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Giornalismo online: dai dubbi su “Report” al caso Palmaro-Gnocchi (dopo la telefonata del Papa). O della Sindrome del Gattopardo e del tentativo di “epater le bourgeois” mediatico.

Creato il 17 novembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

800px-Il_gattopardo_ballo01di Rina Brundu. Il triste affaire Cancellieri docet! Una faccenda esemplare questa, quando si vuole mettere il dito sulla piaga della nostra incapacità di cambiare il costume, il metodo, e quella mentalità che ci ha portato a diventare la Repubblica che ha fatto del nepostismo e del mecenatismo sui-generis l’essenza stessa che fa esistere il suo tessuto connettivo e dal quale ogni altra dinamica… dipende. A prescindere dai nuovi aspetti che sta prendendo la vicenda non sarebbe stato possibile in nessun’altra nazione democratica del mondo che un ministro restasse in carica dopo un suo coinvolgimento in un caso moralmente discutibile come questo. Il problema di fondo infatti è la sua moralità (i.e. proprio l’elemento che ci è più estraneo), tutto il resto è un’altra dinamica che… dipende. Ma, difeso a spada tratta dalle istituzioni che contano, il ministro è rimasto in carica. L’affaire Cancellieri docet, appunto!

Sarà pure per questo che nonostante l’indubbia bravura di Milena Gabanelli e del suo team, io non ho tutta questa venerazione per il programma giornalistico “Report”. Il programma mi appare soprattutto come un tentativo (ben riuscito) di “epater le bourgeois” mediatico per dirla con una terminologia molto in voga di questi tempi; un esperimento innocentemente gattopardesco dove il giornalismo investigativo e la dialettica indignata si fanno necessità, rimedio omeopatico che non curerà mai veramente il male ma che a suo modo aiuta. Del “male” corruttivo dilagante occorre dunque averne maggiore visibilità e parlarne non per scacciarlo ma per meglio abituarci alla sua presenza. Per riuscire a conviverci. E che la terapia giornalistica rampante made in Rai3 sia solo un “placebo” autosomministrato dall’abbonato radical chic lo dimostra il fatto che dopo centinaia di inchieste nulla, ma davvero nulla, è cambiato (non fu certo così per Carl Barnstein e Bob Woodward durante lo scandalo Watergate); del resto come potrebbe cambiare qualcosa se non si cambia metodo e non si va a guardare dove occorrerebbe andare a guardare? Diceva Einstein che il primo sintomo della pazzia è ripetere – again and again – un esperimento scientifico usando gli stessi parametri e aspettandosi un risultato diverso….

Del resto  “cambiare” un sistema ben oliato non è cosa facile. Ne sa qualcosa Papa Francesco che di recente ha dovuto chiamare al telefono Mario Palmaro, il giornalista de Il Foglio autore – insieme al collega Alessandro Gnocchi – di diversi articoli (da “Questo Papa non ci piace” a “Epater le bourgeois catholique”) contra-Bergoglio e che per questi motivi sono stati censurati, epurati, allontanati dalla conduzione della loro trasmissione su Radio Maria. Che Palmaro e Gnocchi, autori cattolici di stampo tradizionalista, non vedano di buon occhio il “terremoto” procurato da questo esemplare papa argentino non dovrebbe essere cosa che sorprende (i.e. fa strano anche ad un non credente vedere un pontefice davvero pastore tra le sue pecore piuttosto che assiso sul suo trono dorato); ma di sicuro sorprende la tenacia e la caparbietà con cui l’oliato “tessuto connettivo” di contorno tenta di mantenere vive le vecchie modalità di essere della Chiesa. Epurare gli altri per affermare se stessi e il diritto “divino” a plasmare il mondo a propria immagine e somiglianza. Dulcis in fundo a fare un poco il cazzo che gli pare in barba al diritto di libertà di stampa e alle altre quisquilie simili.

Proprio come succede ancora oltre-Tevere nell’amatissima Repubblica Italiana. Con la differenza che purtroppo noi non abbiamo un Bergoglio su cui contare. Ma se fosse anche solo possibile farne il borrowing: Bergoglio Premier subito, senza primarie!

Featured image, scena del ballo tratta da «Il Gattopardo» di Luchino Visconti con Burt Lancaster e Claudia Cardinale (1963).

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