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Giusy Versace

Creato il 22 febbraio 2012 da Upilmagazine @UpilMagazine

"Prima avevo tutto, poi nulla. Apparentemente. Perché con lo sport ho imparato a conquistare la medaglia della vita"

 

Giusy è una scintilla di vita che ti entra negli occhi. La bellezza c’è, tutta, ma la vera luce gliela leggi dentro. Rischi di rifletterla per ore, inondato dal sorriso che regala.

Giusy corre perché ama, col coraggio di chi trasforma i limiti come traguardi.
“Ce ne sono tanti sulla mia strada, tutti da battere”.
Lei lo sta facendo.

 

Quella storiaccia di una doppia amputazione alle gambe a 28 anni nell’agosto 2005, incidente automobilistico, poteva essere l’inizio della fine.
Lei e chi le è stato vicino l’hanno fatto diventare un nuovo inizio.

Inizio che riparte infatti dal lavoro, oggi è affermata retail supervisor a Milano per un’importante casa di moda. Non quella di famiglia per intenderci, seppur nipote di Donatella e Santo. “Questione d’indipendenza”.
A febbraio 2010 le prime protesi in fibra di carbonio “per provare a correre, per sconfiggere chi mi suggeriva di lasciar perdere, tanto sarei caduta sempre”.

Obbligata a reinventarsi più di Oscar Pistoius, più di Aimee Mullins, Giusy in pista ha sperimentato dolori e limiti per poter assaggiare lacrime di gioia.
Come nel giugno scorso, quando col tempo di 19’93” diventa a Imola campionessa italiana di atletica leggera nei 100 mt.

Il prossimo traguardo è Londra 2012: le Paralimpiadi.
Luca Pancalli, un grandissimo dello sport italiano in senso assoluto, se la coccola come un tesoro inesauribile.
Giusy infatti non chiede mai per sé, quando lo fa è per aiutare qualcun altro, come la onlus “Disabili No Limits”.
Lei la descrive “una causa giusta, raccogliere fondi per amputati economicamente bisognosi”. Come il viaggio che compie ogni anno a Lourdes, “per accompagnare gli altri ma soprattutto per allargare il mio cuore fino all’orizzonte dell’infinito”.

Giusy Versace è tutto questo, un mondo di vita nel quale lei non ti fa mai guardare il rovescio della medaglia.

 

È indubbio che, se il nostro secolo ha uno specchio della sua vita psicologica, questo specchio è lo sport. (Jean Cocteau, scrittore e registra)
 


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