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Giugno: l'editoriale sul ciclismo

Creato il 01 giugno 2010 da Manuel

Giugno; l'editoriale.
Milano, 28 maggio 2006; Ivan Basso vince il Giro d’Italia. Il Tour aveva il suo favorito, poi un’estate amara.
UN SALTO NEL PASSATO LUNGO 4 ANNI, PER POTER RICOSTRUIRE DA ADESSO, E VERAMENTE, IL PROPRIO FUTURO.
LA VITTORIA DI IVAN BASSO PREMIA GIUSTAMENTE IL CICLISTA PIU’ FORTE DELLA SQUADRA PIU’ FORTE. SONO DIVERSI I FATTORI CHE HANNO FATTO LA DIFFERENZA. UNO DI QUESTI SI CHIAMA NIBALI.
Se la vittoria di Ivan Basso è figlia di un ciclismo pulito – non è cattiveria, ma chi scrive non ha nessuna intenzione di dimenticare le prese per il naso regalateci da Di Luca, Riccò, Sella… – siamo davanti al momento della vita che il varesino aspettava da anni. Basso è tornato, ed esce vincitore di un Giro d’Italia che voleva con tutte le sue forze, e che ha vinto con grandi meriti ed enormi fatiche. Gli avversari hanno fatto quello che potevano, pensando alle formazioni che capitanavano. La BMC di Evans, non vale Evans (voto 4 alla prima, 9 al secondo), l’Androni Giocattoli di Scarponi (voto 5 alla prima e 7 allo scalatore italiano) è un GS al top in Italia ma poco altro fuori, la Caisse d’Epargne del neo-sospeso Valverde e Sanchez non aveva ne l’uno ne l’altro (e per questo Arroyo merita un 10 in pagella), l’Astana aveva come capitano il gregario – di lusso, ma sempre gregario – di Contador al Tour, la Saxo Bank (voto 0 al GS, voto 8 al bravo Porte) nemmeno attaccar discorso. Una vittoria, quella di Ivan, che non vale molto? Certo che no, ed ecco perché;
non sappiamo se la forzata rinuncia a Franco Pellizotti, pochi giorni prima della corsa rosa, sia stata la svolta che ha tolto a Ivan le preoccupazioni interne al fatto di essere il leader del GS Liquigas. Di certo il Basso che ha fatto l’andatura sul Mortirolo per quasi tutta la salita “mangiandosi” gli atleti in fuga, le tirate sul Grappa che hanno dato una spazzolata con il contropelo a Vinokurov e Sastre, gli occhi fulminanti visti sulle rampe orrende dello Zoncolan, sono state azioni fatte con una decisione che non gli vedevamo dal Tour del 2005. Sull’”Everest dei ciclisti” (Mauro Corona), Basso a fatto a pezzi gli avversari uno ad uno, come abbiamo visto fare a pochi in questi anni (ricordate Armstrong nel ’99 a Sestriere o Pantani a Pampeago nel ’98?). E quando la RAI indugiava e riproponeva il primo piano del varesino mentre questi tagliava solo il traguardo friulano, forse ne arrivava un pensiero che non recitava un magari comprensibile; “Bravo, Ivan!”, ma un più semplice e duro; “E adesso ci divertiamo”. Questo sembravano dire quegli occhi che tradivano la fatica, perché accarezzati da un velo di certezza sul fatto che la vittoria che Ivan voleva, da quattro anni, era arrivata. Un’affermazione perentoria, senza discussioni, senza episodi inaspettati, sempre costantemente davanti fino alla riga bianca.
Quali sono stati i fattori che hanno fatto la differenza con gli avversari? La forza del suo GS certamente; la qualità non è in discussione per la rosa che in Liquigas hanno messo insieme. E facilmente al Tour non saranno da meno (anche se a quanto pare Nibali aspetterà il sole di Spagna). Ma poche volte, come in questa occasione, abbiamo visto proprio un talento puro come il siciliano mettersi a disposizione del proprio capitano. Forse tra i due ciclisti vive una sorta di “rispettosa rivalità”; Basso sa che senza aspettare chissà quanto, arriverà il giorno in cui dirà a quel ragazzo; “Vai!”, e lì si chiuderà un capitolo per lasciare che il siculo possa iniziare a scrivere il proprio. Altra cosa che Basso ha rispolverato dal Tour nei suoi anni “scolastici” sull’Alpe d’Huez, sul Col d’Aspen, sul Mount Ventoux, sul Tourmalet, è stata la padronanza di farsi sentire sicuro soprattutto dagli avversari (una qualità cara a Lance Armstrong, che ha sempre saputo usare i mass media da maestro). Dieci minuti dopo aver conquistato la maglia rosa sul traguardo dell’Aprica, Basso andava in TV dicendo senza troppi giri di parole che il GS Liquigas avrebbe continuato anche nei giorni successivi a voler prendere in mano la corsa. Una mentalità decisa, poco italiana se ci pensate, forse figlia di una scuola molto… texana? Testa, voglia di rivalsa, un GS tra i migliori in assoluto e due talenti; il suo e quello indiscusso di Vincenzo Nibali; il ciclista che il Giro manco lo doveva fare.
Vincenzo Nibali doveva correre il Tour di quest’anno per arrivare lassù, vicino ai “grandi”; essere il rompiscatole tra i tre (o quattro, con Basso) uomini che quest’anno saranno attesi a una sfida ciclistica come poche altre in fatto di attesa e curiosità tra gli appassionati. Poi aveva nel mirino la Vuelta, per provare a vincerla. Nibali è quasi pronto a provare a vincere un grande giro. Visto che l’età è dalla sua, la Vuelta è l’obiettivo migliore. Fin’ora la Liquigas ha fatto crescere il ragazzo in modo perfetto, per questo non si lasci, Nibali, far vincere dall’entusiasmo. Entusiasmo che spesso ha rovinato e non aiutato altri talenti di Casa-Italia.
Giugno; l'editoriale.
Come Ivan, è “cresciuto” all’università del Tour; Vincenzo Nibali è stato l’uomo che ha fatto la differenza nella vittoria di Basso. Il Giro ci ha dato le risposte che da questo ragazzo speravamo di avere a luglio.


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