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Gianni Rodari, La Torre di Pisa

Da Paolorossi
Pisa - La Torre

Pisa – La Torre

Il professor Grammaticus, una volta andò a Pisa, salì sulla Torre pendente, aspettò che gli passasse il capogiro e cominciò a gridare: « Cittadini! Pisani! Amici miei! ».

I Pisani guardarono per aria e si rallegrarono: «  Oh, la Torre s’è messa a parlare e a fare i discorsi ».
Poi videro il professore, e lo udirono continuare: « Sapete perché la vostra torre pende? Ve lo dirò io. Non date retta a quelli che vi parlano di cedimenti del sottosuolo, e così via. C’è, è vero, nelle fondamenta un piccolo errore, ma è di tutt’altro genere. Gli architetti di una volta non erano assai forti in ortografia. Così è successo loro di costruire una torre che stava in “ecuilibrio”, anziché in “equilibrio”. Mi spiego? In “ecuilibrio” sulla “c” non ci starebbe nemmeno uno stecchino: figuriamoci un campanile. Ecco dunque pronta la soluzione. Iniettiamo nelle fondamenta una piccola dose di “q”, e la torre si raddrizzerà in un attimo » .
«  Mai sia! » gridarono ad una voce i Pisani. « Torri diritte ce ne sono in ogni angolo del mondo. Quella pendente ce l’abbiamo solo noi, e dovremmo raddrizzarla? Arrestate quel pazzo. Accompagnatelo alla stazione e mettetelo sul primo treno » .
Il professor Grammaticus fu preso per le braccia da due guardie, accompagnato alla stazione e messo sul primo treno: un omnibus per Grosseto che si fermava ad ogni passo e impiegò mezza giornata a fare cento chilometri. Così il professore ebbe modo di meditare sull’ingratitudine umana. Egli si sentiva abbattuto come Don Chisciotte dopo la battaglia con i mulini a vento. Ma non si scoraggiò. A Grosseto studiò le coincidenze e tornò a Pisa di nascosto, deciso a fare la sua iniezione di “q” alla Torre Pendente a dispetto dei Pisani.

Pisa - Piazza dei Miracoli

Pisa – Piazza dei Miracoli

Per caso, quella sera, c’era la luna. (Anzi, non per caso: c’era perché ci doveva essere). Al chiaro di luna la torre era così bella, pendeva con tanta grazia, che il professore rimase lì estatico a rimirarla e intanto pensava:

« Ah, come sono belle, certe volte, le cose sbagliate! ».

( Gianni Rodari, Il libro degli errori, 1964 )

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