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Gino Astorina: Operazione Gatto Blu

Creato il 21 giugno 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il giugno 21, 2012 | TEATRO | Autore: Andrea Grasso

Gino Astorina: Operazione Gatto BluDopo aver seguito negli scorsi mesi molti degli eventi proposti da “Il Gatto Blu” alla Sala Hárpago di Catania, ci sembra doveroso concludere la stagione intervistando Gino Astorina, capocomico del gruppo e organizzatore di tutti gli spettacoli, per tracciare un bilancio della rassegna appena conclusa e guardare alla prossima che inizierà in autunno. Astorina in questa piacevole chiacchierata rappresenta ovviamente tutti i componenti dell’ormai mitico “felino catanese” ma non manca di svelarci anche aspetti che lo riguardano in prima persona, tra cui i monologhi interattivi col pubblico per introdurre gli artisti prima di ogni singola esibizione e le opere di convincimento che lo hanno portato ad avere alcuni dei migliori comici italiani in esclusiva.

Inizio col segnalare una cosa gravissima: non si trova su internet una biografia del Gatto Blu! L’unica cosa che abbiamo letto è che siete insieme da trent’anni ma da nessuna parte c’è scritto come vi siete conosciuti! Noi di Dietro le Quinte vi diamo finalmente la possibilità di colmare questa lacuna…

«Il gruppo in realtà ha 36 anni, è nato nel 1976, l’ultimo nostro anno scolastico; subito dopo il diploma è iniziato questo percorso del Gatto Blu. Come gruppo longevo ci siamo noi, i Beatles… anzi no, noi e i Pooh! Scherzi a parte, è una convivenza abbastanza lunga, solitamente i gruppi litigano e si sciolgono prima o poi, noi invece siamo andati avanti tranquillamente. Gli “storici” siamo io e Nuccio Morabito, il capellone del gruppo; immediatamente dopo si è aggiunto Luciano Messina, immediatamente ancora dopo Pippo Marziale, poi c’è stato qualche altro e poi da un paio di anni abbiamo coinvolto delle ragazze, a cui abbiamo portato fortuna: sono venute da noi, hanno fatto film e fiction e sono andate via… Francesca Agate ancora è rimasta, anche lei ha avuto proposte e le ha accettate ma ha messo radici con noi».

Da dove viene il nome Gatto Blu?

«Il nome viene da un evento fortuito: stavamo scegliendo dei nomi orribili, del tipo “I Cabarieri della tavola rotonda” o “Cabaretnei”; già solo per l’antipatia del nome saremmo durati due mesi! Invece nel primo nostro locale, vicino Piazza Duomo, abbiamo comprato della vernice blu, che era quella che costava meno, per coprire le magagne del muro; una sera abbiamo però lasciato imprudentemente il barattolo aperto e l’indomani trovato orme di un gatto, che, dopo averne rovesciato il contenuto per terra, si era messo a camminare dappertutto: così abbiamo deciso di provare con questo nome. Inoltre, abbiamo preso anche il logo che assomiglia, anzi è copiato spudoratamente, a quello de Le Chat noir, il primo locale parigino di cabaret».

Cos’è per voi la comicità? Quali sono i meccanismi che innescano la risata?

«La comicità è una risposta imprevista, un percorso non voluto. Se ci fai caso la comicità è qualcosa che deve depistarti: tu pensi che le cose vadano in una certa maniera e invece in realtà non vanno in quel modo, e da quel momento scatta la comicità; e tanto è più drammatico il percorso che sta prendendo quella storia, tanto è più comica la situazione. La gente non ride se tu stai bene, non ride se tu hai vinto al bingo, anzi ti invidia; ma si ride delle disgrazie, delle cadute: quando una persona cade gli altri non si possono fermare, devono obbligatoriamente ridere».

Come nascono i vostri spettacoli?

«Gli spettacoli nascono in maniera spontanea: si sceglie un argomento o si cerca di prenderne una serie che hanno un minimo comune denominatore, cioè che tutti quanti possiamo vivere: andare in palestra, prendere un autobus, fare la fila alla posta… situazioni che esageriamo, caratterizziamo, ma in cui ognuno di noi si riconosce. La cosa importante è che all’interno di ogni sketch si deve, non dico mettere il messaggio se no diventa una cosa più grossa delle nostre potenzialità, ma evidenziare una riflessione: io sto ridendo ma ci sarebbe da indignarsi; e quindi la comicità serve anche a qualcosa. Io parto con la traccia, col canovaccio, lo scheletro, e poi insieme mettiamo la cartilagine. Salendo sul palco anche un oggetto ci può aiutare; per esempio l’attrezzo della palestra è stato al centro di tante battute, quindi l’oggetto diventa soggetto di testo».

Gino Astorina: Operazione Gatto Blu

I suoi monologhi che introducono gli spettacoli di altri artisti si basano molto sull’improvvisazione e sull’interazione con il pubblico: quella della battuta inventata al momento è un’arte che si impara o con cui si nasce?

«È una necessità! Io credo che ci voglia anche un minimo di predisposizione, non ti puoi bloccare; il pubblico è un animale, un leone o una tigre… se dimostri di avere paura ti sbrana, se invece gli fai capire che sei tu a condurre il gioco, che hai da un lato la frusta e dall’altro la sedia, puoi andare avanti. Il discorso della battuta interagendo col pubblico è un’arma a doppio taglio… è come se un trapezista facesse l’evoluzione senza rete, se gli va bene scattano applausi pazzeschi, se va male è finita lì».

Dica la verità: ogni giorno leggendo il giornale o ascoltando il TG, ogni notizia che sente pensa già a come trasformarla in chiave comica…

«Sì, è vero! Almeno quelle che si possono dire… in questi giorni siamo stati tartassati da situazioni pazzesche. Hai letto benissimo nel mio modo di fare: io mi diverto, è quasi un esercizio nel cercare di mettere qualcosa di mio o di girare la notizia come in uno specchio. È normale per me cercare di prendere la situazione e ribaltarla trasformandola in una battuta».

Oltre al gruppo comico, il Gatto Blu è una realtà ormai consolidata che nella vostra struttura di riferimento, la Sala Hárpago, offre una rassegna teatrale di comici di fama nazionale. Come siete riusciti a creare questo connubio?

«Con tanta fatica e tanta buona volontà. Quando riesci a fare qualcosa di simpatico e di carino, non dico che ci vengono a cercare loro ma oppongono sempre meno resistenza, e quindi questo significa avere qui con una certa facilità ospiti famosi. Noi siamo partiti puntando molto sui giovani, abbiamo avuto Ficarra e Picone quando erano in tre e si chiamavano Chiamata Urbana Urgente, ci abbiamo creduto e siamo stati ben felici e loro non si sono dimenticati di chi li ha aiutati a crescere e li ha accolti quando facevano i primi passi. Ficarra e Picone, Mario Zucca, Zuzzurro e Gaspare sono per noi delle garanzie, parlano bene di noi e ci presentano Carlo Pistarino… Pistarino poi ne parla benissimo con Alberto Patrucco e via dicendo. Se sei una persona per bene, c’è un bel pubblico e la sala non è qui per tirare bidoni, allora le cose funzionano; abbiamo impiegato venti anni, ma non è mai andato via nessun artista scontento, né del nostro modo di fare né del cachet, abbiamo sempre onorato ogni cosa, abbiamo sempre messo come prima condizione che l’artista deve stare bene e poi solo dopo il nostro lavoro».

Gli altri artisti che ho intervistato (Pistarino, Zuzzurro e Gaspare) hanno evidenziato la figura di un Astorina molto insistente, che nel caso di Pistarino l’ha convinto a tornare in scena dopo anni in esclusiva per lui e nel caso del duo esigeva uno spettacolo diverso da quello dell’anno precedente (“costringendoli” in mancanza di uno spettacolo nuovo di zecca, a improvvisare). Come riesce a fare queste riuscitissime opere di convincimento?

«Cercando di riportare nell’alveo principale ogni artista. L’artista nasce per esibirsi sul palco, non c’è nessun artista che è nato per la tv o per la radio o per il cinema, quelle sono quasi delle specializzazioni; ma il vero artista nasce per calcare il palcoscenico, per avere ogni sera l’emozione della diretta, l’emozione dell’atto che comincia, finisce e poi riprende dopo l’intervallo. Il palcoscenico è un’emozione che non ti dà né la telecamera, né il microfono della radio, né il ciak, tutte queste cose non ti danno la stessa emozione. Quindi dicendo loro che possono sfidare sé stessi e possono di nuovo riprendere a fare quello che sanno fare meglio, li convinco… la pongo come una sfida, “tu sei bravo e ce la puoi fare”, cerco di fare riaccendere quella scintilla».

Parlateci dei vostri progetti per la prossima stagione. Qualche altra esclusiva?

«Ti direi una bugia se parlassi di progetti. Non sono nemmeno una persona scaramantica, che sa qualcosa ma per scaramanzia non vuole dirla. In questo momento siamo in chiusura e dobbiamo capire quello che può succedere e armonizzare, per dare qualcosa di nuovo al nostro pubblico».

C’è qualche comico in particolare che non è ancora venuto da voi e che vorreste?

«Io vorrei un po’ tutti, però limitandoci al panorama di questo tipo di spettacolo, sono passati quasi tutti. Vorrei avere la possibilità di portare quelli che domani saranno i nuovi Ficarra e Picone o Ale e Franz o qualcuno che possa diventare il Luttazzi o l’Alessandro Siani del futuro… ti nomino tutta gente che abbiamo avuto. Mi fa molto piacere andare alla scoperta di nuovi talenti, portarli qui e successivamente sentire il nostro pubblico dire che loro li hanno visti prima di tutti sotto casa. Mi inorgoglisce più questo che annunciare un grosso nome già famoso».

Infine, vuole lanciare un messaggio ai suoi colleghi?

«Ai miei colleghi del gruppo, che sono come fratelli, di continuare sempre così; adesso sto rispondendo solo io ma è come se ci fossero anche loro, grazie al cielo siamo in perfetta armonia. Agli altri miei colleghi direi una cosa molto importante: è molto bella la collaborazione, la contaminazione; è molto bello interagire e salire su un palco insieme, e scambiarsi delle idee con qualche altro collega non può fare che bene, invece di chiudersi nel regno dorato che ognuno di noi è convinto di avere. Ad esempio noi abbiamo le Officine del Gatto Blu, il nostro è un porto di mare, dove si può arrivare con un gommone o con uno yacht di 30 metri, ma si è accolti allo stesso modo».



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