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Giornata dei diritti.....non per le bambine

Creato il 10 dicembre 2012 da Pedagogika2
Le bambine non hanno, ancora, gli stessi diritti dei bambini, il genere é ancora una discriminante in molti paesi del globo. A  64 anni dalla nascita della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani la differenza di genere è  una questione di cultura, di norme tramandate negli anni dalle famiglie, dagli amici, a scuola, nei luoghi di funzione religiosa, attraverso i media. E’ così che le diseguaglianze di genere continuano a esistere a livello sociale, economico e politico.
Maschi e femmine hanno diversità di trattamento innanzitutto a scuola. Il diritto all’istruzione è ancora negato per una bambina su tre nel mondo.
Nei paesi arabi, le bambine rappresentano il 60% del totale delle persone non scolarizzate, mentre nel Sud-est asiatico la percentuale sale fino al 66%. In totale ci sono ancora 65 paesi a basso e medio sviluppo che non riescono ad assicurare alle bambine le stesse opportunità di studio che hanno i maschi. Per questo l’associazione Plan ha lanciato la campagna “Because I am a Girl” per garantire un’istruzione di qualità a 4 milioni di ragazze. “ L’impegno di Plan è quello di attirare l’attenzione sulla disuguaglianza di genere che colpisce le bambine e che blocca il loro percorso di inserimento a pieno titolo nella società. L’obiettivo è quello di ottenere uguali opportunità tra i sessi tramite la rinegoziazione del ruolo della donna nelle diverse comunità. Il diritto all’istruzione è un fattore chiave per aiutare le fanciulle a sviluppare le loro potenzialità e renderle membri attivi all’interno della società, a vantaggio della stessa società”

Un recente rapporto realizzato da Plan sulla condizione delle bambine in sette Paesi africani, dimostra che rispetto ai maschi, le bambine hanno maggiori possibilità di non essere iscritte a scuola e di abbandonare gli studi durante o al termine della scuola primaria. La media di abbandono femminile si aggira intorno al 38%, ma la quota raggiunge il 51% in Ruanda, il 59% in Etiopia e 57% in Liberia. Solo il 3% delle ragazze in Nigeria, il 17% in Malawi, il 25% in Etiopia e il 29% in Uganda riesce a portare a termine gli studi secondari.
Nella Guinea Bissau, le bambine lavorano in casa mediamente otto ore al giorno, a differenza delle tre ore medie maschili. Le famiglie riconoscono alle figlie femmine un’immediata utilità come aiuto casalingo e un potenziale economico in vista del matrimonio. La loro istruzione è ritenuta superflua, soprattutto in considerazione di un’investimento insostenibile.
“L’impossibilità per le bambine di completare il ciclo di istruzione secondario al pari dei maschi ha un impatto negativo non solo nella vita futura della bambina, che non potrà aspirare ad occupazioni in grado di offrirle redditi dignitosi, ma determina una perdita molto costosa per la stessa comunità e per il l’intero Paese. Da una stima di Plan fatta nel 2008 un aumento dell’1% nella frequenza delle bambine alla scuola superiore determina un aumento dello 0.3% del PIL nazionale. Un anno solo in più di frequenza alla scuola superiore permette alla bambina in futuro di avere un aumento del reddito dal 15 al 25%. La perdita complessiva in potenziale di crescita economica dei Paesi in via di sviluppo è pari a 92 miliardi di dollari all’anno. Se si pensa che il totale degli aiuti dati dai Paesi industrializzati nel 2007 ai Paesi in via di sviluppo è stato di 103 miliardi dollari si può dire che non offrire alle bambine le stesse possibilità di accesso scolastico dei maschi, oltre ad essere inaccettabile e ingiusto, è a dir poco miope”. 

L’India da sola perde 33 miliardi l’anno di potenziale economico di crescita. Tra i Paesi che scontano perdite economiche legate alla mancata scolarizzazione delle bambine ci sono anche la Turchia con 20 miliardi, la Russia con 9,8 miliardi di dollari e i Paesi dell’area subsahariana che nel complesso registrano una perdita di 5,3 miliardi. Garantire le pari opportunità per le bambine, inoltre, ha un impatto positivo sulle condizioni alimentari dei paesi più poveri. Una ricerca dell’International Food Policy Research Institute (IFPRI) ha mostrato come l’aumento della scolarizzazione femminile, registrato in 63 paesi in via di sviluppo dal 1970 al 1995, ha inciso per il 43% sul decremento della malnutrizione.

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