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Giornalismo online: sugli (ultimi) scandali politici italiani e sul The New York Times lapalissiano.

Creato il 21 settembre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Giornalismo online: sugli (ultimi) scandali politici italiani e sul The New York Times lapalissiano.di Rina Brundu. Diceva qualcuno che in Italia non bisognerebbe mai dare le dimissioni “perché poi le accettano”. Nel dubbio, Renata Polverini, la governatrice della regione Lazio travolta dallo scandalo Fiorito si è riservata di rassegnarle. Insomma, si dimetterà solo qualora non passasse la sua “linea”, i “tagli” oramai imprescindibili. E al Bersani che la punzecchia in merito risponde: «Dice che mi devo dimettere ma mi deve spiegare perché non lo ha fatto lui davanti alle vicende Lusi e Penati».

A ben guardare, un raro (?) caso in cui Bersani ha ragione. E pure la Polverini! Il “principe” infatti è tale solo quando si assume le sue responsabilità. L’altra “possibilità” recita che il principe non è un vero principe (o una vera principessa) perché non ha la benché minima idea di cosa accade (sta accadendo, è accaduto?) nel suo principato. Non sa gestirlo. Ma a proposito di gestione partitocratica se il PDL e il PD piangono i grillini non ridono. Dopo lo “scandalo Favia” ecco uno scandalo M5S made-in-Sardinia appena sfornato. Nella presente occasione nuragica il grillismo sarebbe addirittura accusato di metodi stalinisti quando non nazisti.

Di buono c’è che in una organizzazione “orizzontale” quale è il movimento di Grillo, il “garante” non è tenuto a dimettersi: ‘azzi loro. ‘Azzi nostri soprattutto perché se il vecchio(regime partitocratico)-che-rimane fatica o parrebbe determinato a non sollevare le terga dalla poltrona, il nuovo-che-avanza risulta quantomeno preoccupante. Per certi versi la politica italiana di questi tempi somiglia allo spirito penitente di un Riccardo III shakespeariano che si lamenta: “La mia coscienza ha mille lingue diverse, e ogni lingua narra diversa storia, e ogni storia mi condanna come criminale”. Per altri, naturalmente, tra ancelle, maiali, e festini post-datati di fine impero, il pensiero corre a La Fattoria degli Animali di orwelliana memoria e ci ricorda che “tutti gli animali sono uguali” ma alcuni continuano a restare “più uguali degli altri”. E a gozzovigliare come prima e più di prima.

For Scandal-Weary Italians, another scandal” (Per gli Italiani stufi degli scandali, un altro scandalo) ravvisava, infatti, ieri,  il The New York Times in uno stanco articolo firmato da Rachel Donadio e Gaia Pianigiani (anche loro stufe?). Nello stesso pezzo compariva, tra gli altri, un illuminante commento della 73enne Ines Pescarmona (?) che rilevava come “C’è sempre stato (ndr: in Italia), un divario tra lo stile di vita dei politici e quello della gente comune”. Il tutto per portare le autrici a concludere lapalissianamente (ciliegina sulla torta?) che “Secondo gli osservatori tali scandali sono anch’essi prova del fallimento della classe politica”. Ma veramente? Quando si dice il giornalismo d’oltreoceano!!

Featured image, Baccanale (Pieter Paul Rubens (1577–1640)).


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