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Gilmore Girls, una sitcom postmoderna

Creato il 14 agosto 2011 da Ghostwriter

In Italia le serie televisive hanno sempre avuto un notevole successo, ma nonostante siano un termometro della società piuttosto sensibile, e dunque interessante, sono considerate il frutto di semplice furbizia e calcolo economico. Tutto vero, naturalmente, ma forse l'umanità è più rappresentata quando non ci si sofferma su un'inquadratura ma sui "pensieri aggrovigliati" di Lauren Graham?  gilmoregirls Andato in onda dal 2000 al 2007, Gilmore Girls - più conosciuta in Italia con il titolo "a bassa definizione" di Una mamma per amica- ha dato molte soddisfazioni ai produttori come agli ideatori della serie, si racconta, prima di venire cancellato dal palinsesto per fare posto ad un'altra ondata, quella degli investigatori dilettanti e di una manciata di vampiri più o meno credibili. Tutto è lecito, nella televisione, a parte il sesso. Ma torniamo indietro e cominciamo a chiederci perché Gilmore Girls "funziona bene", strizzando un occhio alla cinema ma guardando alla superficie luccicante e illusoria del teleschermo - questa vecchia cosa che non ci vuole abbandondare (di fatto, le serie televisive ormai viaggiano sui tempi storici del DVD che le sta trasformando in oggetti da collezione).   La prima osservazione da fare, forse, è che la confezione pura e semplice di Gilmore Girls non è nuova almeno per quanto riguarda l'ambientazione: la "mitica" cittadina di Stars Hollow ricorda tante altre città apparse nel cinema o in televisione, luoghi ameni del Texas o del Connecticut o del Vermont dove tutto è a portata di mano (o di fucile) e i personaggi sono integrati in un mondo riconoscibile e limitato, senza escludere la versione "dark" del paesello americano fornita da Twin Peaks. A tal punto il "piccolo mondo antico" è una marca certa e riconoscibile delle serie televisive che David Lynch ci ha giocato volentieri, sapendo che vi avrebbe potuto inserire una serie di bizzarrie tipicamente lynchiane. Bene, lasciamo perdere Lynch (un "James Stewart venuto da Marte", come è stato soprannonimato) e quel che c'è sotto il giardino per tornare sulla terra ferma e chiederci: allora, si vuole dire che è tutto qui? Un insieme di ingredienti già visti e rielaborati in salsa post moderna? No, l'ambientazione di Gilmore Girls è un cliché ma i personaggi che la popolano sono un frutto autentico di quella "sociologia applicata" che nelle sit-com diventa quasi un'Arte. Sto parlando dei personaggi principali della serie.   A cominciare dalle protagoniste, Lorelai e Rory (Lauren Graham e Alexis Bledel), madre e figlia a rovescio: vale a dire, la figlia è con ogni evidenza Lorelai mentre la madre (miss Buonsenso) è Rory. Chiaro, no? E' quello che si chiama un indice di realismo. Questo è un fatto nuovo nell'ambiente stereotipato dei telefilm: a meno di non dimenticare qualche caso raro risalente ad altre decadi, di solito le Madri sono delle piantagrane piene di buonsenso e le Figlie sono delle mine vaganti prive di ogni freno e dedite a provocare, con piacere intinto di sadismo, l'autorità materna...I padri sono gli unici che non cambiano mai, dato che in genere non contano nulla. Qui invece no, semmai accade che Lorelai corrisponde a quel genere di mamme adolescenti (premature? immature? facciamo simpatiche?) che allevano da single figli che si oppongono, sì, ma nel segno opposto rispetto all'assenza di modelli che ormai caratterizza il personaggio "genitore". Bisogna ammettere che il ruolo di mamma single è comunque meglio di cose come le "casalinghe disperate", prodotto discutibile di un "ritorno alle origini" (un target meno giovanile, suppongo) sia pure sopra le righe. A conferma che si tratta di un cambiamento generazionale potremmo considerare l'ampio ruolo della musica nelle vicende intricate delle due eroine di Gilmore Girls, ma di questo si trova ampia trattazione in Rete, a cominciare dalla pagina di Wikipedia dedicata alla sitcom.   D'altra parte, la nevrosi che si traduce in un dialogo "botta e risposta" è un lievito comune ai telefilm basati più sul dialogo che sull'azione, esattamente come nel cinema (da Jack Lemmon a Woody Allen, diciamo). Per nevrotizzare il contesto delle Gilmore girls (d'ora in poi GG) non mancano di certo i personaggi: Luke in particolar modo, il cui ruolo centrale è quasi "doppiato" dal luogo in cui lavora, la caffetteria come centro del ciclone; Emily (madre snob e "paranoica" di Lorelai), Jess lo scapestrato, Sookie St. James la cuoca del ristorante di Lorelai, e gli altri amori di Rory nonché le sue amiche di scuola (Paris Geller, etc.) - tutti insieme formano il classico e variopinto mondo che abbiamo imparato a riconoscere nei telefilm. Sono rari, comunque, i lieto fine da queste parti (il lieto fine risale ai sorrisi smaltati degli anni Cinquanta) e in genere il protagonista reale di GG resta il linguaggio: al di là di tutte le altre caratteristiche che si possono annotare, qui la battuta di spirito regna sovrana. Gilmore GirlsNon è che sia proprio una classica battuta di spirito, a dire il vero. Anche questo sarebbe un cliché se non fosse che le "performance linguistiche" di Lorelai o di Luke non corrispondono affatto al genere di comicità che s'imponeva nei vecchi telefilm degli anni '70-'80, come Mary Tyler Moore o I Jefferson. Roba da museo, direte voi, ma per l'appunto qui qualcosa si è spostato in avanti: rivedendo vecchi spezzoni (una serie tv invecchia presto, molto presto) di GG su YouTube si ritrova la spericolata verve di Lorelai e l'impossibilità degli altri ad afferrare ciò che sta dicendo o perché lo sta dicendo (famosa è la cena in cui annuncia che "Dio è una donna"). Come quando viene fraintesa chiedendo un caffé o "delira" sul fatto che non riesce a scrivere una lettera di presentazione: l'aspetto coinvolgente non è dato tanto da ciò che dice, ma dal fatto che noi spettatori comprendiamo la sua nevrosi e vi partecipiamo, spesso rimanendo senza parole o non sapendo che cosa pensare. Non fa ridere alla maniera di qualcun altro, come spesso facevano i comici del passato: fa ridere perché è lei, semplicemente, e perché somiglia a noi. La sceneggiatura produce spesso capolavori di nonsense, questo è il trionfo della parola contro l'usuale ordine delle cose. Non si può dire che ciò accada spesso nel cinema odierno, spesso annegato nella violenza e nelle catastrofi redentrici in stile Armageddon. La comicità linguistica, di origine ebraica- alla fratelli Marx, per intenderci- sta svanendo e mi viene da pensare che ciò non sia casuale: non corrisponderà anche ad un'evanescenza più grave, quella della cultura? Se preferiamo succhiare il sangue a qualcuno, seguendo un modello arcaico se non religioso, anziché fare sorridere il prossimo un motivo ci sarà.    Gli amanti del cinema d'autore mi spareranno a vista ma devo fare questo paragone: molti anni fa un regista di talento come Peter Bogdanovich girò un film, diventato presto un cult movie, che s'intitola The Last Picture Show (L'ultimo spettacolo, 1971). Se si pensa alla cupa ambientazione di questo film e alle tristi storie di Sonny e Duane, due ragazzi di provincia che non sanno dove andare e si sbronzano senza pietà in un mondo ormai coperto di polvere, si può toccare con un solo sguardo l'enorme progresso che gli Stati Uniti hanno fatto da quei tenebrosi anni Cinquanta ad oggi...E' un paragone eretico, lo so, ma se un telefilm come GG è stato possibile lo si deve anche al fatto che Lessie o Furia sono andati in pensione. Ad un certo punto è iniziato il "postmoderno" televisivo, e noi almeno non ce lo siamo perso! Orgoglio effimero, d'accordo.   Tornando ai problemi televisivi, un dato purtroppo concreto che accomuna i telefilm al cinema, con ulteriori problemi dovuti anche alla durata dei progetti, è che si tratta comunque di un business e le serie vengono spesso interrotte in onore dell'audience, cancellate, spostate da un palinsesto all'altro come se fossero hamburger su una rastrelliera di Mc Donald's. Vicende intestine alle case di produzione fanno in modo che, magari, un autore di talento che scrive pensando anche alle commedie d'epoca si ritrovi di fronte un manager dalla cravatta tropicale che non gradisce la "tradizione", e la serie televisiva finisce in soffitta. C'è del lavoro creativo straordinario anche in questi lavori privi di "spessore" (nonostante il termine sia tutt'altro che chiaro, diciamo pure che spesso è ideologico) ma, allo stesso tempo, indicativi di cambiamento sociale e spesso insoliti persino nei riferimenti culturali: in un episodio della serie di GG, per esempio, davanti a uno zaino malandato ripescato dopo una festa, Lorelai lo definisce "segnato per sempre, come Zelda Fitzgerald" (in un altro episodio citava Karen Blixen). Anche la serie delle GG ha subito, com'è ben noto, situazioni di questo genere e se è sopravvissuta ben sette stagioni, come si dice nel gergo del marketing, penso sia dovuto all'ampio share che ha saputo conquistarsi contro una squadra agguerrita di avversari. Chissà che non c'entri quell'aria da gente per bene che, nonostante tutto, trasuda da ogni finestra con tendine cremisi di Stars Hollow e che, oggi, non sappiamo neppure dove sia. Chissà che non c'entri con l'intelligenza e un certo understatement, strani valori diventati necessari per sopravvivere in una società consumistica quanto sempre meno prodiga di sense of humour. 

 


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