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Giovanni Reale – (da l’intervista “Il valore dell’uomo”)

Creato il 17 aprile 2011 da Ivy

platon

La libertà, diventando eslege e quindi trasformandosi in licenza, non finirà con l’autodistruggersi come Platone aveva compreso?

Quando la libertà non si fonda su valori, degenera – dice Platone – in “licenza”. Ognuno vive come vuole. La giustizia si fa assai tollerante e mite; le stesse sentenze emesse, spesso non hanno esecuzione. In uno Stato in cui la “libertà” è “licenza”, anche l’individuo ha i caratteri corrispondenti. Per i giovani, che si basano su ragionamenti impostori, diventano sovrani i desideri e i piaceri. E analogamente vengono esaltate le qualità negative: la “tracotanza” viene detta buona educazione, l’ “anarchia” libertà, la “dissipazione del pubblico denaro” liberalità”, e l’”impudenza” coraggio.

E così la vita di questi giovani diviene senza ordine e senza legge, interamente consegnata ai piaceri. La democrazia diventa demagogia, e da questa deriva direttamente la tirannide. Proprio a causa della insaziabilità di libertà, che diventa licenza, si cade nella servitù.

E vorrei ricordare qui alcune parti di una pagina, davvero esemplare, in cui Platone descrive il passaggio dalla democrazia alla tirannide, in cui l’accentuazione dei toni volutamente caricati e il gioco ironico assai spinto rendono il messaggio ancor più efficace:

« “A mio giudizio, quando uno Stato democratico, nella sua sete di libertà, si trova ad essere accudito da cattivi coppieri, bevendo di questa libertà allo stato puro e più del lecito, se ne ubriaca, e allora quei governanti che non siano più che disponibili e propensi a concedere la massima libertà, li perseguita, incolpandoli di scelleratezza e di atteggiamento autoritario”.

“Fanno proprio così”, riconobbe

“ E poi, quelli che si mostrano obbedienti alle autorità li screditano chiamandoli uomini servili, gente da nulla; al contrario stimano ed esaltano i comandanti che si atteggiano a subalterni, e i subalterni che si atteggiano a comandanti, sia in privato che in pubblico. Del resto, non è fatale che in uno Stato di tal genere l’amore per la libertà sovrasti ogni altro?”

“E come no?”

“E inoltre esso si introduce nelle case dei privati, e l’anarchia finisce col mettere radici perfino negli animali”.  

“Ma come possiamo dire una cosa simile?”

“Per esempio, il padre impara a mettersi sullo stesso piano di un giovane e a temere i figli, e parimenti il figlio si sente sullo stesso piano del padre, non avendo nei riguardi dei suoi genitori nessun rispetto né timore; e tutto ciò in quanto vuol essere un uomo libero. E pure un meteco vorrà avere i medesimi diritti di un cittadino, e un cittadino di un meteco, e lo stesso vale per lo straniero”.

“Le cose vanno proprio così”, ammise.

“Certo”, seguitai, “avviene questo ed altre cose più banali. In un tale ambiente il maestro ha paura degli studenti e se li tiene buoni. Da parte loro gli scolari non tengono in nessun conto i maestri, e così pure i pedagoghi. Insomma, i giovani si danno le arie da uomini maturi e hanno sempre da ridire a parole e a fatti. Gli uomini maturi, invece, vogliono portarsi al livello dei giovani e così fanno sfoggio di atteggiamenti spigliati e scherzosi, per imitarli e per non passare per scorbutici e autoritari”.

“Esattamente”, disse.

“Di conseguenza”, aggiunsi, “è altrettanto logico che la tirannia non possa sorgere da nessun’altra forma di governo che dalla democrazia, se, come credo, la più assoluta e la più dura schiavitù deve venire da una estrema libertà” ».

Gli uomini fino all’inizio del Novecento consideravano il raggiungimento di questa libertà totale – come eliminazione di ogni vincolo e di ogni limite – una specie di miraggio. Gli uomini di oggi, di conseguenza, risulterebbero, per loro, una sorta di incarnazione dei loro sogni. Tuttavia, dice giustamente Zygmunt Barman, non potevano prevedere il prezzo che sarebbe costato il raggiungimento di tale libertà senza limiti.

“Il prezzo di cui parlo”, scrive Barman, “è l’insicurezza: un prezzo davvero salato se si considera quante scelte deve fare ogni giorno una persona libera. Tali scelte devono essere fatte senza la convinzione che le nostre mosse avranno i risultati previsti, che gli investimenti di oggi porteranno i guadagni di domani e che stare alla larga dalle opzioni che oggi ci appaiono negative non si trasformerà domani in una dolora perdita. Non è chiaro a chi e in che cosa credere, dato che nessuno sembra controllare l’andamento delle cose e nessuno può garantire autorevolmente che esse procederanno veramente nella direzione prevista. La vita in condizione di insicurezza è come il gioco del Risiko, e sarà l’individuo che agisce a parare il prezzo dei rischi che si assume”.

Una liberà così intesa porta direttamente a una forma di “individualismo” sempre più accentuato, con lo smarrimento del senso della cosa pubblica e dell’interesse sociale, in cui l’interesse generale diviene “non altro che un consorzio di egoismo”.


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