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I filtri emotivi e i propri vissuti

Creato il 06 giugno 2014 da Vortoj

Ho in bozza più di qualche post da pubblicare ma l’ultima settimana è stata davvero frenetica e non sono ancora riuscita a far ordine. Questa mattina però mi preme troppo esprimere i pensieri suscitati in me dalla tragedia di ieri accaduta a Seattle.

E’ inutile che io ripeta le banalità (?) di chi è contro il possesso delle armi negli Stati Uniti, perché tanto non se ne viene a capo. Questa, insieme a quella dell’assicurazione sanitaria, era una delle questioni che più mi preoccupava prima di trasferirmi qui. L’anno scorso avevo davvero paura, tanto da evitare luoghi affollati e centri commerciali, poi ovviamente qualcosa è scattato. Ti rendi conto che è la stessa cosa pensare ogni giorno di avere un incidente mortale in macchina (cosa che io sì, faccio ogni giorno…ma questa è un’altra storia), di essere investito, o morire in un incendio o terremoto. Insomma, le tragedie accadono ovunque e non sono prevedibili e di certo non si può smettere di vivere.

Ad ogni episodio del genere, in qualsiasi parte degli Stati Uniti avvenga (e non), ho sempre un sussulto. Non smetto di pensarci per giorni, non faccio altro che immedesimarmi in quelle persone e sto male. Ogni volta. Poi i giorni passano e tutto va avanti come al solito. Ovviamente.

Finché poi la tragedia non succede a tre km da casa tua, in un posto che senti familiare perché è un’università, non è quella  università per fortuna, non è quel campus dove porti il cane ogni giorno e dove tuo marito lavora. Sai benissimo che è successo ma poteva succedere qui, in una situazione perfettamente analoga. Così come è successo tante, tante volte.

Stamattina mi sono sfogata con il giro di amiche blogger con cui parlo ogni giorno su whatsapp; sono felice di aver conosciuto queste donne così intelligenti e sempre aperte al confronto. In particolare erolucy, se leggete il suo blog già sapete. Io e lucy siamo diverse sotto tantissimi aspetti e la vediamo in modo differente su tante cose, ma cerchiamo sempre di andar oltre, perché il confronto ci stimola, ci interessa, ci fa riflettere. Anche se poi alla fine non siamo d’accordo e rimaniamo ferme sulle nostre posizioni. Lei non ha mai paura di esprimere le sue opinioni e la maggior parte dei suoi post invitano sempre a riflettere e io…l’adoro.

Detto questo, la conversazione con lei ha acceso tanti pensieri. Il suo approccio (e quello di tanti altri expat) è quello di capire la logica dietro ogni stranezza culturale. Io questo lo accetto e lo ammiro perché a me ha richiesto tempo (come naturale che sia), le tappe dello shock culturale le ho percorse tutte e ora su quelle che a me appaiono stranezze riesco anche a riderci, a coglierne il significato, il motivo e a non giudicarle. E chi viaggia molto o va vivere in luoghi diversi sa che la diversità è sempre una risorsa.

Epperò. C’è qualcosa in cui mi sento di dire di essere estremamente limitata: mi rifiuto di comprendere e accettare la logica che c’è dietro alla facilità del possesso di armi negli Stati Uniti. Mi rifiuto di accettare il fatto che sia radicato nella cultura, e che in fin dei conti c’è questo benedetto secondo emendamento e tutto quello che ne sussegue…. Eppure innocenti continuano a morire e niente cambia. Perché? Lo sappiamo tutti che i veri motivi sono economici. E no, non accetto la ragione che risiede nella difesa personale. Potrebbero esserci delle regolamentazioni ben precise per diminuire il numero di morti ogni anno. E, ma magari mi sbaglio, mi sembra ci siano più vittime innocenti che muoiono per mano di squilibrati in possesso di armi che di episodi di vera difesa personale. (Il problema allora è l’alta incidenza di squilibrati? Eh ma non dategli le armi almeno!)

Perché io da expat devo sforzarmi di comprendere questa cosa che fa parte della loro cultura ma non mi sforzo di capire perché in Italia ci sono così tante cose sbagliate? E quasi nessun italiano espatriato lo fa. Si dice…non c’è giusto e sbagliato… c’è solo “è diverso”…? Quando una persona innocente muore è sempre sbagliato in qualsiasi parte di mondo sia. Punto. Non posso accettare o giustificare che un ragazzo (uno ..ma quanti ogni anno?) muoia perché era a scuola, all’università, in un mall o per strada, ucciso da chi possiede con facilità un’arma che chiaramente non sa gestire. E non lo accetto nè giustifico così come non giustifico chi non paga le tasse in Italia, le violenze sulle donne o…che dire della mafia? Pure quella è radicata nella cultura mi pare…

Sembra a volte che chi espatria si senta in dovere di rispettare e giustificare per forza il Paese che lo ospita, quando poi non lo ha mai fatto per il Paese dove è nato. Perché? E perché se si critica qualcosa si viene accusati di sputare sul piatto dove si mangia?

Proprio oggi ho letto un bel post di sopravvivere in India, lei si giustifica (e non dovrebbe) perché spesso in modo ironico si lamenta, critica o si sfoga…e perché non dovrebbe farlo? Come dice lei ogni espatrio è diverso, ogni storia di espatrio è differente. Ogni nostro vissuto è differente, aggiungo io.

I nostri vissuti e filtri emotivi chiaramente annebbiano i nostri giudizi. Io ho la “fortuna” di non aver alcun senza patriottico, di apprezzare solo il cibo, la moda e il patrimonio artistico italiano e nient’altro e di non avere nessun attaccamento di tipo affettivo per questa nazione dove mio malgrado sono finita. Non sono antiamericana per presa di posizione, semplicemente osservo quello che accade e mi faccio un’idea. L’ho fatto dal primo momento in cui sono arrivata qui. Lotto per adattarmi in una società di così difficile comprensione per me ogni giorno, e so sempre riconoscere gli aspetti positvi di questo Paese… tanto che se il salto lo avessi fatto dall’Italia gli Stati Uniti (senza passare per Berlino) probabilmente avrei preferito vivere qui nonostante tutte le difficoltà. Un marito americano, un figlio nato nella nazione di espatrio, un lavoro ricco di soddisfazioni (sono solo esempi) oscurano il giudizio. E’ normale e umano. E io lo so bene.

Ai miei occhi, per le mie esperienze, per quello che vedo (con i miei filtri) l’Italia e gli Stati Uniti sono due pessimi Paesi, per tante ragioni differenti. Cerco di prendere il buono che entrambe possono darmi ma non mi sento di accettare e rispettare determinate cose solo perché qui ci vivo e perché in Italia ci sono nata.

Mi piacerebbe molto se qualcuno esprimesse la propria opinione, mi piacerebbe vedere i punti di vista che vanno oltre i miei vissuti e i miei filtri emotivi. Solo gli stupidi non cambiano idea. Io quando muore qualcuno, come è successo ieri, mi sento molto limitata e stupida, sì. Ma chissà.

Adesso vado a finire la valigia, da domani per due settimane vado a prendermi quello che di buono l’Italia mi offre…tanto buon cibo, case di mattoni (!) e tanta arte. Tra un paio di settimane, poi, volo in un posto un tantino più civile dove beh…lì il filtro emotivo è all’ennesima potenza…



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