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Giusy Versace, un esempio per tutti.

Da Claudia Mel @claudiamelgrati

Giuseppina Versace, per tutti semplicemente “Giusy”, nasce Reggio Calabria il 20 maggio 1977 e all’età di 18 anni circa, il lavoro e la vita la portano prima a Londra e poi a Milano. Suo papà è cugino del famoso Gianni Versace, la cui scomparsa ha sconvolto il mondo della moda.
Il 22 agosto del 2005, durante una delle tante trasferte di lavoro, Giusy ha un terribile incidente automobilistico sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nel quale perde entrambe le gambe. Un evento che rimette tutto in gioco e che, per un carattere determinato come il suo, non ha mai avuto il significato di una resa. Dopo più di un anno e mezzo di duri allenamenti Giusy cammina di nuovo e decide di tornare a lavorare.
Nel 2006 fondamentali sono il viaggio a Lourdes e l’incontro con l’Unitalsi di cui oggi è volontaria. Nel 2007 torna a guidare sia l’auto che lo scooter e nel 2010 inizia a correre con le protesi in carbonio. Dopo soli 3 mesi è già ai blocchi di partenza dei Campionati Italiani di atletica leggera. Diventa così la prima atleta italiana della storia a correre con amputazione bilaterale e la sua categoria è la T43.
In 4 anni Giusy colleziona ben 9 titoli italiani, un record europeo nel 2012 e diversi record nazionali sui 60, 100 e 200 metri. Oltre a vincere, inizia a lanciare messaggi positivi invogliando la gente, che come lei vive delle disabilità, a non nascondersi, a non vergognarsi e ad avvicinarsi allo sport.
Nel 2011 diventa presidente della Disabili No Limits Onlus (www.disabilinolimits.org) e nel 2013 scrive la sua prima autobiografia “Con la testa e con il cuore si va ovunque” nella speranza che possa essere uno stimolo per chi vive ancora la disabilità con sofferenza.
Nel 2014 a Doha, nel Qatar, diventa ambasciatrice della campagna internazionale di promozione dell’integrità sportiva tra i giovani “Save the Dream”.
Ho conosciuto Giusy in occasione della sua partecipazione della “Camminata 2 piedi 2 ruote” tenutasi a Merate lo scorso 7 settembre. Giusy ha raccontato la sua storia, con tale naturalezza, che faceva venire la pelle d’oca. Una donna straordinaria, forte e che ha insegnato tanto, la sua voglia di vivere contagia, e ti fa capire quanto siano piccoli i problemi, in confronto a quello che lei ha dovuto vivere, e quello che persone disabili vivono tutti i giorni. Mi ha fatto pensare a molte cose, e come dico ai miei figli noi diamo tutto per scontato, che camminiamo, che vediamo, che parliamo, ma c’è gente, che a causa di malattie, di incidente non può farlo. Dico loro che sono fortunati a poter correre, saltare, camminare, parlare, andare a scuola. Ho raccontato loro quello che è capitato a Giusy, con parole semplici, e hanno avuto la spiegazione, che a volte la vita non è bella. E’ giusto che i bambini sappiano, che vedano, non bisogna spaventarli, di cosa poi?  Sono stata felice, che hanno ascoltato Giusy, la sua vita, lei è solare e ha accolto e abbracciato i miei figli, e loro felice, l’hanno abbracciata, hanno scherzato e a casa mi hanno detto che sono stati felici di conoscerla, che è bella, intelligente e forte. Giusy mi ha colpito con una frase.” Mi hanno fatta sentire un mostro, perché sono senza gambe? Perché mi devo sentire un mostro? Perché mi devo vergognare? Che si vergognino gli assassini e i ladri. A me è capitato, come poteva capire a qualsiasi altra persona”.
Che diritto abbiamo noi, di far vergognare persone a cui è successo qualcosa, o semplicemente nata con una disabilità? Quando ne incontriamo una pensiamoci.

Giusy è una donna che bisogna ammirare, spero che tante ragazze, prendano forza e spunto da lei, che vogliano essere in gamba come lei.  Che invece di quelle divette in tv, ammirino una persona che è riuscita ad andare avanti, ad accettare la sua nuova vita, a non arrendersi. A fare qualcosa per gli altri, cosa ancora più bella, che le rende onore. Giusy sei un esempio che la vita è bella, che la vita va vissuta ad ogni costo, e che va affrontata a testa alta.


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