Il libro “Paradiso ed economia“ (Piemme 2004), scritto da Rino Camilleri e dal presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, è stato presentato a Roma il 1 marzo 2011. Tra gli intervenuti, il presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi) Giuseppe Mussari, il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian e lo stesso Gotti Tedeschi.Vian ha ricordato il valore dell’economia nella tradizione cristiana: «Ad esempio i francescani, da sempre simbolo di povertà, hanno dato un grande contributo su questo piano con la fondazione del Monti di pietà». Non è il solo caso visto che la Dottrina cattolica, da Clemente Alessandrino in poi, riconosce nella ricchezza uno strumento per la realizzazione dell’uomo, che «di per sé non è né buono né cattivo», chiarisce Gotti Tedeschi, «perché come per ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa».
Mussari ha continuato sottolineando che «senza la produzione di ricchezza il mondo sarebbe infatti meno equo e meno giusto nei confronti degli ultimi. Nella logica del mercato invece c’è anche la risposta per gli ultimi. Altri modelli economici, invece, pur partendo da buone intenzioni hanno portato le distruzioni alle quali abbiamo assistito nel ventesimo secolo». Il Presidenti dei Abi ha sottolineato che «le banche italiane, rispetto a quelle che sono in giro per il mondo, si sono salvate dalla crisi del 2002 grazie alla fedeltà ai valori che sono all’origine della loro storia. Tradizione cristiana e banche sono legate».
L’origine del sistema creditizio del nostro Paese vanta una cultura cristiana piuttosto profonda. «Talmente profonda che è stato proprio grazie ad essa che gli istituti italiani sono riusciti a scongiurare le speculazioni che altrove hanno invece indebolito le strutture finanziarie». Gotti Tedeschi ha poi dettagliato: «La legge della domanda e dell’offerta, la liceità del denaro e anche del prestito a interesse sono state elaborate dai monaci di Salamanca. In particolare, le banche nostrane sono nate con l’intento di sintetizzare in maniera efficace finanza e contrasto all’usura, visto che inizialmente erano proprio gli enti ecclesiastici a promuovere la loro istituzione. Ecco allora che denaro e cristianesimo non sono l’uno l’antitesi dell’altro, a patto che l’uso della ricchezza sia giusto e che il denaro non condizioni l’individuo», ha concluso l’economista del Vaticano.