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I corpi delle donne

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I corpi delle donne

foto:flickr

 

Oggi vi vogliamo parlare di donne. Donne che muoiono di anoressia, di rifiuto del proprio corpo e della vita. Donne che invece col proprio corpo, normale e non striminzito in taglie fantascientifiche, convivono e vivono, come modelle o attrici. Donne (sempre più frequentemente anche uomini) sbattute in prima pagina o nel prime time televisivo per la loro bellezza vera o presunta e - quel che è peggio - completamente slegata da qualunque tipo di capacità. Donne che sul corpo delle donne hanno avviato un dibattito che inizia a risvegliare qualche coscienza. Nessuna notizia dell'ultim'ora, niente scoop nè gossip, semplicemente il tentativo di allineare storie diverse raccontate attorno allo stesso fuoco.Isabelle Caro era una modella francese, morta a soli 28 anni lo scorso 17 novembre dopo una vita segnata dalla lotta contro l'anoressia nervosa, malattia che l'aveva colpita fin dall'età di 13 anni. La Caro che nel momento peggiore della malattia, nel 2006, era arrivata a pesare 25 chili per 1,65 di altezza era diventata molto nota per aver posato nel 2007 per una controversa campagna pubblicitaria contro l'anoressia promossa dal brand italiano No-l-ita e dal fotografo Oliviero Toscani. Toscani aveva fotografato Isabelle nuda in tutta la sua angosciante magrezza suscitando le reazioni più disparate, dagli applausi alle reazioni volgarmente indignate del gotha della moda a chi aveva parlato di pornografia della malattia a chi, come il "Corriere della Sera" aveva rifiutato la pubblicazione delle foto, infine censurate anche dal Garante della Pubblicità. Spenti i riflettori del caso mediatico, di lei e della sua battaglia per tornare a vivere si erano perse le tracce fino alla notizia della sua morte, comunicata solo lo scorso 29 dicembre.La malattia di Isabelle aveva radici profonde, come lei stessa aveva spiegato nella sua biografia: nata da una relazione extra coniugale della madre con un noto artista francese particolarmente efebico, era stata cresciuta per assomigliare il più possibile al suo padre biologico esasperando la sua costituzione gracile, fino alla segregazione in casa perchè "l'aria fa diventare grandi". Questo trascorso drammatico dell'adolescenza di Isabelle Caro era stato usato pretestuosamente per sminuire ogni possibile relazione tra anoressia e mondo della Moda. Come ricorda efficacemente il Corriere della Sera on line, Roberto Cavalli aveva detto: "Facile additare la moda per colpe più grandi di quelle che ha". A stretto giro era arrivata anche la sentenza di Dolce&Gabbana: "Finalmente qualcuno dice la verità sull'anoressia, cioè che non è un problema della moda ma un problema psichiatrico". Poi, la morte. E ora, intervistato da "Repubblica", Toscani parla di una donna "molto malata...non l'ho più vista dopo quel servizio". Una modella come tante, un incontro di lavoro, in fondo un'interiezione. D'altra parte la moda non può spianare la strada all'anoressia, la moda non uccide, come i produttori di tabacco e i narcos non sono responsabili dell'uso che i consumatori fanno dei loro prodotti. Amen.Altro giro altra corsa, da morte a risurrezione. Quella di Crystal Renn, modella statunitense passata attraverso l'anoressia per approdare ad un ruolo di prima grandezza nel mondo della moda "ufficiale" nonostante la sua taglia 46. Una bella storia, fatta di determinazione e un pizzico di fortuna. Crystal Renn viene notata da un agente a soli 14 anni: "Hai un viso perfetto - le dice - ma per lavorare nel mondo della moda devi perdere almeno 20 chili". Crystal lo prende in parola e intraprende una dieta durissima a base di lattuga condita da 8 ore al giorno di palestra. I risultati arrivano, ma con essi anche i problemi di salute. Crystal però capisce subito che deve dare una brusca sterzata alla sua vita per sopravvivere: riprende alimentazione, stile di vita precedente e....35 chiletti che la trasformano in una 46. La Renn non si perde d'animo, torna in agenzia: all'inizio solo scetticismo e proposte per "taglie forti", poi l'incontro con il fotografo Steven Meisel, la copertina di Harper's Bazar, le sfilate per Gaultier e Lagerfeld. Ora Crystal Renn è una delle modelle più pagate al mondo, donna di successo e autrice di un libro dal titolo eloquente ("Hungry", affamata). Le ultime cronache danno la Renn rientrata oggi verso una taglia 42, come si legge anche sul "Daily Mail", ma la sua storia resta comunque emblematica e fonte di positive ispirazioni, forse un segnale che qualcosa sta cambiando anche nell'ingessatissimo mondo della moda. La moda è arte, l'arte è bellezza, ma la bellezza è armonia, non necessariamente magrezza e corpi spigolosi. Qualcuno inizia a comprenderlo, altri no, come lo stilista Julien MacDonald (leggete qui), forse perchè vestire donne manichino toglie attenzione sull'indossatrice e mette in risalto gli abiti, oltre che essere oggettivamente più semplice. Altri ancora sembrano folgorati sulla strada di Damasco più per convenienza che per reale convinzione, dato che in fondo le donne "reali" sono la stragrande maggioranza delle compratrici. Ciononostante alcune cose ovvie vengono spacciate per rivoluzioni, la Renn stessa che è tutto fuorché grassa viene ancora dipinta come una modella plus size (cioè da taglie forti), lo stesso Vogue, bibbia della moda, presenta sul suo sito una sezione "Curvy" destinata a modelle nè grasse nè magrissime. Le intenzioni sembrano buone, profumano di apertura, in realtà si concede ancora troppo spazio all'idea che donne normalmente belle siano particolari, quasi diverse, da ghettizzare in apposite categorie. Qui non si tratta di definire ciò che è normale e ciò che non lo è, ma semplicemente di smontare il concetto di bellezza come valore oggettivo, cristallizzato e immutabile: si può essere belle anche in taglia 44 o 46, chi ha deciso che il modello, il valore di riferimento del bello debba imprescindibilmente ed unicamente essere quello proposto da modelle semi-trasparenti.In televisione e anche negli altri media invece si assiste ormai da anni ad un altro fenomeno: la sovraesposizione del corpo femminile, spesso privato di una qualunque essenza, aspirazione e capacità. Sovraesposizione (la donna nuda in copertina di settimanali generalisti tanto per vendere qualche copia in più) che a volte sconfina nell'umiliazione, come la donna oggetto sotto la scrivania egregiamente interpretata da Flavia Vento nella trasmissione "Libero" di Teo Mammuccari. L'avvenenza può essere certamente una qualità, ma mai come in questi anni la si è scissa da qualunque altra capacità, inondando soprattutto l'etere di donne belle e basta oppure ridotte per copione a questo ruolo.Di queste ed altre problematiche si sta occupando con grande successo la giornalista Lorella Zanardo, che ha realizzato sotto lo stesso titolo un documentario, un libro ed un frequentatissimo sito web: "Il corpo delle donne". Al di là delle idee, peraltro in larga parte condivisibili,  espresse dalla Zanardo nel libro, edito da Feltrinelli (lettura consigliata) e nel documentario diffuso sul web (guardate qui), ciò che è più importante è aver creato una solida base per un movimento d'opinione che possa fungere da volano al cambiamento. Cambiamento che non dovrebbe solo vedere coinvolte donne (invece troppo spesso appiattite sull'attuale inseguendo magari sotteraneamente il modello-velina): ogni essere umano dotato d'intelletto ha il dovere di impegnarsi per una tv più a misura di uomini e donne. 


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