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Hockey Ghiaccio: Anna e Sissi, il sogno olimpico dieci anni dopo

Creato il 18 febbraio 2016 da Sportduepuntozero

“Sei in squadra. Giocherai le Olimpiadi”. Chissà come suona questa frase nella testa di un atleta; chissà che effetto fa leggere il proprio nome sulla lista dei convocati che vestiranno la maglia della nazionale ai Giochi. Anna De La Forest e Silvia “Sissi” Carignano hanno provato questa sensazione; oggi, a distanza di 10 anni, faticano a spiegarla a parole. La loro storia olimpica comincia di prima mattina, il 26 dicembre del 2005. Anzi, inizia molto prima, in quel giorno degli anni ’90 in cui decidono che lo sport della loro vita sarà l’hockey su ghiaccio.

Silvia segue le orme del fratello e inizia a pattinare a Torre Pellice. Anna pratica già pattinaggio di velocità su strada, ma con la scuola scopre un nuovo gioco; deve però attendere un anno prima di intraprendere l’hockey, giusto il tempo di convincere la mamma che, in fondo, non è uno sport così violento. Crescono nei vivai di Valpe e Draghi, poi nel 2002 si incontrano per la prima volta, giocando con la maglia dell’All Star Piemonte.

Amicizia e intesa in pista nascono spontanee. Meno di un anno le separa all’anagrafe e sul ghiaccio sono accomunate dall’istinto per il gol; non solo, quando una segna, di solito è l’altra a servire l’assist. Nel mentre Sissi è entrata in nazionale e Anna la segue a ruota nella stagione successiva. È il 2003 e si sa da tempo che tra tre anni Torino ospiterà i Giochi Invernali. La squadra azzurra è sicura di partecipare in quanto paese ospitante e regalerà all’Italia la prima Olimpiade in assoluto per quanto riguarda l’hockey femminile.

Un appuntamento con la storia che nessuno vuole mancare. A novembre del 2005 si gioca sotto la Mole un torneo amichevole con altre nazionali europee e il giorno di Santo Stefano un gruppo di trenta ragazze si raduna a Vipiteno per iniziare un lungo collegiale, che dopo varie selezioni deciderà la lista delle “olimpioniche”.

“Sapevamo di giocarci una possibilità unica” raccontano oggi Silvia e Anna, “in gruppo andavamo d’accordo, ci allenavamo tutto il giorno e ci divertivamo, ma ognuna di noi era ugualmente un po’ tesa per la paura di essere esclusa”.

Nei primi giorni di febbraio il team azzurro è a Torre Pellice per le ultime rifiniture. Le due “gemelle del gol” torinesi sono ancora in rosa e di lì a poco saranno sicure di rimanerci fino a fine mese; Sissi con il numero 18 (oggi tatuato sul braccio insieme ai cinque cerchi), Anna con il 25. “Non abbiamo realizzato subito la cosa” ricordano, “forse eravamo troppo giovani, incoscienti ed eccitate. Abbiamo iniziato a rendercene conto nei giorni successivi ed è stata un’emozione dietro l’altra”.

18enne Sissi, non ancora maggiorenne Anna, si ritrovano così nel tunnel che porta dentro lo Stadio Olimpico. I ricordi affiorano un po’ appannati ma in grande quantità. “Dal campo non si vedevano le tribune, tanta era la luce. Sentivamo soltanto l’entusiasmo delle migliaia di persone presenti alla Cerimonia di Apertura. Intorno a noi c’erano i campioni italiani più famosi, da Rocca a Fabris, da Zoeggler alla Kostner. Lo staff ci chiese di non scattare fotografie durante la sfilata, ma dopo pochi metri abbiamo tirato fuori le fotocamere”.

“Già il giorno prima, varcare la soglia del villaggio olimpico fu semplicemente incredibile, a partire dalla consegna delle divise” proseguono, “nelle due settimane dei Giochi eravamo ovviamente in camera insieme e spesso giravamo chiedendo qualche foto ai giocatori di hockey più famosi. Un giorno, poi, abbiamo anche visitato il villaggio di Sestriere, mentre una sera siamo state a casa Italia”.

A Torino l’Italia gioca cinque incontri. I primi due contro Canada e Svezia, oro e argento alla fine del torneo. “All’esordio giocammo al Palaisozaki contro le canadesi, le più forti al mondo. A un minuto dalla fine tutto lo stadio si alzò in piedi per cantare l’inno. Due partite più tardi, a Torino Esposizioni contro la Russia, Sabina Florian segnò il primo gol della nostra nazionale alle Olimpiadi; chissà come si sarà sentita, ma a giudicare da quello che abbiamo provato noi non dev’essere stata una brutta sensazione”.

I 16 giorni dei Giochi volano via in un soffio e la sera del 26 febbraio Sissi e Anna si ritrovano di nuovo all’Olimpico, questa volta per la Cerimonia di Chiusura. “Il giorno successivo fui interrogata di storia alla prima ora” ricorda Anna, “e poco tempo dopo sul giornalino della scuola comparve un articolo su di me, con tanto di foto. La mia classe era anche venuta a vedere una partita”.

“Eravamo delle celebrità” le fa eco Sissi con una battuta, “io nonostante la mia timidezza fui persino costretta a raccontare la mia esperienza olimpica davanti a tutti”. “Impiegammo un po’ a ‘tornare sulla terra’” concludono, “del resto avevamo passato due mesi in raduno tornando a casa soltanto nei week end, inseguendo il sogno che qualunque sportivo porta con sé. Le Olimpiadi ci avevano ‘svuotato’ ma ci avevano regalato un’esperienza indimenticabile”.

Le parole di Anna e Sissi nascondono un pizzico di nostalgia, ma sono vere, piene di sorrisi, di entusiasmo e di passione. La stessa con cui ancora oggi giocano a hockey, con cui si allenano la sera dopo un’intera giornata di lavoro. Con i Draghi hanno vinto quasi tutti i campionati di inline da quando questo viene organizzato. Dopo qualche stagione al Real Torino le loro carriere sul ghiaccio si sono separate, ma quest’anno sono tornate a indossare la stessa maglia, quella dell’HC Torino Bulls; hanno ritrovato un’intesa mai persa, sia dentro che fuori dalla pista. Difficilmente torneranno a giocare un’Olimpiade, ma forse è meglio così, perché il ricordo di Torino 2006 potrà rimanere davvero unico.


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