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I libri di Vincent

Creato il 10 marzo 2016 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

Non occorre essere esperti osservatori delle tele di van Gogh per rendersi conto dell'importanza che riveste il libro nella produzione artistica del pittore olandese. I libri compaiono sia nelle nature morte, spesso associate ad altri oggetti tipici del genere, come vasi di fiori, alimenti o oggetti di vita quotidiana (pipe, candele, sedie), sia accanto ad alcuni dei personaggi consacrati all'immaginario collettivo grazie ai ritratti che van Gogh ha prodotto.

Confrontando questo dato iconografico con le moltissime lettere scritte da van Gogh, in particolare quelle scritte all'amato fratello Theo, si capisce che il ricorrere del libro fra i soggetti dipinti non è un puro vezzo ornamentale, ma riflette un autentico interesse di Vincent per la letteratura e per una produzione variegata, che comprende poesia, romanzi, drammi, testi sacri e saggistica.
Infatti non solo van Gogh menziona direttamente le proprie letture, ma insinua riferimenti alle pagine più amate nella sua scrittura epistolare, descrivendo i propri sentimenti attraverso le parole degli autori cui è più fedele, parlando dell' impatto delle loro parole sulla sua vita e la sua arte e offrendoci anche qualche piccolo giudizio critico che egli mette in relazione con la produzione artistica, a dimostrare il nesso strettissimo che intercorre fra l'arte letteraria e le arti figurative.

"Sono felice che tu abbia ancora la tua passione per la lettura, che è sempre un'ottima cosa" (Lettera ad Egbert Borchers, 2 settembre 1875)

Unendo i dati desumibili dalle lettere alla ricerca dei titoli sulle copertine dei volumi dipinti, possiamo farci una chiara idea della composizione degli scaffali della casa di Vincent. Ma, prima di tutto, ci rendiamo conto del valore fondamentale che i libri hanno nel mantenimento del delicato equilibrio psichico di questo personaggio: nello scrivere al fratello il 7 luglio 1882, la sera prima del rientro in ospedale a seguito delle complicazioni di una malattia venerea, Vincent descrive la propria camera, dove, in un angolino, assieme a piccoli vasi e bottiglie, ci sono i suoi libri; la lettera, che si sofferma sul silenzio e il senso di pace che si avverte nella stanzetta, ci fa capire quanto sia importante per l'artista rintracciare dei punti fermi e degli ancoraggi sicuri.
Vincent, in più, ci confessa, sempre attraverso il colloquio epistolare con Theo, di essere un avido ricercatore di libri e di adorare, come ogni buon lettore, le occasioni di acquisti abbondanti a prezzi stracciati, come leggiamo in una lettera del 18 maggio 1877, inviata da Amsterdam:

"Da un libraio ebreo, che mi procura i libri latini e greci di cui ho bisogno, ho avuto la possibilità di scegliere quello che volevo da un ricco repertorio, e a bassissimo costo: 13 libri per 70 centesimi. Ho pensato di ordinarne diversi per la mia stanza, per darle un po' l'atmosfera necessaria per generare e rinfrescare le idee."


Qualsiasi lettore sfrenato si riconoscerebbe in queste righe e, ugualmente, non può che essere solidale con un giovane ventiquattrenne senza il becco di un quattrino che, se solo agguantasse qualche soldo, lo scialacquerebbe immediatamente in libri o in altri svaghi che gli permettano di evadere dallo studio.

"Non è sempre un male non avere soldi in tasca. Desidero tantissime cose e, se avessi il denaro, forse lo spenderei subito in libri e in altre cose di cui posso fare a meno e che mi distolgono dagli studi cui devo ora dedicarmi: già adesso non è facile lottare contro le distrazioni" (Lettera a Theo van Gogh, 5 agosto 77)

Ma cosa legge Van Gogh? Dalle lettere scopriamo che egli ha una decisa preferenza per Émile Zola, considerato il maggior esponente del Naturalismo francese, ma anche per gli iniziatori di questa tendenza narrativa, quei fratelli De Goncourt che nel 1865 pubblicano il romanzo Germinie Lacertaux. Proprio questo romanzo, che Vincent consiglia anche al fratello, compare in una edizione gialla nella Natura morta con statuetta di gesso e libri (1887), assieme a Bel Ami di Guy de Maupassant, pubblicato nel 1885 e riconducibile alla letteratura realista.


Germinie Lacertaux è anche il libro posto sul tavolo del Dottor Gachet, ritratto da van Gogh nel 1890, forse perché tratto dagli scaffali del soggetto ritratto o forse perché scelto dalla libreria dell'autore, non a caso assieme al romanzo Manette Salomon, sempre dei De Goncourt, pubblicato nel 1867 e ambientato nel mondo degli artisti. La scelta del romanzo Germinie Lacertaux non è solo una spia dei gusti letterari dello psichiatra e di Vincent, ma anche un elemento che accentua la malinconia del quadro, già incupito dall'espressione del soggetto e dalla presenza, in primo piano, della digitale, pianta di uso medico ma anche velenosa.

Quanto a Zola, diverse sono le occasioni epistolari in cui Vincent manifesta la propria ammirazione, come nella lettera al pittore Anthon van Rappard del 19 settembre 1882, nella quale dichiara di avervi trovato un autore addirittura migliore di Balzac, prima ritenuto ineguagliabile, e addirittura un segno del progresso letterario e dell'avanzare dei tempi. Il titolo di Zola preferito da van Gogh è La Joie de vivre (1884), spesso citato nelle lettere (si veda quella del 9 aprile 1885), così come L'Assomoir (3 settembre 1882) e Germinal e introdotto in alcuni dipinti, come nella Natura morta con oleandro (1888) o nella Natura morta con Bibbia, dipinta nel 1885, subito dopo la morte del padre. In quest'ultimo dipinto ad attirare la curiosità è senza dubbio l'accostamento fra il testo sacro (aperto al libro di Isaia), che rappresenta il conservatorismo e la severità paterni, e il volume moderno, evidenziato dalla colorazione gialla tanto cara all'autore e simboleggiante la vita pulsante: la tela sembra così definire una contrapposizione generazionale, un contrasto fra passato e presente. Non va tuttavia dimenticato che van Gogh stesso conosce molto bene le sacre scritture, ne possiede diverse copie e le cita nelle sue lettere, con particolare ricorsività dei versetti evangelici, dell' Apocalisse, di San Paolo e dei Salmi.

Tornando alla letteratura contemporanea, Vincent cita spesso fra le sue letture preferite anche i romanzi di Victor Hugo, Alphonse Daudet, Joris-Karl Huysmans (nelle lettere sono menzionati i romanzi En ménage del 1881 e A vau-l'eau del 1882 e il poemetto Croquis parisiens del 1880) e Gustave Flaubert, di cui conosce Madame Bovary (cfr. lettera del 16 settembre 1884) e Sallambò (29 marzo 1889). Vanno poi ricordati i romanzi scritti a quattro mani da Emile Erckmann e Alexandre Chatrian, anch'essi ricorrenti nelle parole dell'artista. Stona soltanto, per tipologia narrativa, l'amore per lo scrittore Pierre Loti ( Le mariage de Loti del 1880 è richiamato in una lettera da Arles del 30 marzo 1888), che, tuttavia, si spiega per l'abbondanza di particolari esotici e avventurosi e le ambientazioni in terre lontane, elementi ricercati da Van Gogh soprattutto nell'arte giapponese.
Sebbene nell'epistolario si evidenzi anche la lettura delle opere di Rabelais e Voltaire, il gusto moderno di van Gogh è innegabile ed è lui stesso ad illustrarci le motivazioni di questa sua predilezione per i francesi del suo tempo, dalla quale è escluso solo Baudelaire, che Vincent non perde occasione di svilire agli occhi del suo ammiratore Émile Bernard.

"Se si vuole la verità, la vita così com'è, De Goncourt, per esempio, in Germinie Lacerteux, La fille Elisa, Zola in La joie de vivre e L'Assommoir e tanti altri capolavori dipingono la vita come noi la percepiamo e, quindi, soddisfano il nostro bisogno di sentire la verità. Il lavoro dei naturalisti francesi Zola, Flaubert, Guy de Maupassant, De Goncourt, Richepin, Daudet, Huysmans è magnifico e uno difficilmente può dire di appartenere al proprio tempo se non si è a conoscenza. Il capolavoro di Maupassant è Bel-ami." (Lettera a Willemina Van Gogh, ottobre 1887)
"Ho appena finito il ritratto di una donna di quaranta o più, insignificante. Il volto sbiadito e stanco, butterato, un, carnagione abbronzata di oliva con sfumature, capelli neri. Un abito nero sbiadito adornata con un geranio rosa tenue, e lo sfondo in un tono neutro tra il rosa verde. [...] Poiché dipingo spesso cose del genere è ovvio - così credo - che nutra una sconfinata ammirazione per i De Goncourt, Zola, Flaubert, Maupassant e Huysmans. Ma, per quanto ti riguarda, continua tenacemente con i Russi. Hai già letto La mia fede di Tolstoj? Dev'essere una lettura davvero interessante e utile." (Lettera a Willemina Van Gogh, Saint-Remy de Provence, 19 settembre 1889)

Il riferimento a Tolstoj nelle parole alla sorella è il naturale punto di passaggio allo scaffale della letteratura straniera. Van Gogh legge infatti anche autori stranieri, comunque riconducibili al realismo, quindi appartenenti al suo tempo. Appare affascinato dalla visione sociale di Tolstoj e dalle sue idee, espresse nel saggio La mia fede, su una rivoluzione non violenta capace di instaurare un nuovo mondo regolato dai rapporti di solidarietà, senza per questo ispirarsi ad alcun ideale religioso (si veda la lettera a Theo inviata da Arles il 25 settembre 18889. Della narrativa tolstoiana conosce invece le Leggende russe, che nel dicembre 1887 consiglia all'amico Émile Bernard.

Fra gli autori anglosassoni, Vincent legge e ama Charles Dickens (il 29 marzo 1889 parla del suo A Christmas Carol, citandolo accanto al Sallambò di Flaubert), il poeta romantico George Byron e la scrittrice George Eliot, di cui conosce The Mill on the Floss del 1860, sebbene cada nel tranello di ritenerlo scritto da un uomo, come si evince dalla lettera del 12 maggio 1876. Ha poi un posto di particolare rilievo nel suo cuore William Shakespeare, di cui conosce senza dubbio, e King Lear e la cui intensità emotiva Vincent paragona a quella che anima il tratto del pittore:

"Shakespeare... chi è misterioso come lui? Il suo linguaggio e il suo modo di fare le cose sono sicuramente alla pari di qualsiasi tremore pennello con la febbre ed emozione. Ma bisogna imparare a leggere, come si deve imparare a vedere e imparare a vivere." (Lettera a Theo van Gogh, giugno 1880)

E, ancora, Vincent van Gogh legge Harriet Beecher Stowe, dato che il 19 giugno 1879 parla al fratello Theo del romanzo La capanna dello zio Tom, uscito solo quattro anni prima e ama anche la saggistica, in particolare le opere dello storico francese Jules Michelet, nelle lettere richiamato soprattutto per L'amour (1858) e La femme (1859) e quelle di Thomas Carlyle, del quale il 5 marzo 1883 ha in lettura Sartor resartus, che lo colpisce con la 'filosofia dei vestiti vecchi', attraverso la quale l'autore "non solo mette a nudo l'uomo, ma lo scortica"; sempre a proposito di Carlyle, nella stessa lettera van Gogh si dimostra anche un attento critico, riconducendo alcune delle sue posizioni a quelle di Goethe (altro autore che, evidentemente, legge) e addirittura rintracciando i suoi riferimenti filosofici in "un uomo che non ha lasciato nulla di scritto, ma le cui parole sono sopravvissute comunque: Gesù.".

A proposito di Goethe e dello slancio idealista di Carlyle, va detto che gli autori romantici tedeschi suscitano in generale l'ammirazione di van Gogh, sebbene questo dato sia apparentemente in contrasto con il sapore naturalista degli scaffali francesi. Il 13 dicembre 1875 Vincent parla al fratello dei testi che è solito copiare e rilegare in libro per lui e cita, in particolare, le poesie di Heinrich Heine e Ludwig Uhland.
E non manca la curiosità del pittore per la letteratura italiana del Trecento, che conosce probabilmente attraverso l'arte, in particolare quella di Botticelli, che ad essa si è molto ispirato (basti pensare alle opere ispirate alla Commedia o al Decameron). Il 18 settembre 1888, infatti, van Gogh cita, assieme a Giotto, quali simboli della cultura italiana, Dante, Boccaccio e Petrarca e appare incuriosito e affascinato dal fatto che quest'ultimo abbia trascorso una parte della propria vita ad Avignone e nella sua regione, nelle stesse zone in cui l'artista si stabilisce nel febbraio 1888, tanto che manifesta il proprio entusiasmo nell'osservare la stessa natura che ha ispirato i versi del poeta.
Questa devozione di van Gogh al mondo della letteratura ci fa capire perché i libri appaiano fra le mani di molti soggetti da lui ritratti nei dipinti, dalla Lettrice di romanzi (1888) a L'Arlesienne (che è niente poi la Madame Ginoux ritratta anche in altri contesti), e in alcuni bozzetti, dove ritorna l'associazione fra lettura e soggetto maschile già vista per il dottor Gachet.

Anche se non è sempre impossibile identificare i libri che compaiono nelle tele dell'artista olandese e che hanno forse influenzato l'opera di artisti del secolo successivo come Henri Matisse e Juan Mirò, possiamo ipotizzare che siano tratti dalla libreria che abbiamo passato in rassegna, immaginando che il libro accanto al Ramo di mandorlo fiorito sia La femme di Michelet o, ancora, che le gemme ispirino a van Gogh la stagione di Germinal del suo amato Zola. Forse Madame Ginoux vaga con lo sguardo mentre fantastica sulle terre lontane descritte da Pierre Loti e la lettrice si china nella lettura della coinvolgente storia dell'infelice Emma Bovary. E saranno animate degli slanci sociali di Carlyle e dalle fiabe russe di Tolstoj le pagine aperte della Natura morta con libri e una rosa (1889), che fanno pensare ad un uomo malinconico che mette davanti a sé i propri libri, le letture amate in una vita e spesso rappresentate con il giallo sfavillante della gioia di vivere, prima di separarsi definitivamente da essi.

"Il libro non è solo tutti i libri o la letteratura: è anche la coscienza, la ragione... ed è l'arte." (Lettera a Theo van Gogh, 4 gennaio 1884)

C.M.

NOTA: Le informazioni e le citazioni tratte dalle lettere di Van Gogh sono state tradotte dalla versione inglese disponibile sul sito Vincent van Gogh - The Letters.


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