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Giulio Poidomani: Intervista ad un Giovane Regista

Creato il 21 giugno 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Anna Caserta 21 giugno 2013 cinema, primo piano, vedere Nessun commento Giulio Poidomani: Intervista ad un Giovane Regista

«Perché ormai lo sai che quella città è così: un po’ lunatica, dall’umore cangiante e dall’aspetto ingannevole. Ma dal cuore tenero. Ben nascosto, ma tenero. E quando te ne andrai sai che ti mancherà, allo stesso modo in cui ti manca New York, in cui ti manca Roma, in cui ti manca Modica». Quella città è Los Angeles, e chi si racconta è Giulio Poidomani, un ragazzo con salde radici, profondi legami e idee particolarmente chiare. Un giovane regista i cui sogni corrono veloci. Dalla piccola ed incantevole Modica al mondo hollywoodiano, Giulio ne ha fatta di strada. Una strada lunga, forse non priva di ostacoli, ma è per questo, come lui stesso dice, che «la vita è una storia simpatica».

Giulio, hai da pochi giorni realizzato il tuo secondo cortometraggio, e a breve ne parleremo. Prima però, mi piacerebbe che ci parlassi un po’ di te. Oggi, vivi in America e fai ciò che hai sempre desiderato. Ma quando, precisamente, hai deciso che questa era la strada che avresti voluto seguire?

«Credo di aver deciso di voler fare il regista quando avevo dieci anni. Certo, allora non sapevo cosa volesse dire, ma avevo capito che in qualche modo riguardava le immagini in movimento. Crescendo il cinema mi ha appassionato sempre di più. Già a 16 anni volevo andarmene da Modica per andare a studiare a Roma, ma ovviamente non potevo. Dopo l’università mi sono poi scontrato col mondo del lavoro e lì ho capito che era il caso di volare in America. Diciamo che lavorare gratis non è la mia aspettativa di vita… Inoltre più volte mi è stato detto che le mie sceneggiature non incontrano il gusto italiano. Stufo di sentirmi dire questo da persone con poco coraggio, ho fatto armi e bagagli e son volato via».

Giulio Poidomani: Intervista ad un Giovane Regista

In molti vorrebbero vivere il sogno americano, ma non tutti sanno quanto in realtà, sia difficile vivere in uno Stato a cui non si appartiene. Del resto, ogni luce ha la sua ombra. Perciò ti chiedo, c’è stato un momento particolarmente difficile in questi anni in cui hai vissuto lontano dall’Italia? Cosa ha comportato?

«I momenti difficili ci sono sempre, ci sono stati in Italia e ci sono in America. Ovviamente lì ti scontri con un’altra lingua e un’altra cultura, a volte è difficile capirsi, ma questi sono problemi che si superano. L’America è un luogo sorprendente e comunque in continuo movimento. Ho sempre la sensazione di muovermi e di andare da qualche parte, di seguire una direzione. In Italia mi sembrava di essere fermo e, con me, tutti quelli attorno. Insomma, al momento non vedo l’Italia come un’opzione di vita, ma per nessuno, non solo per me».

Iniziamo a parlare dei tuoi lavori. Disruption è il titolo del tuo primo cortometraggio. Qui hai affrontato un tema particolarmente scottante della società americana: armi e follia umana. Cosa ti ha spinto ad occupartene?

«Disruption è nato da una serie di emozioni e situazioni contrastanti che ho vissuto in questi anni in America. Una delle prime cose che mi ha sconvolto dell’America è stata la facilità con cui è possibile reperire un’arma. Chiunque può farlo, non viene effettuato nessun tipo di controllo sulle persone che le comprano e quindi anche un malato di mente con manie omicide può comprare e andare in strada col fucile spianato a sparare a casaccio a chi vuole. Da uno di questi episodi è nata l’idea: a Los Angeles, a due passi da casa mia, un uomo con un fucile sparava alla gente in pieno giorno. Nello stesso periodo mi era capitato di vedere delle interviste a persone che si erano svegliate da un lungo coma e dicevano di aver avuto visioni del paradiso. Tutti raccontavano come adesso apprezzassero di più la loro vita. Io invece ho immaginato un uomo con un punto di vista diverso: un uomo che dopo aver visto il paradiso riconosce che la vita è solo dolore e orrore e vuole tornare lì. E non solo, vuole anche regalare il paradiso alla propria famiglia. Per me il protagonista di Disruption è una persona che ragiona al contrario, che crea caos, un po’ come il Joker di Batman. Infatti, non mi dispiacerebbe realizzare un film in cui il protagonista sia il Joker, invece del noiosissimo Batman».

Giulio Poidomani: Intervista ad un Giovane Regista

Interessante! Un capovolgimento di vedute: è una bella sfida entrare nella mente del “Joker”. Disruption è stato selezionato a partecipare in molti festival. Dove siete stati e quale momento di queste esperienze ricordi con maggior piacere?

«Disruption è stato in diversi festival, in Italia e in America. Sono sempre belle esperienze, ma quello che ricordo con piacere sono le reazioni del pubblico e l’interesse che mostra verso il progetto con le sue domande. Vogliono sempre sapere qual è stata l’idea alla base del film, oppure che cosa io pensi dell’America, perché in fondo, in qualche modo, Disruption parla anche della cultura americana e c’è una sottile critica da parte mia su certi aspetti di quella cultura. Ma d’altronde ogni cultura ha i suoi difetti. In particolare però voglio ricordare il Kansas City Film Festival. Ci hanno veramente tartassato di domande e c’era gente che era andata a vedere il film tre volte perché ogni volta coglieva dei nuovi aspetti. Disruption è una pellicola complessa. Non sempre il pubblico è aperto abbastanza da riceverne il messaggio».

Veniamo al tuo secondo cortometraggio: Pots&Lids. Una tematica molto diversa, e non per questo priva di carattere e particolarità. Ma non voglio anticipare nulla di questo lavoro inedito, perciò lascio a te la parola: svelaci qualcosa.

«Pots&Lids (Pentole&Coperchi) è in qualche modo figlio di Disruption. Era stata, per me, un’esperienza così straziante, un personaggio così duro, che per la prima volta in vita mia ho sentito il bisogno di raccontare qualcosa di più leggero. Così ho scritto tre storie d’amore e questa era quella che sentivo più adatta a me in questo periodo della mia vita. È la storia di un uomo che perde il suo cane e va in giro per il quartiere a cercarlo e, durante il suo viaggio, trova l’amore. Ma anche qui, il personaggio è in qualche modo un diverso. Sono sempre stato interessato ai personaggi più strani e diversi da ciò che definiamo normale. Con questo corto vorrei proprio cercare di trasmettere il messaggio che anche coloro che la società bolla come non normali, pazzi, freaks, in realtà hanno gli stessi diritti di tutti. Bisogna solo avere la voglia di avvicinarsi a queste persone per scoprirle».

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Sei riuscito a creare dei legami con le persone con cui hai lavorato?

«Sì. Sicuramente con le due produttrici Isabella Roberto e Veronica Radaelli. Spero di poter lavorare con loro tutta la vita, soprattutto con la prima, dato che si tratta della mia ragazza. Per me sono come una coppia di poliziotti: c’è sempre quello buono e quello cattivo. E su un set servono entrambi. Non dirò chi è chi ovviamente. Poi c’è il mitico Danny Belinkie. Ci siamo incontrati a New York e da allora abbiamo fatto 5 cortometraggi insieme. È un ottimo direttore della fotografia e non riesco a lavorare senza di lui. Infine c’è Eric Gorlow, era l’attore protagonista di Disruption e ci siamo trovati in perfetta sintonia. In qualche modo condividiamo lo stesso mondo, riesce a dare luce ai miei personaggi in maniera onesta e vera. Per me è stato un colpo di fulmine. Se io fossi Tim Burton, lui sarebbe il mio Johnny Depp. E infatti anche in Pots&Lids lui è il protagonista. Ci intendiamo al volo. Siamo diventati grandi amici. Lui è sicuramente un attore come pochi. Credo che parte della grandezza di Pots&Lids sia nell’interpretazione che Eric ha fatto del personaggio. Per esempio io, in sceneggiatura, non ne avevo mai visto le potenzialità comiche, ma lui sì. E quel personaggio un po’ bizzarro è diventato adorabile. Al momento non riesco ad immaginare storie senza un personaggio per lui. Voglio citare anche altre due persone se posso, due splendide brasiliane che mi aiutano e supportano sempre, Mariana Goulart e Tatiana Romao. La prima è stata mia assistente su Disruption e poi attrice su Pots&Lids; la seconda ha interpretato Sara in Disruption, una donna molto forte e combattiva, e mi ha consigliato successivamente nei casting per Pots&Lids».

Giulio Poidomani: Intervista ad un Giovane Regista

Concedimi una domanda personale. Fra te e la tua compagna, Isabella Roberto, c’è un legame profondo. Quanto di lei c’è nei tuoi lavori? Quanto incide sulle tue scelte stilistiche?

«Isabella è una produttrice molto intelligente. Ripete sempre che in Italia sono spariti i mecenati, coloro che aiutano gli artisti per il valore dell’arte e non per i soldi. In quanto grande mecenate, lei si occupa di lavori che hanno già un valore artistico, quindi non cambierebbe mai ciò che è la visione dell’artista. In qualità di produttrice, invece, sa come sveltire il lavoro e in quello sa aiutarmi tantissimo. Devo dire però che in fase di sceneggiatura sono io che voglio il suo aiuto e i suoi pareri e, più di una volta, mi ha aiutato a risolvere alcuni nodi importanti. E comunque in ogni caso non potrei mai dire nulla di negativo su di lei perché vado a letto ogni sera con la produttrice, quindi sì Isabella Roberto è una produttrice molto intelligente».

 

In copertina: Eric Gorlow e Tatiana Romao in Disruption – Foto di Whitney McGillicuddy

 

Per Approfondire

https://www.facebook.com/PotsLids?fref=ts

https://www.facebook.com/DisruptionTheShortMovie?fref=ts

 

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