La frontiera che separa i due Paesi, la cosiddetta no-man's-land (terra di nessuno), è ancora coperta da vaste foreste primarie, abitate da una numerosa popolazione di orsi bruni.
Per riuscire a realizzare questi scatti, il fotografo Stefano Unterthiner ha trascorso quasi ottanta notti in un capanno di legno di un metro per due: un piccolo appostamento perduto nella taiga finlandese, che ha permesso di mostrare la vera natura, stagione dopo stagione, di questo magnifico animale, ma anche di raccontare i suoi incontri con lupi e ghiottoni.
Le immagini sono pubblicate sul numero di ottobre del National Geographic Italia e in un libro ("Le notti dell'orso", edizioni Ylaios – www.ylaios.com), che sarà in vendita a partire dal prossimo ottobre. Parte dei proventi ricavati dal libro andranno a sostenere un progetto IFAW (International Fund for Animal Welfare) per la protezione dei cuccioli di orso, vittime della caccia in Russia.
La taiga sostituisce la tundra a sud della cosiddetta linea degli alberi, vale a dire il punto in cui luce e calore estivi sono sufficienti per la crescita degli alberi fino ad avere portamento arboreo (si ricorda che nella tundra alcune specie arboree hanno portamento arbustivo o prostrato, a causa delle avverse condizioni ambientali).
Nella zona della taiga le estati sono leggermente più lunghe e più calde, con periodi di crescita (vale a dire statisticamente liberi dal rischio di gelate) abbastanza lunghi; gli inverni, però, sono paradossalmente anche più freddi che lungo la fascia artica, vista la maggior continentalità.
Questi inverni molto rigidi, unitamente alle precipitazioni scarse (in alcune stazioni non si superano i 200 mm annui) influenzano la crescita della foresta, come ad esempio è il caso della Jacuzia che vede le temperature minime invernali scendere anche sotto i -60 °C; nonostante le temperature estive relativamente elevate, quindi, il sottosuolo rimane permanentemente gelato (permafrost) ad eccezione di uno strato attivo profondo non più di un metro, un metro e mezzo. Gli alberi non riescono ad approfondire le radici e la foresta appare più rada, stentata, con altezza minore.
Per quanto riguarda le specie, sono quelle caratteristiche delle foreste di conifere: larici (Larix sibirica), abeti rossi, pini di varie specie, oltre ad alcune latifoglie resistenti come betulla e pioppo (soprattutto la specie tremula). Il sottobosco è magro, vista anche la povertà dei suoli e il clima freddo.
La fauna, analogamente a quanto succede nella tundra, è povera in specie: fra i carnivori maggiori sono il lupo, la lince e, peculiarità della taiga siberiana, la tigre siberiana; sono presenti e importanti inoltre anche orsi e renne, oltre agli uccelli, prevalentemente migratori.
Il suolo più rappresentativo dell'ambiente taiga è il cosiddetto podzol, identificato con questo nome nella classificazione FAO e con il nome di spodosol nella Soil Taxonomy; si tratta di un suolo acido, a causa della decomposizione degli aghi delle conifere, con lisciviazione di ossidi e idrossidi del ferro che causano la presenza di orizzonti colorati al di sotto di altri invece schiariti e impoveriti.
Anche dove non compare questa tipologia di suolo, i terreni della taiga sono comunque poveri e sottili, a causa delle basse temperature che rallentano molto i processi biologici. I suoli podzolici tipici trapassano gradualmente, andando verso la steppa, nelle cosiddette terre grigie di transizione.
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