Magazine Società

I Linguaggi della #NarcoGuerra @Odoyaeditore #Recensione su @MilitantBlog

Creato il 03 marzo 2016 da Vfabris @FabrizioLorusso

Militant libro i-linguaggi-della-narcoguerra

[Riproduco di seguito una parte della recensione al libro NarcoGuerra, che è in compagnia di quella dei romanzi di Don Winslow e della serie Narcos, dal blog di Militant] La “guerra alla droga” è lo strumento politico attraverso cui gli Stati uniti mantengono il controllo amministrativo ed economico di alcuni Stati dell’America Latina e centrale. Non è una lotta del “bene contro il male”, soprattutto laddove il primo è rappresentato dagli Usa o, peggio ancora, dalle sue particolari agenzie repressive (Cia, Dea, Nsa); l’obiettivo non è quello di estinguere il problema, sia perché questo è il prodotto di una domanda incontrollabile dei paesi occidentali, sia perché droga e narcos costituiscono privilegiati strumenti di controllo di territori e dinamiche sociali da utilizzare come “agenti di prossimità”; è, infine, una questione eminentemente politica e non semplicemente criminale, d’ordine pubblico, militare o in qualche modo tecnica: è politica perché deriva da specifiche cause sociali che la determinano; perché è prodotto diretto degli accordi neoliberisti di libero scambio tra paesi subalterni all’economia Usa; perché serve ai politici locali per costruire legittimazione che poi riversano controle popolazioni povere dei rispettivi contesti e per facilitare gli accordi di libero scambio di cui sopra. Sebbene scomparsa dai radar dei media occidentali, la lotta alla droga costituisce uno dei più rilevanti ambiti di gestione imperialista dei territori. In questi anni è soprattutto il mondo della cultura di massa ad essersene occupata, con linguaggi e obiettivi differenti, a volte opposti. E’ interessante capire come avviene il racconto della “guerra alla droga”, alla luce di alcuni specifici lavori usciti in questo anno, che contribuiscono a dare una panoramica degli interessi e delle sensibilità sul tema in questione.

Dei due imprescindibili romanzi di Don Winslow (qui e qui) ce ne siamo occupati tanto in passato e di recente. Al di là del livello letterario, molto alto, costituiscono dei lavori capitali perché rompono uno schema narrativo sia giornalistico che politico altamente tossico e pacificante: secondo tale visione, i cartelli della droga costituivano il sottoprodotto di economie povere in mano a signori locali che gestivano un’economia informale illegale, economia capace di condizionare la politica locale in maniera anche molto incisiva e che creava disturbi al corretto sviluppo economico di questi Stati e delle loro relazioni con gli Usa. La conseguenza è che ad un certo punto gli Stati uniti dichiarano guerra al narcotraffico durante la presidenza Nixon, mettono in campo uomini e finanziamenti, ma gli apparati onesti targati Usa si scontrano con la corruzione delle società al sud del Rio Bravo fallendo l’opera di rimozione definitiva del problema. Lo schema è manicheo nella sua contrapposizione tra bene (la Dea, e più in generale la politica di fondo degli Usa, anche quando viene criticata) e male (le società, nel loro complesso, del centro e sud America); è impolitico laddove rimuove tutte le cause sociali che producono l’economia della droga; e mira, infine, a colpevolizzare le società latinoamericane tutte invariabilmente corrotte, e l’unico sogno degli uomini onesti lì residenti consiste nella fuga verso gli Usa alla ricerca della tanto agognata “carta verde”. L’unica onestà possibile coincide coi valori statunitensi. Don Winslow capovolge la questione. Non esiste bene e male: l’economia narcotrafficante è il prodotto di precise scelte politiche degli Stati uniti, e le agenzie preposte al contrasto sono corrotte tanto quanto le politiche nazionali degli Stati latinoamericani; lo scontro è tra due mali, e soprattutto – qui sta l’importanza dei lavori dell’autore newyorkese – anche l’agente onesto è costretto a corrompersi perché inserito dentro una dinamica di per sé corrotta potremmo dire ontologicamente; soprattutto ne Il potere del cane, Winslow traccia l’origine del commercio illegale, le politiche agricole imposte dagli Usa, le ragioni sociali dello sviluppo del mercato della droga, ed è lì che inserisce la sua critica sociale e politica più rilevante, legando cioè il fenomeno alle cause economiche che lo determinano.

Nel 2015 sono usciti però altri due lavori che affrontano la questione. La serie tv prodotta da Netflix, Narcos, che ha spopolato in tutto il mondo ed è stata evento mediatico anche in Italia, che ha portato le vicende dei narcotrafficanti al grande pubblico. E il libro di Fabrizio Lorusso, Narcoguerra, edito da Odoya nel giugno dello scorso anno, anche questa opera capace di raggiungere il grande pubblico nonostante i mezzi chiaramente più ristretti tanto di Netflix quanto di Winslow. Si tratta di due lavori agli antipodi, che descrivono bene la varietà di linguaggi e di schemi mentali ancora persistenti sul fenomeno. Continua a leggere la recensione di NarcoGuerra e della serie Narcos a questo link…


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :