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Giusi Baldissone e le donne del coro

Creato il 29 ottobre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da lapoesiaelospirito su ottobre 29, 2011

Giusi Baldissone e le donne del coro

Il nuovo libro di poesie di un’talianista

di Guido Michelone

Dopo ‘Cartoline’, e subito dopo la curatela del saggio ‘Poesia civile. Contributi per un dibattito’, arriva per Giusi Baldissone il secondo libro di poesie dal titolo ‘Le donne del coro’, edito, come gli altri due, da Interlinea (Novara) con prefazione di Claudio Ciancio, docente di Storia all’Università del Piemonte Orientale, che ha anche il merito di condurre a Vercelli (città natale della Baldissone, dove insegna nella locale Facoltà di Lettere) una tavola rotonda con gli studiosi Alfonsina Zanatta, Tonino Repetto, Cristina Iuli, Stefania Irene Sirti e gli stessi Baldissone e Ciancio, tavola da cui abbiamo tratta quest’intervista multipla: anche qui un coro di voci entusiaste di una poesia realista e fiabesca al tempo stesso.
Michelone: Potreste anzitutto definirmi in poche parole la poetica che emerge dal nuovo libro della Baldissone?

Ciancio: C’è da sottolineare l’ironia presente nel libro, un’ironia capace di alleggerire il tragico senza eluderlo, in una capacità tutta femminile, che si combina a un’intensa carica affettiva, la quale a sua volta, di lirica in lirica, investe persone e cose in modo struggente e leggero al tempo stesso.

Bosio: Ciò che si ricava dalla lettura da ‘Le donne del coro’ è forza e coraggio: e leggendo al pubblico alcuni testi della raccolta trova singoli versi in cui si canta proprio la forza della vita; ed è la vita come qualcosa di più importante delle nostre singole vite, quasi un’occasione per riflettere seriamente su tutto.

Repetto: Nel libro si può osservare un discorso diretto in cui il segno è solo segno della realtà, un quid che non è altro che se stesso, grazie a un’ironia culturale sublime che giunge allo scatto vitale, nella dialettica morte/vita sia in forma più o meno implicita sia attraverso immagini sotterranee a dominare ogni poesia.

Zanatta: Sin dal titolo il libro sembra quasi un canto, come se le donne avessero dentro di sé la musi, nonostante e forse grazie al tragico e alla storia della letteratura che speso emergono quali citazioni. Ne Le donne del coro si possono rimarcare altresì la maestria e la tecnica in versi dove da un lato ci sono attenzione, consapevolezza, maturità, dall’altro emerge la schiettezza per manifestare direttamente un sentimento, in versi non ermetici, dove l’allusione è discreta, mai fuorviante. Tutto questo è il senso della vita che a sua volta risulta la forza di Giusi e della poesia di Giusi.

Stefania Siri: Per Le donne del coro vorrei sottolineare tre punti-chiave, che sono forse anche i fondamenti della lirica della Baldissone: il primo riguarda la sapienza metrica e ritmica, in un libro dove c’è dietro un’italianista agguerrita, grazie alla capacità di usare il verso italiano; emerge il ritmo non solo come ripetizione, ma soprattutto quale orchestrazione dei suoni in una lavorazione positivamente artigianale, con una bell’evidenza di versi percepibili come settenari sdruccioli alla Pascoli o anche come endecasillabi addirittura di tradizione dantesca. Il secondo punto concerne l’alternanza di narrazione e descrizione: ci sono nel libro storie con personaggi viventi e non viventi che s’alternano a momenti di riflessività; e poi c’è la pluralità dei toni e dei registri che conducono a una abilissima mescolanza di stili non solo alti e bassi, ma in particolare come dignità di rappresentare sia il basso corporeo sia la vita quotidiana talvolta fra realtà civile e istanza politica. I forti contrasti nel libro diventano sostanza strutturale. Illude il patetismo con innesti di slogan quasi da muri, ma poi il tutto porta a un dolore autentico, anche se Giusi sa cogliere sempre con un sorriso la letteratura e alla fine Le donne del coro è da leggere come un inno alla vita.

Cristina Iuli: Essendo anglista, mi vengono in mente voci poetiche familiari come Amy Lowell, assieme a Ezra Pound, teoria di una poesia dell’immaginismo. Nel 1917 la Lowell esplicita in un saggio la differenza tra poesia e prosa: ciò che distingue la prima dalla seconda è il ritmo più marcato, lo sforzo più palese per raggiungere un equilibrio; è un effetto che la vecchia generazione di letterati chiama musicale: un ritmo, per anni, associato alla rima, ma ora si tratta di altri tempi, altri luoghi, con forme del tutto diverse dalla rima. Dopo questa premessa trovo che ci sia in Giusi un’idea del ritmo (inteso come equilibrio, qualità necessaria per tutta la vera poesia), ossia un andamento circolare che qui si estrinseca nell’intreccio fra amore e dolore. Parola e accadimento vengono sospinti in avanti per essere rovesciati, tornare su se stessi. Ne Le donne del coro equilibrio e ritorno sono come un movimento controllato della voce che tocca tute le corde dell’intimità, senza mai essere strumentale , proiettato su figure femminili (bambine, figlie, madri, amiche, ragazze, allieve, ecc.). Ma c’è anche leggerezza nel momento del cedimento, dove alla pesantezza dell’accumulo del ricordo, accade un gesto iconoclasta. E il libro è pure responsabilità del raccontarsi nel respiro misurato e nell’equilibrio dell’intimità in tempi storici diversi (nonna, mamma, figlia, nipote) con lingue diverse da Celentano ad Ariosto o anche con quelle di animali, vegetali, minerali. Sono insomma voci lontane rieducate come voci intime, che sembrano incorporare tutte le forme classiche della poesia italiana (e della sua dissoluzione), con linguaggi più fluidi sempre controllatissimi.


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