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Henri Cartier-Bresson: l’Occhio che Catturò il Novecento

Creato il 06 febbraio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Henri Cartier-Bresson: l’Occhio che Catturò il Novecento

Due uomini di spalle di fronte ad un telo. Uno, quello con la coppola, guarda attraverso un buco al di là della copertura. L'altro indossa una bombetta e degli orgogliosi baffi arricciati. Ha le braccia incrociate dietro la schiena ed è rivolto di sbieco verso l'obiettivo: attende il suo turno per vedere i lavori ed è come stupito da quello che osservano i suoi occhi. Di fronte a lui c'era il maestro della fotografia del Novecento Henri Cartier-Bresson. Con questo primo scatto preso a Bruxelles nel 1932 si apriva la mostra retrospettiva dedicata a "l'occhio del secolo" conclusasi qualche giorno fa al Nuovo spazio espositivo Ara Pacis a Roma. Quasi un secolo di storia catturato dallo sguardo attento del fotografo francese che visse dal 1908 al 2004.

Oltre cinquecento le opere che abbiamo potuto ammirare in questa esposizione realizzata dal Centre Pompidou di Parigi in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson. Accanto alle fotografie, anche filmati e dipinti. La pittura, infatti, è la forma d'arte alla quale Cartier-Bresson, figlio di un ricco industriale del settore tessile, si accosta inizialmente. Arricchiva le lettere con disegni, ispirato nel gusto da Paul Cézanne. Il primo Cartier-Bresson è dunque il prodotto di diverse influenze.

La mostra è stata divisa in nove sezioni che ci hanno raccontato la lunga e diversificata carriera del fotografo. Sicuramente un'esposizione completa, ma forse un po' troppo dispersiva ed in alcuni punti del percorso che abbiamo seguito, a causa del gran numero di visitatori che si muovevano per le sale e gli stretti corridoi, non adatta a chi soffre di claustrofobia. Inoltre, le piccole dimensioni di gran parte del materiale proposto hanno, il più delle volte, costretto lo spettatore a puntare il naso contro il vetro delle cornici.

Nelle prime foto Henri Cartier-Bresson cattura manichini in vetrina, cimeli inerenti a merci di vario tipo, insegne di vecchi negozi. Poi parte per l'Africa. È il 1930 quando fotografa il ritmo della vita africana, col preciso intento di non scivolare nell'esotismo. Immortala gli scaricatori di porto e i bambini per strada. Di ritorno dalla Costa d'Avorio abbraccia la visione della nuova Bauhaus e la fotografia si fa più astratta lasciando spazio alle figure geometriche. A Madrid nel 1933 realizza uno scatto dove un uomo vestito di nero, con cappello ed ombrello, cammina lungo una via e per caso la sua figura si inserisce in un cerchio bianco stampato su un cartellone pubblicitario sullo sfondo. È questa la "coalizione istantanea": uno "schermo", uno sfondo che per sua natura risulta già interessante e dove i passanti divengono prede inconsapevoli. Una parte della composizione creativa è lasciata al caso e l'abilità del fotografo sta tutta nel cogliere l'istante decisivo. Dietro la stazione di Saint-Lazare, Henri trova uno specchio d'acqua per terra. Su di esso una scala e due semicerchi. Di corsa arriva un passante, la cui ombra si scaglia nell'acqua e pare danzare. Una commistione tra immagini esplosive e fisse, animate e ferme.

Poi è il tempo dell'erotico velato: alcuni oggetti stimolano proiezioni e domande (cosa si nasconderà dietro quella tenda?). Con i sognatori diurni Cartier-Bresson pare dire: "Forma i tuoi occhi, chiudendoli". I protagonisti di questi lavori hanno appunto gli occhi chiusi e sono accostati a degli elementi che, di fatto, ne rappresentano le proiezioni mentali.

Nel 1936 Henri lavora per la stampa comunista ed ha inizio il suo impegno sociale. Con la sua macchina fotografica dà volto alla povertà.

È straordinario il reportage che Cartier-Bresson fa il giorno dell'incoronazione di Giorgio VI a Londra nel 1937. Soggetto sono gli spettatori che assistono al passaggio di sua maestà. Qui dà conferma a quanto sosteneva Foucault, cioè che è la posizione dei corpi nello spazio e l'uso di dispositivi ottici a provocare situazioni di potere. Quindi, ad esempio, sembra regina una donna imbellettata, issata sulle spalle di due uomini, per meglio osservare il sovrano.

Negli anni '40 il fotografo francese si dedica prima al cinema e poi ai reportage. Nel '48 assiste ai funerali di Gandhi e nel '63 va a Cuba dopo la crisi dei missili. È di questo periodo un'immagine presente alla retrospettiva romana dove vi sono tre uomini, che parlano tra di loro e una donna che punta gli occhi all'obiettivo. Sono sull'uscio di un negozio e tutti in uniforme. Lo sguardo della donna è compenetrante e sensuale, in perfetto contrasto con l'abito che indossa.

Tra il 1944 e il 1961 Henri Cartier-Bresson si dedica ai ritratti su commissione. È fondamentale per lui rappresentare il personaggio nell'essenza di ciò che è. Perciò il filosofo Jean-Paul Sartre è catturato mentre attraversa un ponte in mezzo alla nebbia con una pipa in bocca, il viso inquadrato negli occhiali tondi e uno sguardo pensieroso: scruta l'obiettivo ma è come se non vedesse nulla.

Negli anni '50, quelli del boom economico, analizza il rapporto fisico che si instaura tra l'uomo e la macchina, senza alcun intento di denuncia, glorificazione o spiegazione.

Nel '900 le immagini sono diventate vettori essenziali della politica e questo Cartier-Bresson lo sa molto bene. Ovunque vada segue i segni ostentati del potere. Non servono fotomontaggi quando, ad esempio, scatta nel 1973 una foto alla statua monumentale di Lenin al Palazzo d'Inverno a Leningrado (oggi San Pietroburgo): nell'immagine appare anche un passante che tiene per mano un bambino e che pare una formica di fronte al gigantesco uomo politico russo.


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