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Grand Budapest Hotel

Creato il 06 maggio 2014 da Jeanjacques
Grand Budapest Hotel
Sembra l'altro ieri che era il mio compleanno... e infatti era proprio l'altro ieri. E come ogni anno non ho fatto assolutamente nulla, perché sinceramente a me di festeggiare un qualcosa che ti faccia rendere conto che il tempo passa e tu non hai ancora fatto un millesimo di tutte le cose che avevi in programma di fare, non so, mi mette un attimo la depressione. Ma anche perché non sono uno da feste, e mi da più allegrie quando le feste sono per gli altri che per me stesso. Sì lo so, la mia classica stramberia, ma sinceramente mano a mano che gli anni passano il mio essere pantofolaio si fa sempre più preoccupantemente evoluto, oppure dopo la sbronza quasi fatale dei diciotto anni (una delle poche della mia vita, e fatta controvoglia, perlopiù) mi è passato ogni stimolo di festeggiare. Quindi tanto valeva andare al cinema, dato che era un po' che non mi interessavo delle novità che uscivano, e dopo molte cazzatelle vedersi finalmente un film di un Autore con la A maiuscola: Wes Anderson. Che sarà pure diventato una delle varie personalità di riferimento della moda hipster, ma sinceramente, chissene. Perché quando c'è il talento e la genialità, le etichette vanno del tutto a farsi bene dire... cosa che forse dovrebbero fare sempre e comunque. E poi, con il supercast presentato qui nella locandina - cosa assurda, perché alcune di quelle superstar sono coinvolte in una particina di pochissimi minuti - come lasciarselo sfuggire?Seguiamo le avventire di Gustave H, concierge del Grand Budapest Hotel appassionato di Profumi e di attempate signore dai nobili natali, e del suo fidato garzoncello Zero Mustafa, che col tempo diverrà il suo protetto. Quando però una delle corteggiatrici di Gustave tira le cuoia e il concierge eredita un prezioso dipinto, il principale erede della vecchietta gliene farà passare di tutti i colori...Quando si cerca di analizzare un film o una qualsivoglia opera bisognerebbe tenere conto di innumerevoli fattori. Bisogna argomentare, essere anche disposti a mettere da parte il gusto personale a nome dell'obiettività ed argomentare in maniera ferrea. Cosa che mi riesce difficile con Wes Anderson, autore che non ho mai amato ma del quale non mi perdo nessun lavoro perché so che mi soddisferà in pieno, com'è successo quasi un paio di anni fa col delizioso Moonrise kingdom. Perché forse i film di Anderson, o almeno, del meno remunerativo di tutti gli Anderson che stanno dietro una macchina da presa, hanno quel qualcosa che affascina e non fa togliere gli occhi dello schermo. E pure quando una delle splendide attrici che usa sempre ti passa davanti, riesci addirittura a vederla unicamente nel contesto in cui è inserita, e solo una volta che i titoli di coda iniziano a scorrere inizi a domandarti a come può essere da nuda - e spesso pure per questo ci vogliono un paio di giorni come minimo. Capite quindi la mia difficoltà nel dover recensire un film come questo, perché il rischio di concludere il tutto con un banalissimo "Minkia raga kuanto è belliximo!" è davvero alto. Infatti è una di quelle pellicola di cui si potrebbe dire tutto e nulla, perché tutto e nulla le compone. Non viene espressa chissà quale realtà, non ci sono tematiche particolarmente scottanti o complesse [o se ci sono, sono presenti in quantità minima e ininfluente], i personaggi presentano i soliti tic ai quali questo regista ci ha abituato e non c'è nessun decostruzionismo analitico. Non è il classico 'film per pochi', perché non serve un'intelligenza sopra la media per apprezzarlo e capirlo, così come non serve avere particolari conoscenze per capire i vari passaggi. E' un film semplice, di una semplicità quasi disarmante che non fa nulla per autocelebrarsi come ha fatto di recente un certo Christopher Nolan [autore che comunque mi piace molto, sottolineo], e che porta avanti con fiero orgoglio questo suo modo d'essere. E lo fa con lo stile solito di Anderson, con quei suoi colori accesi e con quelle sue riprese fisse e schematizzate che si sono fatte riconoscere anche nello spot Prada che ha diretto. Qui il suo stile è stato estremizzato oltre ogni limite, con una cura del particolare talmente maniacale da utilizzare dei diversi rapporti di schermatura in base alla linea narrativa adottata - io per comodità qui sotto ne ho utilizzati un solo tipo - tanto da arrivare ad utilizzare l'animazione in stop motion, sperimentata nel suo Fantastic Mr Fox, per rendere possibili alcune sequenze, come l'inseguimento in slitta dello sciatore assassino. Quindi si ride un sacco e ci si rifà gli occhi, cosa che forse basterebbe a salvare qualsiasi lavoro. Ma c'è molto di più oltre questo, anche se da soli sono degli elementi che bastano e avanzano, perché non è indifferente come i terribili fatti che hanno sconvolto l'Europa della prima metà del Novecento siano rappresentato con un'ingenuità tale che per non ne nasconde tutto il marcio che ne stava dentro. E un finale così triste e melancolico che forse lascia basiti, ma d'altronde era l'unico possibile per certi versi. Perché tutto quello che viene raccontato qui è una fiaba... ma una volta che la fiaba finisce, rimane la realtà, e l'età adulta per certi versi, con le sue gioie, rimane la meno piacevole. Ma forse a rendere una vita bella e memorabile non è l'esistenza in sé, ma come si intende raccontarla [come disse il compianto Marquez, che della commistione di magia e vita vissuta se ne intendeva bene] e per questo tutti questi fatti sono narrati come un lunghissimo e movimentato flashback.Forse non un capolavoro, ma in film assurdo e geniale che, nonostante l'esagerazione continua, non perde mai tono e grinta fino alla fine.Voto: Grand Budapest HotelGrand Budapest HotelGrand Budapest HotelGrand Budapest HotelGrand Budapest HotelGrand Budapest Hotel

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