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Greta e Vanessa, ma davvero i riscatti li paghiamo solo noi?

Creato il 17 gennaio 2015 da Luca Troiano @LucaTroianoGPM

Questo post su Formiche ricostruisce le fasi del sequestro e della liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rientrate in Italia dopo cinque mesi di prigionia in Siria. Una liberazione accompagnata dalle polemiche sul (presunto) riscatto pagato per il loro rilascio.

Tralasciamo i vergognosi (e stupidi) commenti sulla vicenda di cui è piena la rete e concentriamoci su un punto. L’Italia e non solo l’Italia paga riscatti per i suoi connazionali vittime di rapimenti all’estero. Oltre a noi hanno pagato i francesi, i tedeschi, gli spagnoli. A volerla dire tutta, l’Italia è quella che ha pagato di meno finora, probabilmente perché meno sono stati i sequestrati italiani. In ogni caso, l’Italia paga e ha sempre pagato, benché lo abbia sempre ufficialmente negato.

Si tratta del classico segreto di Pulcinella: sul “mercato” dei rapimenti tutti gli operatori sanno che l’Italia paga. E lo sanno anche gli italiani, altrimenti le polemiche nemmeno ci sarebbero. Polemiche che peraltro hanno sempre la stessa conclusione: secondo la vulgata, infatti, noi italiani paghiamo sempre; americani ed inglesi mai. Fessi noi e furbi loro? Le cose non stanno esattamente così.

I governi di Londra e Washington non pagano riscatti ai terroristi per la stessa ragione per cui le autorità italiane non pagavano quelli all’Anonima sequestri. Anzi, qui da noi esiste una legge che congela momentaneamente i patrimoni delle famiglie dei sequestrati per essere certi che i pagamenti non avvengano, perché è evidente che un rapimento finito con l’incasso del riscatto generi un altro rapimento e un altro ancora e così via. Dunque americani e inglesi (i governi, cioè) non pagano i riscatti in nome di un necessario pragmatismo: soldi al terrorismo significa più terrorismo.

Ciò non vuol dire che soldi american & british, ai terroristi, non giungano comunque. Il punto di Paolo Pagliaro, nella puntata di Otto e mezzo del 16 gennaio (minuto 16:00), ci racconta che a pagare i riscatti per (alcuni) ostaggi statunitensi e britannici sono le assicurazioni, con le quali i soggetti stipulano delle laute polizze prima di partire per i fronti “caldi”. Si tratta di soldi privati e non pubblici, pattuiti ed elargiti secondo i principi del libero mercato, ok, ma sempre di soldi si tratta e sempre ai terroristi vanno. E secondo i dati di Pagliaro, il riscatto medio per un occidentale si aggira sui 3,7 milioni; negli ultimi cinque anni (fonte: New York Times), al-Qa’ida e le altre organizzazioni jihadiste hanno incassato 125 milioni di dollari dalla pratica dei sequestri. Certo, parliamo essenzialmente di dipendenti di grandi compagnie attive in zone di crisi (pensiamo alla Shell in Nigeria) e non di cooperanti come Greta e Vanessa, ma nulla toglie che chiunque possa stipulare una polizza prima di partire, e in ogni caso torniamo al punto di partenza: sempre di soldi ai terroristi, si tratta.

Pertanto non è del tutto vero che americani ed inglesi non paghino: a conti fatti, pagano e hanno pagato molto più di noi. Con buona pace di Belpietro, Salvini ed altri alfieri del moralismo ipocrita.


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