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Gravity

Creato il 06 ottobre 2013 da Ussy77 @xunpugnodifilm

gravity-poster2013: Spazio Profondo

Cuaron apre Venezia 70 e piuttosto che dire, mostra. Una vicenda che, nonostante sia tradizionale dal punto di vista contenutistico (classicamente hollywoodiana), immerge lo spettatore in un’avventura unica e irripetibile. Soffocante e opprimente, Gravity (2013) piega lo spazio al proprio volere e prosegue, alla deriva, verso le nere fauci del nulla cosmico.

Gli astronauti Ryan Stone e Matt Kowalsky lavorano ad alcune riparazioni a una stazione orbitante, quando una tempesta di detriti li travolge, distruggendo la stazione e lasciandoli vagare nello spazio nel disperato tentativo di sopravvivere.

Rompere la quarta parete (lo schermo cinematografico) e omaggiare Kubrick. È questo quello che fa Cuaron nel suo ultimo prodotto. Tuttavia la domanda che sovviene è una sola: oltre all’immagine c’è di più? Perché, se la resa visiva di Gravity è qualcosa di assolutamente unico (aiutata da lunghissimi piani sequenza in assenza di gravità e radenti alla Terra), ciò che manca è una vicenda accattivante e coinvolgente quanto le riprese e le numerose soggettive, scandite ritmicamente dal respiro affannoso dei due protagonisti. Difatti la narrazione è classica e fatica a farsi realmente trascinante. Gravity si pone il difficile obiettivo di essere rivoluzionario e di rimandare indelebilmente alla metafisica di Kubrick, che aveva abbagliato e fatto riflettere nel lontano 1968 con 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odissey, 1968). Infatti Cuaron enfatizza le immagini e costruisce una storia di rinascita (numerose i rimandi visivi al tema del ventre materno) e addossa sulle capaci spalle di Sandra Bullock l’intero sviluppo narrativo, relegando Clooney a ottima spalla comica e drammatica.

Tuttavia non bastano la fotografia e il coinvolgimento avventuroso a rendere un prodotto imperdibile. Certamente (grazie all’alto livello di tensione) il lato empatico è enormemente sollecitato, ma l’autocompiacimento di Cuaron non è sufficiente, perché la pellicola rischia alla lunga di annoiare e di fare del silenzio (opprimente e claustrofobico) una pecca piuttosto che un pregio.

Nonostante ciò Cuaron si presenta come un autore visionario e in grado di trasmettere emozioni, che permettono allo spettatore di rimanere “appeso” alla pellicola e attraversato dal ragionevole dubbio che il finale non sia scontato o preconfezionato. Il cuore palpita all’affannoso ritmo di un respiro in carenza di ossigeno.

Uscita al cinema: 3 ottobre 2013

Voto: ***


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