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Giudicare

Creato il 07 dicembre 2014 da Scribacchina

Con un titolo così, chissà che andrete a pensare.
Vi direte: “Oddio, un pistolotto della Scribacchina sul giudizio altrui e sulla necessità di non dargli peso: aiuto!”.

Errato, cari soliti lettori.
Il verbo “giudicare” qui va preso nella sua accezione più immediata: appunto, giudicare tout court. Ovvero, quello che ho fatto proprio poche ore fa: giudicare dei cantanti che si esibivano in un concorso.
Chiamatelo X Factor o come diavolo volete, la situazione era proprio quella, con la differenza che al posto di Victoria Cabello c’era lei: la Scribacchina.

Divertimento a parte, l’esperienza mi è stata utile per imparare un paio di cose:
– se un cantante si atteggia e gorgheggia a più non posso, nonostante sia calante come un paio di pantaloni al momento di andare in bagno, questo stesso cantante verrà considerato “molto bravo” e “con una gran bella voce”;
– chi si presenta ad un concorso, nel 90% dei casi porta un brano strappalacrime in italiano (qui avrei diverse cose da dire, ma è meglio se le tengo per me);
– la gran parte di chi stecca non si accorge di farlo; ergo: se un cantante cala o cresce paurosamente, hai voglia di scandalizzarti: egli continuerà imperterrito a cantare fuori tono, convinto di essere lo Ian Gillan (o la Céline Dion) di turno.

Che poi, in fondo, parlo e ri-parlo, eppure trovo tutto questo molto divertente. :-)

Salgo sulla francesina per rincasare e risento la domanda che mi è stata fatta prima di andarmene: “Scribacchina, tu canti?”.

Tanti anni fa ho preso lezioni di canto da un tizio che oggi è un vocal coach piuttosto affermato. Mi sarebbe piaciuto imparare a cantare, ma c’era un piccolo impedimento: un buco di un’ottava. In sostanza, la mia voce parte da un registro molto basso, arriva agevolmente a quello di contralto, quindi ha un buco di un’ottava, dove la voce è stridula e tecnicamente inutilizzabile. E poi – sorpresa – torna perfettamente intonata e chiara nel registro dei sovracuti.
Misteri della mia ugola.

Con questi ricordi in testa, accendo l’autoradio; c’è la chiavetta con gli ultimi brani che sto studiando.
Tra gli altri, anche Maiden Voyage.
Con la strana voce che mi ritrovo, non mi resta altro da fare che canticchiare la parte di Freddie Hubbard all’ottava superiore, sperando che i vetri della francesina non si frantumino.

***

Un appunto en passant e per cultura vostra: Maiden Voyage non vuol dire “Viaggio nel paese di Maiden” (o, peggio, “Viaggio verso la Vergine” - dannazione agli Iron Maiden e alla “vergine di ferro”...). In maniera forse più sibillina, “Maiden Voyage” significa “Viaggio Inaugurale”.
Quello che fece il Titanic, tanto per intenderci.

E in fondo, se ci pensate bene, ogni esperienza può essere vista come un Maiden Voyage. Che sia un concorso o una comune giornata di lavoro, ci sarà sempre un piccolo particolare a renderlo nuovo.
A farlo diventare l’inizio di qualcosa di nuovo.

Bonne nuit, soliti lettori.


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