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Hippocampus M 21th di Alexander Fennert

Creato il 28 marzo 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2014
  • Durata: 70'
  • Genere: Horror
  • Nazionalita: Germania
  • Regia: Alexander Fennert

Ossessioni, erotismo, sangue, follia, feticismo. Nella danzante messa in scena  delle allucinanti perversioni che caratterizzano Hippocampus M 21th traspare l’evidente desiderio dell’opera di esaltare le immagini, la fisicità delle scene, degli attori e la malsana atmosfera.  Hippocampus M 21th, del fantomatico regista alemanno Alexander Fennert, si presenta fin da subito come un’opera pronta a distinguersi nel ristagnante panorama del cinema di genere, un film diretto, claustrofobico, un lavoro che richiederà un’attenzione particolare, proprio grazie a quella forsennata visceralità estrema che si allaccia all’universalità del torbido presente, sotto diverse forme, in ognuno dei sei episodi dell’opera, scanditi semplicemente dal numero di un appartamento.

L’opera sceglie, coraggiosamente, la via del linguaggio non verbale, concentrandosi e crogiolandosi, come già accennato, sulla morbosità delle atmosfere, sui particolari, sui corpi, sulle espressioni degli attori, mentre la macchina da presa volteggia ed indugia fra e su di essi, a tratti con fare quasi maniacale, ma mai stancante, mostra e suggerisce, inquieta e sconcerta, affascina e intrattiene, probabilmente proprio tutto ciò che quest’opera si era prefissata di fare. Il tutto viene messo in intelligente contrasto con la “sacralità” di alcune delle più famose opere classiche, ogni episodio è infatti accompagnato, per intero, da un potente brano di musica classica, in una sorta di azzeccato contrappeso alle perverse inquietudini umane mostrate; si, perché nonostante la controversa facciata, attraverso la quale il film si palesa, vi è molto di umano nella crudezza delle immagini, ogni storia mostra una certa enfasi prettamente umana, adornata da sottili, inquietanti debolezze, quelle debolezze che esplodono sotto forma di allucinata ed allucinante perversione, un vero e proprio sfogo psichico ed emotivo di una morbosa fauna urbana, cruento di certo, eppure volto ad una sorta di personale piacere. Anche nelle scene più crude o nelle inquadrature più palesi si cerca di enfatizzare un certo animalesco, disturbato e disturbante aspetto umano, spiazzante ma pur sempre emozionale. Inoltre, attraverso i sei episodi, traspare una divertita libertà espressiva e il carosello di atrocità feticistiche viene proposto con compiaciuta leggiadria, senza edulcorazione alcuna, tutto procede senza fermarsi fino ad arrivare al culmine, deliziando anche lo spettatore più smaliziato, abituato ad un certo esplicito tipo di cinema.

Difficile, infine, relegare Hippocampus M 21th ad un genere vero e proprio, nonostante sia palese la derivazione artigiana di un certo cinema di genere, il film è un dichiarato omaggio al lavoro del regista Rino Di Silvestro e non è un vero horror, non è uno splatter, nonostante i voluti ammiccamenti, nè un film dichiaratamente erotico, probabilmente si avvicina più ad un exploitation d’eccezione, all’interno del quale risulta facile racchiudere tutti questi generi; ci si avvicina anche per via di alcuni limiti produttivi, espressi dall’evidente “low budget” e dalla fotografia a tratti troppo fredda ed impersonale, a causa forse dell’ancora imperfetto uso del digitale, ma che nonostante tutto risulta impossibile non apprezzare domandandosi, non senza una punta di rammarico, dove potrebbe essere ora il cinema nostrano, se solo si avessero avuti la forza e il coraggio di continuare a valorizzare questo genere di progetti bizzarri, estremi e barocchi, invece di ghettizzarli.

Simpatica anche l’idea di celare tutto il cast, sia artistico che tecnico, sotto vari pseudonimi, in perfetta sintonia con il cinema bis di un tempo al quale sarebbe davvero ora di donare una nuova prolifica vita.

Manuele ‘Bisturi’ Berardi


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