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Gottfried Benn “Poesie statiche”

Da Lielarousse

Roma 25 ottobre 2013

Gottfried Benn

Il rifiuto dell’evoluzione

 è la profondità del saggio,

i figli e i figli dei figli

non lo inquietano

non lo scalfiscono.

Professare opinioni,

agire,

arrivare e partire

sono il segno di un mondo

che non ci vede chiaro.

Davanti alla mia finestra

- dice il saggio-

si stende una valle

dove si adunano le ombre,

due pioppi demarcano un sentiero

 tu sai – verso dove.

Prospettivismo

è un’altra parola per la sua statica:

disporre delle linee,

proseguirle

secondo la legge dei tralci -

sprizzare tralci -,

anche scagliare stormi e corvi

nel rosso invernale dei cieli all’alba,

poi lasciare cadere -

tu sai – per chi.

Poeta rivoluzionario e dissacratore, impietoso rappresentante  di una rivolta  a oltranza contro ogni norma familiare, sessuale, sociale dell’epoca, e come tale uno dei più illustri fondatori dell’espressionismo tedesco.

La sua opera più significativa è la raccolta di poesie, pubblicata a Zurigo nel 1948, dal titolo Statische Gedichte (Poesie statiche), in cui si riflette quella netta separazione tra arte e vita che conduce e costringe il poeta a una irreversibile “emigrazione interiore”.

Radicato in un nichilismo nicciano, persuaso che la cifra dell’uomo moderno sia la lacerazione cosciente della personalità, Gottfried Benn muore a Berlino nel 1956.

A domani

Lié Larousse



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