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Gli occhi ridenti di Nella Marcellino

Da Brunougolini
Ho  impresso nella mente i suoi occhi ridenti, ma anche furbi,  e i suoi scatti impetuosi, energici. Come quando nella sede della Cgil, conclude un dibattito a più voci (il dirigente Cisl Rino Caviglioli,  l’imprenditore tessile Guido Artom, Guglielmo Epifani, Armando Cossutta, la cigiellina Valeria Fedeli). E’ un incontro sul suo libro “Le tre vite di Nella” (a cura di Maria Luisa Righi, edizioni Sipiel) e vuole riprendere la parola, malgrado l’evidente stanchezza. Lancia così una severa filippica sulla necessità di non abbandonare il processo unitario tra i sindacati. Una “militante”, come si diceva un tempo, fino all’ultimo respiro.   E par di rivederla mentre a Yalta batte a macchina un “memorandum” che diventerà famoso, firmato da Palmiro Togliatti. Uno dei tanti momenti della sua complessa esistenza.   
Un personaggio che ha attraversato, nel corso di quelle tre vite (partigiana, dirigente del Pci, dirigente Cgil), un secolo di storia italiana. La prima vita accanto ai genitori. Il padre Guglielmo Marcellino attivo nella lotta antifascista e che finisce arrestato dai tedeschi a Parigi. Mentre la madre, Maria Busso,  partecipa all'occupazione delle fabbriche nel 1920. Un anno prima della nascita di Nella,  il 21 febbraio 1923. La precoce giovinetta più tardi accompagnerà il padre, uscito dal carcere, in Francia e in Belgio. E’ quindicenne quando intraprende la prima  missione clandestina. Entra così in contatto con i capi esuli  dell’antifascismo. Tra questi Arturo Colombi,  uno dei  fondatori del Pci e che diventerà suo marito. Ed eccola ventenne ad organizzare gli scioperi del 1942 a Torino. Un impegno incessante, nella clandestinità, fino alla liberazione finale.  
La seconda vita la vede parlamentare del Pci, per due volte responsabile della commissione nazionale femminile e poi (1951), a Milano responsabile della commissione di organizzazione del Pci. La terza vita è nel sindacato, come segretaria della Filziat-Cgil (alimentaristi), poi dei tessili e, infine, nella direzione dell’Inca-Cgil, il patronato.
Ho avuto la fortuna di frequentare Nella, per un tempo non breve, rileggendo il libro steso con  Luisa Righi e che lei non si stancava di leggere, rileggere, correggere. Ogni tanto si concedeva qualche pausa, a colpi di cioccolatini, per commentare amaramente i fatti e i personaggi del giorno. Aveva un solo ragionato apprezzamento: quello nei confronti del presidente Napolitano. E ritornava, instancabile, sui suo ricordi. Come il matrimonio messo in piedi per finta, onde imbrogliare le pattuglie naziste.  O  l’incontro tra Giuseppe Di Vittorio e il popolo di Foggia nei primi comizi del dopoguerra. O le vicende del suo gatto parigino che litigava con Giorgio Amendola. Oppure ancora l’esperienza a Milano, accanto ad Alberganti, quando affrontava i dissidi interni tra il partito degli operai e quello degli intellettuali. Vicende di  una professionista della politica, raccontate con una sensibilità particolare, tutta femminile. Così I suoi protagonisti, non sono “eroi di marmo”, retoricamente fissati in immagini stereotipate. Sono persone immerse nella realtà quotidiana, tra intrighi e difficoltà, in un intreccio tra sacrificio e allegria. Sono donne e uomini, intrisi di quella solidarietà ed energia che nasce da una causa comune. Senza nascondere, per questo, dissidi anche feroci, ambizioni represse, talvolta meschinerie.  
Nella Marcellino non era una femminista e all’epoca non c’erano le  quote rosa. Nella, però, era una che, con la sua capacità ironica,  non temeva i maschi del Novecento. Ed erano maschi  della stoffa di Togliatti, Longo, Secchia, Amendola, Pajetta, Cossutta. Credeva in quella che allora si chiamava “emancipazione”. Indimenticabili le sue descrizioni delle lotte liberatorie delle “tabacchine”. Non solo per il salario ma per diritti e dignità. Ha anticipato un processo che via via ha investito la sinistra politica e il sindacato. La Cgil di Susanna Camusso  deve anche a lei il fatto che una donna abbia potuto essere eletta in questo 2011, al ruolo più alto nella Cgil.
Avrebbe voluto inserire, in una possibile riedizione del suo libro, una paginetta dedicata all’amicizia. Una specie di morale sul vantaggio che deriva dal tentare di costruire un mondo in cui le donne e gli uomini siano più liberi e capaci di stare insieme, legati da vincoli di solidarietà. Perché non è vero che l’egoismo possessivo di cui sono piene le cronache anche di questi giorni del nuovo secolo, alla fine paghi e renda felici. Grazie Nella.
Riportiamo qui quella sua paginetta inedita:
“Nella vita vi sono tante cose buone e tante cose brutte. Voglio qui ricordare alcune cose belle: l’amore e l’amicizia.
L’amore fra due persone è un grande lieto evento, ma bisogna sapere che non è sempre molto duraturo. L’amore avvolge due persone e le rende l’una e l’altra intimamente legate. Le decisioni sembrano sempre prese in comune e avvolgono i protagonisti in una patina fatta di volontà reciproca, di rapporti di vario genere e anche di quelli sessuali; esso rende le persone interdipendenti l’una dall’altra con la volontà dichiarata di non lasciarsi più. È, in generale, un’illusione più o meno duratura. L’interdipendenza per un periodo non è alternativa ad altri sentimenti e può creare delle illusioni. È, comunque, uno dei rapporti migliori che si possono stabilire tra due persone, ma può rompersi anche con estrema facilità. L’amore è sentimento ed è anche fatto concreto che può nascere istantaneo come istantaneamente può essere cancellato. Conoscere l’amore è conoscere una delle cose più belle della vita, ma è anche in parte crearsi delle illusioni e dei grandi dispiaceri. L’altro fatto importante nella vita è senza dubbio l’amicizia che si crea fra due donne o fra un uomo e una donna. Ho conosciuto uomini e donne che hanno avuto per me tanta amicizia, molti riguardi e mi hanno dato una grande fiducia nella vita. Alcune di queste amicizie sono durate a lungo, qualcuna si è rotta inopportunamente. La ricerca di amicizia fra persone è un fatto essenziale nella vita di ognuno di noi. Nell’amicizia vi è uno dei più grandi beni che può conoscere l’umanità”.

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