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“I Lakers taglino Bryant”. Un suggerimento davvero (troppo) indecente?

Creato il 07 marzo 2013 da Basketcaffe @basketcaffe

Il proprietario dei Dallas Mavericks Mark Cuban è arcinoto nell’ambiente NBA per essere un personaggio davvero interessante, per non dire bizzarro. La sua fama è alimentata più per quello che dice che per essere il primo tifoso dei suoi Mavericks che segue con amore sconfinato.
L’ultima dichiarazione, lanciata lì come una bomba pronta ad esplodere investendo tutta l’NBA risale ad alcuni giorni fa.
Intervenendo ad ESPN Dallas Radio circa i vari scenari che possono coinvolgere i Los Angeles Lakers per la prossima stagione (al riguardo sopratutto del rinnovo di Dwight Howard) ha così affermato:

Se si considera il payroll di Los Angeles, e nell’ipotesi in cui riuscissero a rifirmare Dwight Howard, vien da chiedersi se utilizzeranno la clausola amnesty per Kobe Bryant.”

Il ragionamento (squisitamente matematico) fatto da Cuban è il seguente: attualmente Los Angeles allunga stipendi ai propri giocatori per circa 100M$ e supera la soglia della Luxury Tax di circa 30M$. Kobe Bryant ha ancora un altro anno di contratto per 30.453M$ ed ipotizzando un rinnovo di contratto che porti nelle tasche di Howard il massimo salariale, il payroll resta ancorato ai 100M$.
Ma a differenza di quest’anno, nella prossima stagione diverranno operative le sanzioni per tutti i team che sforano la luxury tax. In pratica tutti i team che oltrepassano una fissata soglia pagheranno 1,5 dollari per ogni dollaro speso in più per i contratti e tale sanzione si inasprisce ad ogni 5M$ di limite salariale superato.

Tradotto in soldoni, il prossimo anno i Lakers, con un payroll intorno ai 100M$ pagherebbero una luxury tax di 85M$. Una cifra che diminuirebbe a 45M$ risparmiando 30M$, cioè scegliendo chi tenere tra Kobe e DH12.

Inutile dire che l’affermazione fatta da Cuban è stata prontamente rispedita al mittente dalla dirigenza gialloviola e dallo stesso Kobe che proprio in casa di Dallas ha griffato una prestazione-monstre da 38 punti, 12 rimbalzi e 7 assist. Un messaggio chiaro a chi pensa che Kobe sia sul viale del tramonto. Ma allora la dichiarazione di Cuban è da definire semplicemente folkloristica o c’è del margine su cui poter discutere? La risposta è SI, e NO.

Va ricordato innanzitutto che Kobe Bryant è l’incarnazione dei Lakers, uomo guida e punto di riferimento per i Lakers dentro e fuori dal campo. Questo dovrebbe chiudere la questione. Tuttavia, anche ammettendo che i gialloviola fossero disposti ad accollarsi una gravosa luxury tax occorre considerare i rapporti per nulla idilliaci tra Superman e Kobe, i quali più di una volta hanno avuto modo di confrontarsi a muso duro. Considerando la passata “Dwightmare” nessuno si stupirebbe se Howard ponesse a Los Angeles una condizione molto precisa circa la firma su di un contratto pluriennale, e cioè il taglio del Mamba.

A queste considerazioni di carattere finanziario occorre ragionare anche dal punto di vista tecnico: Kobe pur essendo un elemento d’élite per i Lakers e per l’intera NBA ha comunque sulle spalle 34 primavere. Mentre investire su un Howard più giovane e con tutte le carte in regola per essere un dominante uomo franchigia potrebbe aiutare i Lakers a pensare al futuro con una certa serenità.

La cosa certa è che almeno fino al termine della stagione a Los Angeles non una parola si spenderà sul mercato del prossimo anno. Ogni energia, fisica e mentale, com’è giusto che sia dev’essere investita per tornare ai massimi livelli, da subito. Ma il discorso è tutt’altro che chiuso.


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