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Gli amici del Bar Margherita (film) – Pupi Avati

Creato il 10 settembre 2012 da Maxscorda @MaxScorda

10 settembre 2012 Lascia un commento

Gli amici del Bar Margherita
L’Emilia non l’ha ammazzata il terremoto e non sara’ ricostruita da quattro pagliacci in cerca di visibilita’ che si definiscono cantanti.
L’Emilia e’ stata da tempo abbattuta da chi doveva difenderla, da coloro che dovevano tutelarla ed accudirla, da chi ha avuto un mandato da onorare come un giuramento e venduta invece per quattro voti.
L’Emilia e’ stata ammazzata dalla generosita’ ed ingenuita’ dei suoi abitanti.
Nel 1954 non ero ancora nato e del resto la Via Emilia che ho attraversato non era Bologna e non era Modena ma l’aria di entrambe entrava dalle mie finestre portando voci e sapori che ricordo, ricordo bene e c’e’ un sentimento tenero che non si basa sulla nostalgia del passato ma sul bisogno di sentirsi a casa nei luoghi che si sentono propri.
Ecco quindi che Avati cavalca ancora una volta il destriero dei ricordi, veri, presunti, aggiustati, leggendari ma che importa e ci conduce laddove un tempo si usciva in strada ed in strada c’era un’altra famiglia, quella degli amici, dei conoscenti, dei vicini di casa e quartiere.
La citta’ era abitazione, rifugio e divertimento, un luogo nel quale poter andare in piena notte alla stazione dei treni a mangiare lasagnette fatte a mano, magari dopo un giro al night piu’ vicino.
Avati e’ straordinario, come sempre e ancor di piu’ con questi racconti.
La scansione dei tempi comici e perfetta, i suoi personaggi appartengono ai ricordi di una vita e per questo non vanno neppure spiegati, basta ricordarli e attenzione, qui non c’entra l’Emilia o Bologna perche’ ognuno serba l’immagine di gente cosi’ nel ripiano piu’ in luce dei propri ricordi.
Casting strepitoso e in piu’ occasioni ho ricordato come il regista sappia far recitare chiunque e chi e’ davvero del mestiere, con lui diviene grandioso. Spettacolare quindi nel prendere con se’ il meglio del passato prossimo o remoto che sia e cosi’ che Botosso, Abatantuono, Marcore’ e il grande, grande e ancora grande Gianni Cavina, si mescolano con De Luigi, Lo Cascio, Chiatti e anche Gianni Ippoliti pare che nella vita non abbia fatto altro che recitare.
Assente la tristezza, neppure quel retrogusto amaro che non manca nei film di Avati ed e’ l’ennesimo tentativo di raccontare della luce, perche’ di ombre li’ fuori ce ne sono fin troppe.
Un difetto del film? Troppo, troppo e ancora troppo breve perche’ non si smetterebbe piu’ di guardarlo e con un simile materiale umano, ce ne sarebbe stato per ore e ore.
Straordinario il film, straordinario Avati, straordinario tutto quanto, la tragedia e’ rientrare nello squallore del giorno, del resto ce la siamo cercata.

"Una volta c’era una città grande e lunga, soleggiata o piovosa nei giorni giusti, che noi chiamavamo Bologna e ancora oggi, se desideri ricordare un posto che non c’è più, c’è chi dice quel nome e ti torna in mente una città grande e lunga, soleggiata o piovosa.
Lì c’erano tutte le persone che ti servivano, nel centro o nella periferia, qualunque genere di persona cerassi, avessi voglia di vedere o di salutare, lì sapevi che c’era e prima o poi l’avresti trovata. Non ne mancava nessuna."

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