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I contratti che animano la Cgil

Da Brunougolini
Sono iniziati i dibattiti congressuali nella Cgil. Protagonista, a differenza di altre organizzazioni, di una dialettica vivace, pur non sempre chiaramente visibile. Non sarà, ad ogni modo, un congresso di anime morte, una mera contrapposizione tra gruppi dirigenti, bensì un confronto di idee e di proposte capaci di incidere nel cuore di una crisi economico-sociale preoccupante. Intrecciato all’obbligo di non star fermi (uno sciopero generale è probabile si tenga il 12 marzo).
Tra i temi che emergono: la vicenda dei contratti di lavoro, dopo la spaccatura sul “modello contrattuale” varato un anno fa con l’ostentato favore del centrodestra. Ora si fanno i primi bilanci. Uno studio accurato, a cura di Maurizio Benetti e Gabriele Olini, è apparso sul quotidiano della Cisl “Conquiste del lavoro”. Qui si sostiene, a premessa, che le nuove regole stabilite sono diverse ma compatibili e non drammaticamente distanti da quelle del 1993.
Anche “Rassegna sindacale”, il settimanale della Cgil, ha condotto un’analisi, attraverso un’intervista con Susanna Camusso, segretaria confederale. C’è giudizio positivo nei confronti dei contratti già conclusi unitariamente da alimentaristi, cartai, telecomunicazioni, lavanderie industriali. I risultati, dice la Camusso, non sono coerenti col modello separato. Ciò non è stato possibile con i metalmeccanici, per una volontà pregiudiziale di Fim e Uilm. Un giudizio critico è invece espresso nei confronti dell’intesa raggiunta dai chimici.
La Camusso prende atto dell’inesistenza di una formale assunzione del modello contrattuale separato. Sono però presenti due scelte, l’ente bilaterale aziendale di sostegno al reddito e l’idea di costruire una proposta su conciliazione e arbitrato, sulle quali era sorto il dissenso della Cgil. Il timore è che certe soluzioni adottate non aiutino la possibilità di ridefinire, in futuro, un nuovo modello contrattuale unitario. I chimici dal canto loro, attraverso il segretario generale Alberto Morselli, hanno risposto (intervista al “Diario del lavoro”) sostenendo tra l’altro che l’alternativa era quella di non avere un contratto unitario e poi trovarsi di fronte al problema di rientrare. E aggiungendo che non si può rispondere alla centralizzazione prevista dal modello separato con un’opposta centralizzazione.
Una vicenda che, in definitiva, ripropone il tema non nuovo della cosiddetta “confederalità”. Ovvero di quale deve essere il ruolo della Confederazione rispetto alle categorie. E che ripropone il tema di come ricostruire l’unità tra i sindacati. Una provocazione interessante viene dal Trentino. Qui un ex dirigente della Fiom Sandro Schmid ha proposto di costruire dal basso un nuovo sindacato unitario e autonomo. “Il coraggio di un sogno per cui valga la pena riprendere l’entusiasmo, la voglia di stare assieme, di sperare e di lottare per nuove conquiste del mondo del lavoro…”.

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