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Guest post: Serie A, fanalino di coda nella crescita del calcio europeo

Creato il 01 luglio 2013 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Riprendiamo, con l'autorizzazione dell'autore Paolo Guicciardi (@paologucc), un contributo apparso sul sito della RTR Sports.

Il 6 giugno c.a. Deloitte, un’importantissima azienda di servizi di consulenza e revisione, ha presentato la XII edizione della Annual Review of Football Finance, un interessante report riguardante il mondo del calcio e il suo business.

Tra i dati presi in considerazione – annuali, stagione 2012/2013 – vi sono quelli relativi ai fatturati a livello di leghe (il focus è soprattutto sulle “Big Five”, le industrie principali del calcio europeo: Premier League, Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue1), ai salari, al rapporto salari/ricavi, alle affluenze negli stadi, dai quali si è potuto delineare il trend di crescita rispetto alla stagione precedente (2011/2012).

Nonostante le difficoltà economiche-finanziarie che i club europei stanno attraversando sono state registrate crescite a livello di fatturato, seppur in misure diverse: a guidare la classifica continua ad essere la Premier League con un incremento del 16% (2,9 miliardi nella stagione 2011/2012), seguono la Ligue1 con il 9% (1,1 miliardi nel 2011/2012), la Bundesliga con il 7% (1,9 miliardi nel 2011/2012) e la Liga con il 3% (1,8 miliardi della stagione precedente) per chiudere con la Serie A che fa registrare una misera crescita dell’1% su un fatturato di 1,6 miliardi della stagione 2011/2012.

Se la Premier League può contare su una conoscenza del brand a livello mondiale, la Ligue1 sui soldi freschi degli sceicchi che stanno investendo sempre di più (prima a Parigi, ora nel Principato di Monaco portandovi calciatori del calibro di Falcao, Victor Valdes, Ricardo Carvalho, Joao Moutinho eJames Rodriguez nel giro di poche settimane), la Bundesliga su strutture moderne, progetti e bilanci sani come quelli del BVB e del Bayern Monaco – finaliste dell’ultima edizione della Champions League -, la Liga sugli intramontabili nomi di Real Madrid e Barcellona (quest’ultimo arricchito dal recente acquisto di Neymar, la giovanissima stella brasiliana che oltre a saperci fare con la palla tra i piedi rappresenta un’incredibile calamita a livello di marketing), la Serie A, ad oggi, ha poche frecce nel proprio arco.

Le affluenze negli stadi sono le più basse d’Europa (-7% di presenze medie), le strutture sono vecchie, poco attraenti e non essendo di proprietà dei club non possono godere di strategie volte ad aumentare le presenze (eccezion fatta per la Juventus che, con il nuovo stadio di proprietà, ha visto una crescita del proprio fatturato grazie al settimanale “tutto esaurito”, nonché alle entrate derivanti da gite e musei all’interno dello Stadium), la maggior parte dei bilanci non sono sani portando i club a focalizzarsi soprattutto sulla riduzione dei costi (l’abbassamento del tetto ingaggi e i pochi investimenti nelle campagne acquisti contribuiscono alla fuga di campioni verso l’estero, alla bassissima probabilità che top player giochino nel nostro campionato ed ad una sempre più scarsa competitività a livello europeo) non potendo far leva sui ricavi, pesantemente alimentati dai diritti televisivi.

Appare evidente che per ritornare ad essere il campionato più bello d’Europa serva un cambio di rotta: data la difficoltà di agire sfruttando il fattore economico – vuoi per la crisi vuoi per la poca propensione ad investire – e quindi risultando impossibili miglioramenti nel breve periodo, è necessario che le idee ed i progetti acquistino maggior rilievo: stadi di proprietà (il prossimo sarà quello dell’Udinese); strutture più moderne (non solo stadi, ma anche centri sportivi all’avanguardia come quello appena creato dal Catania Calcio con campi d’allenamento, attrezzature, alloggi, ristoranti, aree ricreative, o come il progetto della Fiorentina chiamato la “cittadella viola” piuttosto che il più recente “Continassa” promosso dalla Juventus); focalizzazione sui settori giovanili per educare maggiormente i ragazzi alla cultura sportiva e per farli diventare i futuri Buffon, Cannavaro, Pirlo, Totti; minor orientamento al risultato immediato – e qui i  tifosi dovrebbero metterci anche del loro!; favorire l’intrattenimento (ad esempio provare, come avvenuto quest’anno in Serie B o come avviene da sempre in Inghilterra, ad introdurre giornate nel periodo natalizio giocando meno nei mesi di gennaio e febbraio, in cui spesso gli stadi sono vuoti causa neve e ghiaccio).

Queste sono alcune “macro-soluzioni” che contribuirebbero a fare passi in avanti – certo, sarebbe interessante approfondire il tutto! – per evitare che lo sport più seguito nel Paese non continui a farsi autogol.


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