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I bambini e gli usi non letterali del linguaggio.

Da Jessi

Ricordo piuttosto chiaramente che da piccola rimanevo sempre molto perplessa quando un adulto, per invitarci a mettere a posto o a rispettare delle regole, diceva a noi bambini: “Dove non ci sono regole, non ci sono frati”, un modo di dire tipico delle nostre zone. Restavo molto perplessa e mi chiedevo cosa dovesse importare a me di questi frati che stavano solo dove c’erano delle regole. Capivo che la cosa mi doveva interessare, ma non capivo in che modo.

I modi di dire rientrano tra gli usi non letterali della lingua, quelli (e non sono pochi) per cui l’esperienza conta più delle regole (di nuovo loro!!). Uno studio piuttosto recente ha fatto un’analisi molto interessante che provo a riassumere.

Sono stati coinvolti nell’esperimento 3 gruppi di 20 bambini, 10 femmine e 10 maschi ciascuno, divisi per età: il gruppo dei sei, degli otto e dei dieci anni. A questi bambini è stato chiesto di fare una specie di videogioco in cui dovevano scegliere il finale di una storia. Ad ogni storia venivano proposti due finali diversi, uno con il significato letterale e uno con il significato non letterale, cioè quello ‘giusto’ secondo il linguaggio dei grandi.

Qual è stato il risultato? Che ci sono delle forme non letterali che iniziano ad essere capite a sei anni e altre che sono ancora poco chiare a dieci anni.

Vediamo qualche esempio delle storieusate per l’esperimento.

La situazione che si è rivelata la più semplice per tutti i bambini dello studio è la seguente. Paperino chiede a Paperina se può usare il tagliaerba in giardino e lei gli risponde che i nipotini stanno dormendo. Apparentemente, Paperina non ha dato una risposta pertinente, non ha detto né sì né no, però tutti i bambini di dieci anni, 19 di quelli di otto e 15 di quelli di sei anni hanno capito: Paperino non può usare il taglaierba perché potrebbe svegliare i nipotini, perchè il tagliaerba è rumoroso. Tuttavia, un quarto dei bambini di sei anni accetta che Paperino usi il tagliaerba. Saranno rimasti forse con il dubbio di cosa volesse dire Paperina parlando dei nipotini, ma non hanno risolto il puzzle.

In un’altra storia, Minnie è sdraiata sul divano, si sente poco bene e dice a Topolino che sente dell’aria fredda venire dalla finestra. Per i ¾ di tutti i bambini, questa di Minnie è una richiesta indiretta di chiudere la finestra. Restano, tuttavia, circa ¼ dei bambini di tutti i gruppi per i quali Minnie ha soltanto freddo e Topolino potrebbe allora decidere di accendere il riscaldamento. Lasciando invece aperta la finestra.

Finora, come abbiamo visto, anche se ci sono delle difficoltà, la maggior parte dei bambini sembra in grando di capire questi due tipi di uso non letterale del linguaggio, quello cioè basato su un collegamento semantico (“I nipotini dormono”) e quello della domanda indiretta (“Entra aria fredda dalla finestra”). Facciamo due esempi dello stesso tipo ma più comuni nel linguaggio quotidiano. I piccoli di casa fremono per uscire, ma la mamma dice che deve fare una telefonata importante: per i bambini, soprattutto i più piccoli, che chiedono “Usciamo?” sentirsi dire “Devo fare una telefonata” potrebbe non equivalere ad un “no”, e potrebbero restare sulla soglia perchè per loro la storia finisce con la vignetta in cui tutti sono al parco a giocare! La richiesta indiretta è una richiesta educata, un po’ formale anche, che può presentare dei rischi. In una classe di prima elementare la maestra che chiede di fare silenzio dicendo soltanto “C’è troppa confusione” potrebbe dover faticare ancora a lungo, prima di vedere i bambini seduti e in silenzio. Dopo i sei anni, tuttavia, un numero crescente di bambini sarà in grado di capire queste due forme.

Proseguendo, lo studio presenta due tipologie di discorso non letterale che risultano molto più difficili per tutti i gruppi.

Zio Paperone non fa altro che parlare di soldi. Paperino si è stufato e gli dice: “Cambia disco!” Sedici tra i bambini di dieci anni scelgono la vignetta in cui Paperone cambia discorso, cioè parla d’altro, ma solo quattro tra i tra bambini di sei anni e solo nove tra quelli di otto fanno questa scelta. Per tutti gli altri, 17 tra i più piccoli, 11 tra i mezzani e 4 tra i più grandi, il finale corretto è quello in cui lo zio Paperone va a cambiare disco nel giradischi.

Ma il difficile deve ancora venire.

Topolino è al mare con Minnie. Fa molto caldo e il sole è alto nel cielo. Minnie, prima di andare a fare il bagno, chiede a Topolino se vuole che gli apra l’ombrellone. Lui risponde sarcastico “No, che mi piace prendermi un’ustione!” Se Topolino avesse davvero con sé dei bambini piccoli e non la comprensiva Minnie, per quarantasette bambini su sessanta Topolino potrebbe prendersi l’ustione che gli piace così tanto!

Pensando ad esempi di uso comune, “Cambia disco” forse lo diciamo spesso, ricordiamoci che potrebbe crearci qualche problema! Potrebbe, inoltre, anche succederci di rispondere, ad un bambino che chiede se deve prendere l’ombrello in un giorno di pioggia battente “No, vai, così ti fai una bella doccia!” Quando sente questo tipo di frase, di solito segue qualche secondo di imbarazzo da parte del bambino e poi il genitore lo incalza con un chiarimento “Corri a prenderlo!”

Questo studio in sintesi, e in accordo con altri, si trova conferma della difficoltà che possono avere i bambini con le forme non letterali del linguaggio. In particolare, in questo studio, sono state identificate difficoltà diverse, alle diverse età, con i collegamenti semantici (“I nipotini dormono”), le richieste indirette (“Entra aria fredda”), le espressioni idiomatiche (“cambia disco”) e il sarcasmo (“Mi piace prendermi un’ustione”).

 Nello studio non si danno consigli per parlare con i bambini.

Spesso, nei siti per genitori, si suggerisce di non usare mai queste forme, anche se, in questo modo, potrebbe esserci il rischio di non guidare i bambini agli usi in cui poi effettivamente si troveranno immersi. Una proposta sensata è sempre quella di lasciarsi un po’ guidare da loro, di valutare se hanno capito o meno, di fornire degli esempi complessi nel discorso, ma di rivolgersi direttamente a loro nella forma più chiara possibile- soprattutto se non vogliamo che escano senza ombrello sotto la pioggia battente!

Ci sono delle forme che vi danno più problemi nella comunicazione con i bambini? Questi esempi corrispondono alla vostra esperienza?

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Fonte principale

Nonliteral language forms in children: In what order are they acquired in pragmatics and metapragmatics? Journal of Pragmatics Volume 39, Issue 12, December 2007, Pages 2115–2132

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