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Gli 11 parlamentari meno produttivi

Creato il 10 novembre 2014 da Margheritapugliese

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Il 3 Novembre l’associazione indipendente Openpolis ha pubblicato uno studio contenente contiene l’analisi sul rapporto Governo-Parlamento, sulle dinamiche di funzionamento delle Camere e ovviamente classifiche su parlamentari e gruppi, loro efficienza ed efficacia nel periodo marzo 2013-ottobre 2014 (Legislatura XVII). Attraverso una metodologia, definita da criteri quantitativi (presenze in Aula e Commissioni) e qualitativi (atti presentati e loro consenso ed iter parlamentare), sono state stilate degli elenchi che indicano i deputati e senatori più produttivi. Alla Camera i primi tre sono Bragantini (Lega Nord), Sisto (Forza Italia), Fedriga (Lega Nord), mentre al Senato sono De Petris (Sel), Pagliari (Pd), Calderoli (Lega Nord). Inoltre, in questo dossier è stato documentato il progressivo esautoramento del Parlamento a favore del Governo, in quanto l’84% delle leggi approvate, tra cui quelle più importanti, sono di iniziativa dell’Esecutivo. Quindi un potere legislativo sempre più nelle mani del Governo e parlamentari relegati al ruolo di meri schiaccia bottoni.

Ma il dato su cui mi vorrei soffermare, è quello riguardante la cosiddetta categoria dello “zero assoluto”, ossia quei rappresentanti politici che non presenta atti nè emendamenti, non relaziona ddl, non interviene alle discussioni. Inoltre, in poco più di un anno e mezzo di Legislatura, secondo quanto fa sapere Open Polis, è stato presente in solo poche votazioni, anche meno della decina e comunque in nessun voto finale. Tra i nomi presenti in questa lista, in totale 11 parlamentari tra Camera e Senato, ci sono “pezzi da 90″ della politica nazionale, popolari come Denis Verdini, Daniela Santanchè e l’avvocato Niccolò Ghedini.  Gli altri sono i forzisti Cesaro, Archi, Giacomoni, Angelucci, Rotondi, Conti e Messina, oltre a Bonaiuti, ex portavoce di Berlusconi ora senatore del partito di Alfano (Ncd).  Di chi si assesta in fondo alla classifica di produttività, dei tre più noti si sa molto, andiamo quindi a conoscere gli altri.

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ANTONIO ANGELUCCI. Nato in provincia de L’Aquila nel 1944, licenza media, inizia la sua carriera lavorativa come portantino all’ospedale San Camillo di Roma, poi diventa imprenditore e fa il salto di qualità nel 1999, quando compra da Don Verzè il polo oncologico San Raffaele di Roma per 270 miliardi di lire. Dopo pochi mesi, nel 2000, questo immobile viene venduto allo Stato italiano per 320 miliardi di lire, facendo una plusvalenza, in un lasso temporale molto breve, di 50 miliardi. Da quel momento diventa “Il re delle cliniche private”, attualmente sono 25 in varie regioni italiane.  Sotto processo a Roma per falso e truffa con l’accusa di aver ricevuto illecitamente , nel periodo 2006-2010, contributi pubblici per due testate giornalistiche (Libero e Riformista). Durante le indagini, la Guardia di Finanzia gli ha sequestrato 20 milioni di euro. Nel 2012 il Consiglio di Stato , dando ragione all’Agcom, lo condannò a pagare una multa di 103 mila euro per i fondi illeciti e a rinunciare ai fondi del periodo 2006-2010. Nel marzo del 2013 è stato rinviato a giudizio per truffa ai danni del servizio sanitario regionale (Lazio, ndr) per 163 milioni di euro con le attività del San Raffaele di Velletri (Roma). Pochi mesi dopo, nel maggio dello stesso anno, è stato rinviato a giudizio, dalla Procura di Roma, perchè avrebbe compiuto lavori edilizi abusivi nella sua villa, che si trova in una zona di Roma a vincolo archeologico.

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ANTONIO ANGELUCCI

BRUNO ARCHI.  Nato in una cittadina belga nel 1962, laureato in Scienze politiche a Roma, inizia la carriera diplomatica fino al 2013 quando venne eletto deputato, nelle fila del Pdl, nella circoscrizione Piemonte. Fino al dicembre 2013 è stato viceministro agli Esteri nel Governo Letta, dopodichè si dimise dall’incarico dopo la fuoriuscita del suo partito dall’Esecutivo. Il suo nome compare nella lista che il Tribunale di Milano ha trasmesso alla Procura del capoluogo lombardo , per valutare la sussistenza di false testimonianze nell’ambito del processo sul caso Ruby.

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BRUNO ARCHI

SESTINO GIACOMONI. Romano, classe 1962, laureato in Scienze Politiche, inizia la sua carriera politica a soli 23 anni come consigliere comunale a Mentana (Roma). Dal 1994 entra in Forza Italia e nel 1996 diventa Responsabile organizzativo del Dipartimento Economico di Forza Italia. Nel 2001 diventa capo della segreteria tecnica del Ministero delle Attività Produttive, all’epoca in cui era Ministro Antonio Marzano. Ha ricoperto cariche di consigliere di amministrazione in alcuni enti pubblici, come la SACE, la Consap e l’IPI, di cui è stato anche vice-direttore generale. Nel 2005, diventa assistente del Presidente Berlusconi nonché capo della segreteria tecnica della Presidenza del Consiglio durante il governo Berlusconi III. E’ parlamentare dal 2006 e nel  2008 fu capo segreteria del Presidente del Consiglio Berlusconi. Fu uno dei 314 parlamentari che votò a favore del conflitto d’attribuzioni nel caso Ruby, credendo che fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak. Il nome di Giacomoni comprare nella lista delle 1500 persone, vip e politici, che nel Comune di Roma avevano il privilegio di non pagare le multe, cancellate da vigili urbani compiacenti.

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 SESTINO GIACOMONI

GIANFRANCO ROTONDI. Nato ad Avellino 54 anni fa, nel 1975 , giovanissimo, si iscrive alla Democrazia Cristiana. Laureato in Giurisprudenza, divenne giornalista. Aderisce dopo la dissoluzione della Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano con il quale viene eletto deputato nel 1994 .L’anno successivo si schiera con Rocco Buttiglione a favore dell’alleanza con il centrodestra. Aderisce quindi ai Cristiani Democratici Uniti. Nel 1996 si candida alla Camera dei deputati nel collegio di Avellino, ma venne sconfitto dal rappresentante dell’Ulivo Antonio Maccanico. Ritorna in Parlamento in seguito alle elezioni politiche del 2001, quando viene eletto nella quota uninominale per la coalizione della Casa delle Libertà, nel collegio di Rho (Lombardia), in quota CDU e successivamente UDC. Nel 2003 si sposa e suo testimone di nozze fu Silvio Berlusconi. Da sempre nostalgico dei tempi in cui governava la Dc, fedelissimo berlusconiano, convinto della sua persecuzione giudiziaria,  arrivò a paragonare il suo leader a Gesù perchè ” anche lui fu vittima di una sentenza”. Nel giugno del 2011 si dichiarò contrario al taglio dei privilegi e stipendi dei parlamentari perchè ” Non possiamo dargli l’aumento, ma almeno coccoliamoli, rassicuriamoli, non rompiamogli le palle se vogliamo arrivare al termine della legislatura”.

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 GIANFRANCO ROTONDI

PAOLO BONAIUTI. Fiorentino classe 1940, laureato in Giurisprudenza,divenne Capo del servizio economico del Giorno di Milano, dal 1975 è inviato speciale, prima per l’economia e la finanza, poi per gli avvenimenti di politica internazionale. Nel 1984 entra al Messaggero di Roma come inviato e come editorialista. Nel 1994 scrisse un duro editoriale contro Silvio Berlusconi all’epoca della sua entrata in politica sulla “cacciata” di Montanelli dal Giornale, intitolato “Va in onda la liberaldemocrazia”. Tuttavia nel 1996 venne eletto deputato nelle fila di Forza Italia e nel 2001 diventa sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, carica che conserva fino alla primavera del 2006. Due anni dopo venne nominato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’editoria. È stato rieletto anche alle elezioni del 2013. Nell’aprile del 2014, dopo 18 anni di fedeltà e di stretto rapporto, lascia polemicamente Forza Italia e il suo leader per una “decisione difficile, sofferta, anche a lungo rinviata”, ma “pienamente motivata e già da tempo da divergenze politiche e da incomprensioni personali che si sono approfondite nell’ultimo anno”. Aderisce al partito di Alfano, Ncd, visto dai forzisti come un tradimento per questioni di potere.

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 PAOLO BONAIUTI

ALFREDO MESSINA. Nato a Colleferro (Roma) nel 1935, laureato in Economia e Commercio, inizia la sua carriera ricoprendo vari incarichi di tipo amministrativo in diverse società come Olivetti e Alitalia. Nel gennaio 1990 entra in Fininvest S.p.A. in veste di Direttore Generale e nel 1996 viene nominato Amministratore Delegato per l’area amministrazione e controllo del Gruppo con la supervisione dei settori Grande Distribuzione, Prodotti Assicurativi e Finanziari. Attualmente è Consigliere e Vice Presidente Vicario di Mediolanum S.p.A..Inoltre è Consigliere di Amministrazione di Mediaset Espana Comunicacion SA , Quinta Comunicacions SA e di Molmed S.p.A.. E’ parlamentare dal 2008 con il Pdl e poi, dopo la scissione interna, ha aderito a Forza Italia nel 2013.  Il suo nome comprare nel processo dello scandalo della Banca popolare di Milano (Bpm), poichè – secondo lèipotesi dei giudici – incontrò il presidente dell’istituto bancario, Ponzellini, per chiedere un prestito agevolato , per conto di Silvio Berlusconi, per Giovanni Acampora, l’avvocato condannato definitivamente per corruzione giudiziaria insieme a Cesare Previti per il caso Imi-Sir (prestito che non risulterebbe essere stato non ottenuto). E’ stato assolto dal Tribunale di Milano per il reato di favoreggiamento in bancarotta per il crac della Hdc, società del sondaggista berlusconiano Crespi (condannato a 6 anni e 9 mesi in Appello), perchè ” il fatto non è previsto dalla legge come reato”.

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 ALFREDO MESSINA

RICCARDO CONTI. Bresciano, 57 enne, laureato in filosofia, è stato esponente dell’Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro (UDC), che ha abbandonato seguendo Marco Follini nel movimento Italia di Mezzo. Non votò la fiducia al Governo Prodi e non aderì al progetto del Partito Democratico. Nel 2008 viene eletto nelle fila del Popolo della Libertà in sostituzione di Roberto Formigoni, che ha optato per un quarto mandato da Presidente della Regione Lombardia. Attualmente è senatore e componente della Commissione Finanze. Nel gennaio del 2012, grazie ad un’inchiesta giornalistica del Tg La7, viene alla luce un’operazione che guadagna al deputato un rinvio a giudizio: un anno prima, la Estate2, società di Riccardo Conti, compra un immobile di 5 piani a Roma, in via della Stamperia, dal fondo Omega di IDeA Fimit, un fondo del gruppo Intesa Sanpaolo, per 26 milioni di euro. Dopo qualche ora, la finanziaria di Conti rivende lo stesso immobile all’Enpap, l’ente previdenziale degli psicologi per 44,5 milioni di euro, guadagnando in un giorno 18 milioni. Inoltre non venne considerata l’ Iva al 20% , grazie alla quale il prezzo del palazzo sarebbe lievitato a 54 milioni. Secondo la ricostruzione giornalistica, il fondo Omega avrebbe venduto alla società di Conti “sulla fiducia”, in quanto il senatore avrebbe versato i primi 5 milioni soltanto  dopo 3 giorni dalla compravendita, dopo aver già incassato la prima tranche dall’Enpap. Il giorno dopo la Procura di Roma decide di aprire un fascicolo per chiarire la vicenda ed il 30 ottobre 2013 la Guardia di Finanza, in relazione alla vicenda, sequestra beni per 8,5 milioni di euro a Riccardo Conti, per omesso versamento dell’Iva relativa alla compravendita dell’immobile. Nel settembre del 2014, per questa vicenda il Tribunale di Roma ha rinviato a giudizio il senatore Conti, per concorso in truffa col presidente dell’Enpap, omesso versamento dell’iva e di finanziamento illecito ai partiti insieme a Denis Verdini. 

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 RICCARDO CONTI

LUIGI CESARO. Soprannominato Giggino a’ purpetta, nasce a Sant’Antimo (Napoli) nel 1952, si laurea in Giurisprudenza, poi diventa avvocato e funzionario della Asl di Aversa (Caserta). La sua carriera politica inizia nelle fila del Psi ed alla fine degli anni ’80 come assessore comunale al bilancio per il comune di Sant’Antimo. Viene prima eletto consigliere al comune di Sant’Antimo, poi entra nel consiglio provinciale di Napoli e dal 1999 diventa deputato (tranne periodo 1999-2001 al Parlamento europeo). Cesaro ha avuto tanti guai con la giustizia, andiamo a analizzare i più significativi. Nel 1984 è stato arrestato nell’ambito di un blitz contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, per accuse pesanti come aver garantito l’ospitalità, la latitanza, gli spostamenti dei boss e postino del clan, consegnando lettere e pizzini. Venne condannato in primo grado  a 5 anni di reclusione ma il verdetto fu ribaltato in sede d’appello nell’aprile 1986, quando Cesaro venne assolto per insufficienza di prove, decisione confermata in Cassazione (giudice Corrado Carnevale, detto l’ammazza-sentenze).  Nel 1988 , quando ricopriva quell’incarico, accusato di truffa ai danni dello Stato (700 milioni di euro) insieme alla giunta comunale, riuscì a evitare ‘arresto. Due anni dopo viene eletto al consiglio provinciale di Napoli. Nel 1991, in una informativa dei Carabinieri dei Ros di Napoli , viene definito ” di cattiva condotta morale e civile (…) In pubblico gode di stima e considerazione. È solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata operante a Sant’Antimo e dintorni”. Secondo quanto risulta in un’intercettazione ambientale del 2011 nel carcere di Terni, il boss Raffaele Cutolo parlando a sua nipote , le disse di contattare Cesaro per un eventuale aiuto a rimediare un lavoro ad un familiare perchè “Questo, ora, è importantissimo. Io non ci ho mandato mai nessuno, ma è stato il mio avvocato e mi deve tanto. Faceva il mio autista, figurati”. Nell’estate del 2014, il Gip napoletano Ferrigno inoltrò la richiesta di arresto al Parlamento (poi il Riesame la revocò per carenza di gravi indizi) per collusioni con il clan camorristico dei Casalesi. Rimane tuttora indagato, insieme ai suoi due fratelli, Aniello e Raffaele (imprenditori), per le accuse di collusione con l’organizzazione camoristica. Infine, una nota di colore: come non dimenticare la sua performance in inglese, in occasione della cerimonia di apertura del Wuf alla mostra d’Oltremare a Napoli.

LUIGI CESARO
 LUIGI CESARO

 

Alla fine di questo articolo sorge spontanea una domanda: ma perchè stanno in Parlamento queste persone?


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