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Hungry Hearts: Cuori Affamati da Sfamare

Creato il 02 febbraio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Hungry Hearts: Cuori Affamati da Sfamare

Una cena tra vegani, vegetariani e onnivori in un ristorante mezzo vegetariano e mezzo vegano può trasformarsi in un dibattito acceso sul cinema che divide la tavola in più gruppi, con la tacita certezza che il titolare del locale ha ben memorizzato le nostre facce per non farci entrare mai più. Il tema del "confronto" cinematografico è stato il vedere o il non vedere Hungry Hearts di Saverio Costanzo.

La nostra realtà quotidiana ci mette davanti a una serie di stereotipi alimentari difficili da bypassare a causa dell'ottusità di chi crede di nutrirsi rispetto agli altri nella maniera più corretta. Fare un film sul veganesimo, che come scelta sta conquistando sempre più gli italiani, è probabilmente azzardato soprattutto se la pubblicistica inerente alla pellicola lo accosta alla follia. Gli amici vegani alla tavola, informati erroneamente da TV e web (ma questo l'ho scoperto dopo), si sono quasi rifiutati di volerlo vedere, io che sono "solo" vegetariana sono andata con tanta curiosità e tanta attesa che la presentazione alla 71esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia mi aveva messo addosso. Il film si ispira al romanzo Il bambino indaco (Einaudi) di Marco Franzoso, e sullo schermo vestono i panni dei protagonisti Mia e Jude, Alba Rohrwacher e Adam Driver, entrambi vincitori della Coppa Volpi per le loro interpretazioni (meritatissima).

L'incipit è quasi imbarazzante perché Mia e Jude si incontrano nel minuscolo bagno di un ristorante cinese newyorkese dove restano chiusi contemporaneamente dopo che lui ha avuto qualche profumato problema intestinale. L'amore attecchisce nei modi più assurdi e questo è uno dei casi. Mia e Jude fanno coppia fissa, lei resta incinta e per caso finisce nello studio di una cartomante che le predice il futuro indaco - speciale - del suo bambino. Da lì a breve la scelta di un'alimentazione vegana e uno stile di vita il più naturalistico possibile vanno a cozzare con una serie di problemi durante il parto ma soprattutto dopo la nascita del bambino. Mia sceglie di crescere suo figlio (che non ha un nome per tutta la durata della pellicola) secondo le teorie vegane mal interpretate senza rendersi conto che il bambino ha difficoltà nella crescita. Ma a questo va ad aggiungersi una sorta di ideale purista che fa evitare ogni possibile contatto del bambino con il mondo esterno, evitando così ogni contaminazione con l'universo al di fuori del suo appartamento igienizzato. Sarà il marito ad uscire il figlio di nascosto per sottoporlo al giudizio di un medico, a nutrirlo nelle chiese vuote con derivati animali per permettergli di crescere. Fino ad un epilogo finale esplosivo quanto angosciante.

Ho voluto raccontarvi un po' più di trama rispetto a quella che è possibile rintracciare online per sottolineare che il lungometraggio è sì irritante ma non punta il dito contro una scelta alimentare quanto contro una follia fobica che può scaturire dalla ricerca di purezza e incontaminazione.

Mia diventa senza volerlo la carnefice del proprio figlio, non è più l'eterea ragazza dell'inizio del film, diventa inconsapevolmente un mostro. È però l'amore il motore della storia, Jude ama Mia in maniera incondizionata, cerca di assecondarla e comprenderla. Il suo tentativo di cercare di avere tutto sotto controllo fidandosi di lei e delle sue capacità è un'evidente forma di amore e non di debolezza. Gli eventi che si susseguono nel finale (che non svelo) sono sempre impregnati di un sentimento puro, sarebbe troppo facile odiare chi vuole uccidere il tuo bambino.

Costanzo, dal canto suo, ci racconta una storia che con i "neri" (frutto di frequenti dissolvenze che lasciano lo schermo senza immagini) punteggia cronologicamente l'andare avanti della trama, incupendola. Aggiunge poi riprese distorte e lenti deformanti che fanno entrare lo spettatore dentro l'opera, rendendolo ancora di più partecipe di una storia a cui probabilmente non vuole appartenere. Le musiche di Nicola Piovani, poi, richiamano il ritmo del thriller di cui è imbevuta la pellicola donando un senso di suspense in più. È sicuramente angosciante, è assolutamente disturbante ma per la magistrale regia e la bravura degli attori credo di poterlo considerare uno dei migliori film - soprattutto tra gli italiani - visti negli ultimi mesi. Amici vegani, compagni vegetariani, senza nessuna remora: andate a vederlo.


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