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Gli uomini siano dediti al «meretricio» per amore

Da Agueci

Il donarsi, sbriciolandosi, prerogativa del cristiano

Usare il termine “meretrice” (dal latino merĕtrix, da cui proviene anche il sostantivo meretricium) equivale, nel significato generale e ingiurioso, a indicare una donna dedita alla prostituzione, di facili costumi; per lei si usano anche tantissimi sinonimi (sempre al femminile ma dovrebbero essere rivisti anche al maschile) con significato eufemistico o spregevole come bagascia, baldracca, ‘buona donna’, cagna, cortigiana, ‘donna da marciapiede’, lucciola, mignotta, puttana, ‘ragazza squillo’, sgualdrina, troia, zoccola e altri. Così compreso, il termine si contrappone a fedeltà e rispetto di sé e degli altri, contro una scelta donativa ed esclusiva. La prostituzione, intesa in questo modo, esiste ed è esistita presso numerose popolazioni. «Occorre però, scrive il Dizionario Treccani, un’estrema cautela nell’applicazione della categoria di prostituzione a relazioni e scambi che coinvolgono la sfera economica e quella sessuale in differenti contesti etnografici. In passato gli osservatori occidentali, in base alla propria concezione della sessualità, hanno infatti assimilato alla pratica della prostituzione istituzioni sociali la cui organizzazione e le cui finalità si discostavano totalmente dal fenomeno così come è inteso in Occidente. Un esempio molto noto di fraintendimento in tal senso è stata la lettura data dai colonizzatori britannici dell’istituzione delle danzatrici addette al culto templare nel mondo indiano».

Pur assumendo, con queste sfumature antropologiche, un significato negativo, inteso come oggettivazione e, peggio, mercificazione del corpo umano e della donna stessa, il senso originale può indicare etimologicamente tutt’altro. Merēre, o intransitivo merēri, significa, infatti, guadagnare, meritarsi, essere degno di.  Alla luce di questi significati il termine assume un valore positivo per cui l’uomo è stimolato a guadagnarsi l’esistenza e, attraverso le sue azioni, deve meritarsi dei riconoscimenti umani e morali che lo aiutano a proseguire per la strada iniziata. L’uomo, con il proprio operato e con la bellezza di cui è titolato, deve essere anche degno della sua identità e della finalità per cui è stato creato: collaborare alla creazione e salvaguardare la sua specie.

Anche dallo stesso significato negativo, senza escludere il senso peccaminoso di rottura con Dio, si può trarre un valore positivo. Prostituirsi vuol dire, allora, mettersi a disposizione di tutti, anche senza fini di lucro, per essere servizievoli (uno dei significati di mereo è di rendere servizi a qualcuno) verso chi ha bisogno del nostro aiuto. La nostra esistenza assume, quindi, un valore soggettivo ma universale.

Nell’Antico Testamento, la prostituzione è punita con la lapidazione, come quella sacra che comportava atti blasfemi e disonoranti per la casa d’Israele perché non rispettosi della legge di Dio e del prossimo. In Osea (4,10), poi, troviamo l’immagine simbolica della prostituzione come infedeltà del popolo d’Israele che aveva adorato altre divinità. Nel libro della Nuova Alleanza Cristo dà un valore nuovo al termine. Egli parla delle prostitute (quattro sono quelle di cui si fa cenno: Maria Maddalena, Maria di Betania, la peccatrice anonima e la donna adultera) per indicare che il peccato non ha impedito a queste donne di convertirsi. Anzi Gesù provoca i suoi interlocutori affermando: «Vi assicuro che ladri e prostitute vi passano avanti ed entrano nel regno di Dio. Perché Giovanni il Battezzatore è venuto ad indicarvi la strada giusta, ma voi non gli avete creduto; i ladri e le prostitute, invece, gli hanno creduto» (Mt. 21, 31-32). San Giovanni Crisostomo, commentando il passo sul perdono dato da Gesù alla Maddalena, dice: «È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura! » «Perché? Per trasformarla da prostituta in vergine, perché Lui potesse diventare il suo Sposo» (dal “Discorso a Eutropio”). Gesù stesso dà l’esempio di un modo nuovo di guadagnarsi il genere umano: donare la sua vita per amore dell’umanità. Egli per primo rende servizi ai suoi discepoli: «Se io, Signore e Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Io vi ho dato un esempio perché facciate come io ho fatto a voi» (Gv. 13, 14-15). Quello che compie nell’Eucaristia è lo spezzettarsi (rompersi) per donarsi, farsi Tutto a tutti, perché anche noi offrissimo noi stessi, mente, anima e corpo, al mondo. In questo i discepoli saranno riconosciuti autentici, se sapranno offrirsi in dono per amore, con un’unica visione: che colui al quale ci si dona è Cristo stesso.

SALVATORE AGUECI


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