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“Gioco Segreto” di Gaetano Amato

Creato il 02 febbraio 2012 da Sulromanzo

Gioco SegretoLuogo dell’incontro con Gaetano Amato è Ex Libris, una bella libreria di Capua situata nello storico Palazzo Lanza, nel cuore della città. Siamo appena arrivati e dopo qualche minuto eccolo parcheggiare in cortile, con largo anticipo. Il libro che presenterà si intitola Gioco Segreto ed è un thriller psicologico appena uscito per Testepiene Edizioni, giovane casa editrice napoletana indipendente che gli ha già pubblicato Il Paradiso può attendere, A Volte, passeggera digressione surreale dal filone noir imboccato dallo scrittore.

Gaetano Amato, attore e autore (famoso al grande pubblico per molte fiction e, in particolare, per il ruolo del poliziotto Sergio nella serie di Rai3 La Squadra) è un signore simpatico, forse un filo brusco, che a primo acchito può mettere soggezione. Parlottiamo e beviamo qualcosa, quindi ci dirigiamo al piano superiore per la presentazione. Un altro attore che, come Giorgio Faletti, è passato alla scrittura di gialli, potrebbe pensare qualcuno. Perché Amato, infatti, è partito proprio con un giallo, Il Testimone (protagonista l’ispettore Gennaro di Palma), edito da Curcio Editore e vincitore del Premio Bancarella 2009. Ma non è proprio così. La formazione di Gaetano Amato è multiforme e davvero varia. Buon teatro (ha interpretato Viviani, Brecht, Pinter, Petito, Caputo, Poe e Plauto), ottima televisione (tante le fiction poliziesche da La Piovra a La Squadra) e buon cinema (da Nanni Loy a Woody Allen) Gaetano è, prima di essere un bravo scrittore, un attore completo, capace di passare dal comico al drammatico, dalla recitazione alla scrittura frequentando finanche il canto. Si definisce “trascrittore” nel senso che grazie al suo lavoro d’attore riesce a concepire scene uguali a immagini e a trasporle in parole su carta, rifacendosi un pochino (ma solo un pochino) ai maggiori giallisti contemporanei. Il plot di Gioco Segreto è costruito in maniera avvincente, pagine su pagine scritte con minuzia e grande cura della struttura letteraria portante classica del poliziesco: si tratta di un giallo ambientato a Napoli con personaggi improbabili che sembrano a malapena essere adatti al ruolo per il quale sono stati inventati. Terenzio Lazzarelli, ad esempio, il commissario protagonista, è molto lontano dagli stereotipi dei poliziotti machi e supereroi: non è giovane e atletico come un poliziotto americano, ma è avanti con gli anni, un po’ ingobbito. La Napoli descritta poi, anch’essa personaggio, non è più per forza solo territorio di morti ammazzati dalla camorra, ma luogo di caccia e di rincorsa tra una polizia e un serial killer che si misurano a colpi di intuizioni e risoluzioni di enigmi. Il personaggio di Terenzio è stato paragonato al Maigret di George Simenon sia per le caratteristiche della personalità che per il bel rapporto delicato, se pur intenso, con la moglie. Amato spiega di non essersi ispirato al personaggio e di essersi accorto delle similitudini del suo protagonista con il personaggio solo quando lettori e critici glielo hanno fatto notare. Alla domanda Perché hai ambientato le vicende di un serial killer a Napoli, Amato risponde Perché un serial killer deve essere per forza americano e chiamarsi John? Il mio, poi, è un assassino “pulito”: ammazza con un colpo di pistola alla schiena. Quasi in sordina, senza spargimento di sangue. Ciò che intriga, al di là degli omicidi, è che si tratta di una gara dineuroni. Ad un certo punto ipoliziotti capiscono che non possono farcela da soli e allora si fanno aiutare da una psicologa: per creare questo personaggio e farle dire le cose giuste, ho chiesto un aiuto alla mia compagna, che fa questo di mestiere! Grazie a lei, i poliziotti capiscono che per battere l'omicida devono cominciare a ragionare come lui, anticipandone le mosse”.

Il serial killer di Gioco Segreto lascia sul corpo delle sue vittime una serie di indizi da interpretare: una bustina di tè, la foto di un bar, un uomo che scia, la squadra del Torino. Chi è l’assassino e perché agisce così? Gli oggetti sui corpi e gli apparati scenografici rimandano a una costruzione di ampio respiro per un libro che ricorda quelli dello scrittore scozzese Ian Rankin, in particolare il romanzo Cerchi e Croci. Come già detto, Gaetano Amato dice di non avere particolari modelli letterari di riferimento, anche se nel libro si respira qualche eco lontana di Camilleri e, appunto, George Simenon. Siamo comunque distanti dallo stile “romanzone” americano caro a Faletti, da quei ponderosi tomi di sette, ottocento pagine per intenderci.Amato ha la capacità di descrivere così verosimilmente quello che accade che il lettore si sente sempre all’interno della scena proprio nel momento in cui sta accadendo, come se la stesse vivendo di persona. L’assenza di dettagli cruenti e splatter ne fanno un noir poco ruvido anche se incalzante e denso di pathos, ma di certo fuori dagli incasellamenti di genere. Una buona lettura, quindi, quella di Gioco Segreto, con un ritmo visivo cadenzato e appassionante. Se si trasportasse il soggetto sul grande schermo, di certo dovrebbe interpretarlo lui il commissario, nonostante la sua evidente “lontananza” fisica dal personaggio. Ma il tratteggio psicologico e della personalità rimandano a Gaetano, uomo concreto, positivo, forte. In proposito, durante la serata, con una risata ha esclamato: Non sono io il più adatto a farlo, ma si ‘o fann fa a Enzo Decaro, allora ‘o facci je… È verace, Gaetano Amato, è una persona legata alle sue radici e alla sua terra, un guerriero di città lo definirebbe Pino Daniele. Uno che si butta a cucinare la pasta e patate per novanta persone. Uno che scrive per immagini, che possiede e padroneggia uno stile personale, fresco, colorato, vesuviano, uno che sa contestualizzare perfettamente le storie che scrive, paradigma di una napoletanità profonda ma controversa.

Dice di sé: Io scrivo di getto, sono una specie di neorealista iperrealista, qualcuno mi ha detto che sono diverso da Erri De Luca. E ci credo! Lui è un filosofo, ha una scrittura profonda, metodica, riflessiva, io invece sono semplicemente uno che scrive per raccontare un fatto che accade. Ho ambientato il mio racconto a Napoli con un protagonista napoletano ma, a differenza del mio primo libro, non c’è una connotazione assoluta: il personaggio potrebbe anche essere genovese e il libro non è confezionato secondo gli stereotipi del serial killer. Anche Napoli non è così sentita come nel primo libro, a cui avevo dato voce in maniera fortissima, pensando che una città non ha bocca per parlare e invece io volevo che si sfogasse e desse voce a quanto aveva intrappolato dentro”.

Parlare di lui è un buon punto di partenza per riflettere sulla situazione editoriale italiana, tra editori “pigliatutto”, editoria a pagamento, editoria indipendente, bravi autori, vanesi che vogliono vedere a tutti i costi le proprie cose pubblicate e gente che ha qualcosa da dire. Prendiamo come esempio il filone dei gialli. Esiste un numero imprecisato di giallisti italiani che non sempre ha una buona storia da raccontare. Qualcuno è anche molto famoso e sceglie di pubblicare per una delle “sorelle” importanti, quelle che fanno parte di chi comanda perché ha i soldi e pilota il panorama editoriale. Ecco, Gaetano non l’ha fatto, scegliendo una casa editrice giovane, magari meno presente di una “major” che poteva farlo conoscere ancora di più. Bisogna riassestare la scena editoriale italiana, dare spazio alle piccole case editrici che pubblicano prodotti di qualità e allontanare gli specchietti per le allodole che creano illusioni e false speranze. Le società editrici che prendono soldi per pubblicare illudono imbrattacarte che credono di essere scrittori, anche se va detto che pure le case editrici serie pubblicano spesso pattume per fini commerciali. Gli autori e gli scrittori hanno dunque il dovere di combattere l’abusivismo editoriale e di appoggiare le case editrici intelligenti che pubblicano prodotti di spessore culturale. Particolare carino della serata a cui abbiamo partecipato: Gaetano Amato ricorda di quando a scuola era attirato dalle scritture degli altri: scrittori, maestri, ma anche compagni di classe. Da uno aveva copiato l’espressione “Orizzonti geometricamente perfetti” e per diverso tempo ogni cosa per lui ha somigliato a un orizzonte di questo tipo. Sei simpatico Gaetano. Ci hai fatto ridere, ci hai appassionato e ci ha coinvolti con questo libro veramente da non perdere. Permettetemi di dirlo perché, questa volta, davvero non è una frase fatta. 

Sito ufficiale del libro. 

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