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Hit and Run, Mercury

Creato il 09 luglio 2014 da Media Inaf
Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

La formazione del pianeta Mercurio è uno dei quesiti che caratterizzano la ricerca astronomica. Infatti, diversamente dagli altri pianeti rocciosi, quali Venere, la Terra e Marte, Mercurio ha presenza di ferro che rappresenta il 65% della sua massa, contro il 32% della Terra.

Secondo un articolo pubblicato lo scorso 6 luglio su Nature Geoscience, questa ‘anomalia’ sarebbe frutto di collisioni avvenute durante la fase di formazione del sistema planetario solare. Ma le ipotesi fin qui avanzate, come quella di un grande impatto che ne avrebbe prodotto la formazione, poco si accordano con il fatto che strappata via gran parte della crosta e del mantello, sia rimasta una consistente presenza di elementi volatili (elementi facilmente vaporizzati o composti, come acqua e zolfo). Mercurio, infatti, ha più elementi volatili di quanto ne abbia la Luna e secondo gli autori dell’articolo Erik Asphaug dell’Università Statale dell’Arizona e Andreas Reufer dell’Università di Berna, questa anomala composizione di Mercurio ma si accorda con l’ipotesi del grande impatto.

I due ricercatori hanno sviluppato una nuova ipotesi, che Mercurio si sia formato da successivi impatti di “striscio” con altri corpi del sistema protoplanetario. Una sorta sorta di “colpisci e corri” che ha portato alla parziale perdita del mantello a beneficio dei pianeti Venere e Terra. Secondo gli autori dello studio all’inizio del processo di aggregazione vi erano una ventina di corpi che in gran parte hanno formato Venere e Terra, con Mercurio e Marte che avrebbero “scampato” il processo di aggregazione prodotto dall’impatto con altri corpi.

Questa nuova ipotesi meglio si accorderebbe con la significativa presenza di metallo e di elementi volatili. E spiegherebbe dove sia finito il mantello mancante di Mercurio. E altresì vero che questa nuova ipotesi non si accorda con l’opinione diffusa che i pianeti si siano formati dall’aggregazione di corpi una volta che entravano in collisione, ma gli autori ribattono che la formazione dei pianeti non rappresenta un processo regolare, quanto piuttosto casuale, tale quindi, in casi rari, che il processo si interrompa prima del suo completamento, fatto che varrebbe per Mercurio e Marte.

Non resta allora che attendere il via della missione dell’Agenzia Spaziale Europea, Bepi Colombo, il cui lancio è previsto per l’anno prossimo.

 

Fonte: Media INAF | Scritto da Redazione Media Inaf


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