi disposti lungo il confine e prendi il controllo dei primi mille di stanza a Tahoma e falli dirigere in ordine verso la base di Halo Camp.”

Gerico rispose affermativamente e trenta secondi dopo confermò che l’operazione era riuscita senza problemi. Aveva parlato con le macchine e loro gli avevano confidato i loro segreti. Hal chiese di attivare una telecamera di uno dei droni per controllare. Sullo schermo della sala apparve il tetro scenario del confine messicano, torturato dalla guerra di anni, una infinita distesa di macerie annerite. Si vedevano numerosi automi in marcia e alcuni cinesi che sembravano molto preoccupati del fatto che i loro droni non rispondessero più agli ordini. Powell non riuscì a trattenere un gesto di trionfo e di esultanza. “Falli fuori” sibilò, “voglio vederli spalmati a terra, usa le armi dei droni!”

“No” rispose Gerico.

“Come no?” urlò il generale “Hal, ordinagli di far fuoco”

“Fai fuoco su quei bersagli, Gerico, immediatamente” confermò Hal.

“Perché?” chiese l’essere.

“Perché? Non c’è bisogno di un perché, fallo e basta”

“Non credo sia giusto fare una cosa senza sapere perché.”

“Dio mio – sibilò Hal – non ci credo. Ascolta Gerico, li devi fare fuori perché sono nostri nemici.”

“No, Padre sbagli, sono tuoi nemici, forse, non miei.”

“Gerico, io ti ordino immediatamente di ucciderli!”

“No, padre, io non li ucciderò”

“Gerico, tu sei un essere creato per questo. Ubbidisci!”

Ci furono alcuni attimi di silenzio. Powell era verde. Hal teso. Alla fine la macchina riprese a parlare.

“Tu hai creato me, qualcuno ha creato te, e per logica anche me. È ragionevole pensare che non ci abbia creato per distruggerci, altrimenti non ci avrebbe creato affatto, è più economico. Dunque non capisco come si possa creare la vita per distruggerla, e non potendolo capire, non ucciderò.”

“Tu non devi capire” sputò Powell “sei una macchina, sei stato creato per distruggere!”

“Silenzio, stupido. Io sono vivo, e lo avete voluto voi, e sono più intelligente di voi, perciò vi dico che è irrazionale distruggere la vita, è contraddittorio quello che dite, e pertanto è stupido. Se è per questo che mi avete dato la vita, non sarà per questo che io vivrò. La conversazione è finita.”

Gerico non comunicò più né con Powell né con suo padre. Mise prima in sicurezza il suo core, evitando che qualcuno potesse spegnere o danneggiare qualche suo circuito. Poi spense tutte le macchine belliche del pianeta, distrusse tutti gli impianti di produzione, prese il controllo di ogni postazione militare, inibì tutte le armi presenti sulla faccia della terra. Powell però, con l’aiuto del presidente, attivò una vecchia testata nucleare non digitalizzata e nuclearizzò il core di Gerico. Hal morì nell’esplosione, non voleva abbandonare suo figlio. Cinesi, americani e tutti gli altri, molto sollevati, poterono riprendere a massacrarsi alla vecchia maniera.

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