Magazine Diario personale

I Lanciafiamme (che non è un libro sugli anni settanta in Italia)

Creato il 20 agosto 2014 da Cristiana

“Il grande romanzo sugli anni Settanta in Italia lo ha scritto un’americana: Rachel Kushner” (Ponte alle Grazie, 2014) Così recita una delle definizioni del libro che solo per questa definizione ho acquistato, di getto, una sera alla Fandango.

Ci sono dei tratti bellissimi. Poi delle fughe, come delle pause in cui il romanzo va altrove, ma forse è solo perché racconta di arte americana degli anni settanta e prova ad essere tale, cioè incomprensibile a meno di conoscere le persone che l’hanno prodotta, a meno di non tenere a mente la storia umana che riempie opere altrimenti prive di riferimenti per essere comprese.

Non ho capito le digressioni sulle bugie narrative e senza fine di Ronnie, se non fosse per descrivere l’ambiente artistico newyorkese.

Si percepisce un pochino di mitologia sugli anni di piombo italiani. Un pochino di giudizio positivo. Giusto un po’, al limite del politically correct. Non so chi di Repubblica lo abbia definito il miglior libro sugli anni settanta italiani scritti da una’americana… Boiata commerciale per farlo leggere? Il recensore non lo aveva letto e lo ha aperto a metà dove ci sono 50 pagine dedicate alle BR alle quali Reno, la protagonista, si trova in mezzo? 

Io ci sono cascata perchè non avrei mai acquistato un libro su una ragazza provinciale americana che adora la velocità, va a NY per fare l’artista e si ritrova in mezzo alla NY degli anni settanta, agli artisti degli anni settanta (di quelli che hanno un letto in ogni stanza dei loro grandi loft postindustriali, pieni di sfrido di metallo e stracolmi di anaffettività e sesso fatto senza pensare)

Come è molto bello quel tentativo (incompiuto) di raccontare Sandro attraverso la vita del padre che diventa anche la vita dell’Italia. Quella secondo me era la strada giusta. 

E poi manca un pezzo tra il futurismo, l’Africa e il sogno imperialista e il brigatismo, un pezzo in cui l’autrice non ha potuto che raccontare la sua NY e non la nostra Italia. Quel pezzo va ancora riempito o per lo meno ancora non mi pare di averne letto. 


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