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I fantasmi di pietra/Nessuno torna

Creato il 11 dicembre 2010 da Mapo
Il viaggio di Corona finisce, con l'autunno, al finire della strada che attraversa il piccolo borgo. E' una strada stretta che si inerpica e termina in una specie di sentiero che entra nel bosco. Questo bosco, come dice l'autore, avvolge come un panno verde le ultime case di pietra, invase dalla natura che senza l'uomo in grado di domarla regna incontrastata. E' un'immagine nitida dell'abbandono e della solitudine che si deve respirare in questa città fantasma in cui in molti sono morti, annegati in quel 9 ottobre 1963 e gli altri, incapaci di continuare a vivere come prima, se ne sono andati verso altre città. Spesso per non tornare mai più.I fantasmi di pietra/Nessuno tornaErto, probabilmente, è solo un paese come tanti e, forse, senza questo e altri libri di discreto successo, nessuno lo conoscerebbe. Ma Erto è anche una metafora di una vita di tradizioni che se ne sta andando, via via dimenticata in questo mondo che guarda solo alla modernità. Gli antichi mestieri, l'uso delle mani, il rapporto con la natura, l'importanza della gente intorno: tutte cose che, nella società contemporanea che ci siamo costruiti sono solo un pallido ricordo e, forse, nemmeno quello.
"Il viaggio lungo le vie del vecchio paese sta per finire. Concluderlo con una casa il cui camino fuma gratifica l'anima, anche se so benissimo che una rondine non fa primavera. Speranza ce n'è poca di far rivivere i luoghi dell'infanzia, di salvare le case antiche, di sentir vociare i bambini lungo le stradine silenziose, abbandonate da quarantatre anni. Sui muri di una casa intonacata a calce, lungo la via centrale, ci sono delle frasi scritte dopo la fuga nella notte del Vajont. Dicon: "Vai che ritorni, ertano"; "Ertano, torna al tuo paesello ch'è tanto bello". Ma "nessuno torna" come disse l'amico Celio "a dare vita al lume". D'inverno, lungo le vie sepolte e misteriose, il manto bianco rimane intonso, il silenzio regna sovrano nelle notti infinite, e sui monti pieni di neve vigila triste la luna di nessuno, Vorrei che la vita rifiorisse in questo paese di fantasmi. Se noi saremo morti, il che è molto probabile, altri vivranno le quattro stagioni, sentiranno e vedranno quello che abbiamo già sentito e visto noi. Le primavere dei disgeli, i canti di galli forcelli, le estati senza tempo, i favolosi inverni che chiudono il paese nel pugno di ferro, gli autunni coi boschi arrugginiti, le foglie multicolori che danzano nell'aria, i venti giovani, taglienti come lame di rasoio, che tirano giù dalle vette le avvisaglie dell'inverno."

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