La prima metà della sesta stagione di The Walking Dead si è conclusa lasciando un po' di insoddisfazione, a causa dei troppi alti e bassi che hanno contraddistinto gli otto episodi andati in onda
La prima metà della sesta stagione di The Walking Dead si è conclusa con un episodio che conclude un capitolo importante, ma forse gestito non nei migliori modi, della storia di Rick Grimes e del suo gruppo di sopravvissuti. Al ritorno sugli schermi il serial tratto dai fumetti di Robert Kirkman aprirà una nuova fase della narrazione, in cui entreranno in scena altri - e molto importanti - personaggi e si scriverà la parola fine sulle storie di alcuni volti ormai conosciuti e più o meno rilevanti nella storia. Otto episodi, quelli andati in onda negli ultimi mesi, contraddistinti da alti e bassi da una forse eccessiva incertezza stilistica e narrativa.
Una storia lasciata in sospeso
La stagione si è aperta con un affascinante doppio episodio ricco d'azione in cui il gruppo guidato da Rick ( Andrew Lincoln), che aveva lo scopo di allontanare un numero incalcolabile di walker da Alexandria, si era diviso andando incontro a problemi di ogni tipo. In particolare Glenn ( Steven Yeun) si era ritrovato bloccato in un vicolo senza via d'uscita insieme a Nicholas ( Michael Traynor), che aveva deciso di togliersi la vita sparandosi un colpo mortale, trascinando così involontariamente il marito di Maggie ( Lauren Cohan) a terra con sé. La scelta degli autori è stata quella di lasciare a lungo in sospeso il destino di Glenn, mostrando un "banchetto" dei morti viventi costruito appositamente per non far capire quale dei due corpi stesse venendo terribilmente mutilato.
Situazione meno sanguinosa, ma altrettanto complicata, quella di Daryl ( Norman Reedus) che ha incontrato sul suo cammino un trio in fuga da un gruppo violento e apparentemente privo di scrupoli.
La comunità di Alexandria, nel frattempo, ha dovuto fare i conti con l'attacco a sorpresa dei letali Lupi, decisi a prendere possesso degli spazi protetti; a contrastarli sono stati prevalentemente Carol ( Melissa McBride) e Morgan ( Lennie James), seppur con due approcci ben diversi e destinati a entrare in conflitto.
Al suo ritorno Rick ha quindi trovato una comunità quasi incapace di rimarginare le proprie ferite, sospesa nella paura e nell'incertezza dopo aver vissuto in prima persona la brutalità e l'orrore. Poco il tempo a disposizione per adattarsi emotivamente alla realtà della società post apocalittica: la morte è entrata ancora una volta tra le mura della città e dopo la pausa invernale, nelle puntate inedite si assisteranno a nuovi addii e ostacoli da superare.
Accettare la realtà
La sesta stagione di The Walking Dead ha confermato in questi primi otto episodi tutti i suoi punti di forza e, purtroppo, anche le debolezze che rendono la serie a volte insoddisfacente e al di sotto delle aspettative. L'adattamento dei fumetti di Kirkman non ha mai avuto lo scopo di offrire una rappresentazione esclusivamente action o all'insegna della spettacolarità di quanto accade dopo un'apocalisse zombie, ma piuttosto ha sempre puntato a sviluppare una riflessione sulle reazioni umane agli eventi; un elemento ripreso poi nello spinoff Fear the Walking Dead, in cui si mostrano per la prima volta le prime fasi del contagio. Trovare il giusto equilibrio tra la necessità di coinvolgere gli spettatori con una buona dose di tensione causata dagli scontri con i walker e l'approfondimento psicologico dei personaggi si è dimostrato nel corso degli anni piuttosto complicato, passando da alcuni momenti indimenticabili alternati a passaggi narrativamente di raccordo, utili a costruire il contesto generale ma, se analizzati singolarmente, meno riusciti sotto molti punti di vista.
Le puntate trasmesse hanno anche questa volta raggiunto dei livelli tecnici e artistici alti in più occasioni, partendo proprio dalla première caratterizzata da uno stile originale e sequenze elaborate - che hanno richiesto un grandissimo numero di comparse e l'attenzione per i dettagli tecnici - passando poi all'emozionante racconto di quanto accaduto a Morgan prima di ritrovare Rick, sostenuto da un'ottima performance di Lennie James.
La frammentazione degli eventi non ha però sempre funzionato, mettendo in secondo piano personaggi essenziali e molto amati come Michonne ( Danai Gurira) e rimanendo in superficie nella rappresentazione di altre presenze come quella di Abraham Ford ( Michael Cudlitz).
La tanto annunciata contrapposizione tra la visione di Rick e quella di Morgan si è rivelata poi fumosa, lasciando il compito alla sempre più determinata - e molto umana - Carol di rappresentare un approccio alla vita quasi in opposizione con la scelta pacifista del nuovo arrivato ad Alexandria.
Lo spunto, sulla carta particolarmente interessante, dell'analizzare la reazione al ritrovamento tra tanto orrore di una zona in cui la speranza di un futuro migliore sembra ancora possibile è stato svolto solo in parte, introducendo la quotidianità tra le mura di Alexandria senza la dovuta attenzione, ritornando per tematiche e atmosfere alla situazione precedente dei protagonisti in più occasioni.
Delle scelte discutibili
L'elemento però che ha sorpreso in negativo è stato il modo in cui si è deciso di sviluppare la storia di Glenn. Il personaggio interpretato da Steven Yeun era fin troppo importante all'interno della trama per giustificare l'uscita di scena architettata nei primi episodi e la soluzione al mistero è apparsa quasi surreale e improbabile, non in grado di sostenere il peso delle scelte narrative prese. L'incertezza ha permesso di svelare un piccolo segreto di Maggie, elemento tuttavia non sufficiente a motivare il prolungarsi del dubbio. Se in alcuni casi un cliffhanger di questo tipo (come accaduto recentemente in The Leftovers o nel tanto discusso season finale di Game of Thrones) arricchisce la narrazione aumentando la tensione e la curiosità, in The Walking Dead ha avuto quasi un effetto contrario, facendo crescere progressivamente la perplessità settimana dopo settimana.
Il midseason finale ha purtroppo seguito in parte lo stesso schema, arrestando la narrazione nel momento in cui le vite dei personaggi sono a rischio; fin troppo prevedibile, anche per chi non conosce i fumetti, quanto accadrà al ritorno del serial sugli schermi a febbraio e piuttosto inspiegabile il taglio poco prima del vero cliffhanger previsto dalla trama. Non basta quindi un prologo di due minuti che annuncia, ovviamente senza farlo vedere, l'arrivo del temibile Negan per allontanare l'impressione di un tentativo poco riuscito da parte dello showrunner di cambiare stile e atmosfera alla serie: dopo sei stagioni ci si potrebbe, e dovrebbe, aspettare di più da uno dei progetti televisivi dal grandissimo potenziale artistico e narrativo.
Un episodio come L'inizio e la fine avrebbe dovuto rappresentare una svolta netta prima di iniziare un nuovo capitolo in cui ognuno dei protagonisti dovrà rivalutare ancora una volta il proprio approccio alle difficoltà quotidiane, scegliendo se e in che modo combattere e che ruolo avere in quel che rimane della società. La serie ha invece solo suggerito la reale portata drammatica degli eventi, puntando l'attenzione su personaggi a cui non è stato mai concesso abbastanza spazio e per i quali è quindi difficile provare empatia o interesse; ad esempio Deanna, nonostante il suo ruolo centrale nella comunità di Alexandria, non è mai stata realmente un elemento chiave nelle mani degli autori, così come accaduto Ron o Sam.
L'intera idea dell'arrivo nella comunità protetta, attesa da più stagioni, si è per ora rivelata deludente in un contesto in cui tutti i nuovi volti sono restati in ombra e defilati rispetto alle ormai figure quasi eroiche dei sopravvissuti che abbiamo già imparato a conoscere. Tra tanti stereotipi o presenze intermittenti, l'unica certezza all'insegna della complessità e del realismo sembra essere Carol, interpretata con grande intensità da Melissa McBride, attrice capace di mostrare ogni ferita interiore del suo personaggio senza mai mettere in secondo piano la sua grande forza.
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