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I Marò ancora in India, ma nessuno si ricorda di loro

Creato il 08 novembre 2013 da Ideaoccidente

1373962-maroOrmai chi si ricorda più dei due marò in India? Solo i commilitoni, le associazioni di reduci e riservisti. Per il resto, niente più. Non ne parlano i giornali, non si ascoltano con frequenza dichiarazioni di politici ormai distratti da altre faccende: ogni tanto un rigurgito, qualche frase buttata nella mischia da qualche ministro, spesso a sproposito. Non se n’è ricordata nemmeno la Ferrari, che quest’anno non ha replicato il gesto fatto l’anno passato e non ha disputato il Gran Premio d’India con il nastrino giallo in onore dei due Marò disegnato sulla vettura. Non parla quasi più il Ministero dell’Interno, se non per dire – attraverso la voce dell’autorevole Ministra Emma Bonino – che “non siamo certi dell’innocenza dei nostri militari”. Appunto. Forse era meglio il silenzio: ventuno mesi di arresto in un paese straniero, contro ogni regola del diritto nazionale e internazionale e alla ministra radicale interessa comunicare alla gente che non può mettere la mano sul fuoco e dire che i due soldati, in missione all’estero per conto della Stato, sono innocenti. In realtà, non dovrebbe nemmeno interessarci. Fino a prova contraria, cioè fino al terzo grado di giudizio – dice la nostra Costituzione – i Marò sono innocenti. Quindi, poco importa se hanno veramente sparato ai pescatori morti in acque internazionali. Vanno giudicati in Patria. Punto.

Oggi a Ferrara Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno avuto una videoconferenza – aperta alla cittadinanza – con le associazioni (Lagunari, ANMI, San Marco) che si sono mosse per sensibilizzare l’opinione pubblica contro la detenzione illegittima in territorio straniero dei nostri militari. All’incontro ha partecipato e parlato di Europa l’eurodeputato Magdi Cristiano Allam: “se anteponiamo la moneta alla persona – ha detto – abbiamo già perso. L’Europa non è unita e non è stata solidale sulla vicenda dei Marò. L’Italia deve far prevalere l’interesse nazionale su quello economico. Deve recuperare dignità.” Difficile non assecondare la posizione del giornalista che già in precedenza si era speso in favore dei due fucilieri della San Marco.

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

Latorre e Girone, come già detto in un’altra occasione su queste pagine, sono stati abbandonati da un Paese, che li ha inviati in missione e se ne è dimenticato non appena la loro difesa poteva compromettere i rapporti economici con l’India. “Finmeccanica e i suoi aerei hanno vinto sulla credibilità internazionale dell’Italia”, ha detto il Comandante Fernando Tormentini che segue da tempo la vicenda.

Il Belpaese ha perso credito quando ha ordinato, per voce del comando militare, alla nave italiana di rientrare nelle acque territoriali indiane. Ha violato la Costituzione, che vieta l’estradizione verso paesi che hanno ancora la pena di morte, quando ha ordinato ai due marò di scendere dall’imbarcazione. L’Italia si è dimenticata del suo codice penale, che impone a chiunque abbia in corso un procedimento per omicidio volontario (la procura italiana ha aperto un fascicolo del genere nei confronti di Girone e Latorre) di non lasciare il paese, quando – tornati per le vacanze di Natalene ha permesso il rientro in India. Il governo italiano si è reso attore di una commedia poco edificante quando ha fatto finta di tenere a casa i due soldati in permesso elettorale (20 febbraio 2013), per poi rimangiarsi le minacce fatte all’India e rispedire alla giurisdizione indiana Girone e Latorre (21 marzo 2013). Infine, il Ministero degli Esteri (Giulio Terzi ed Emma Bonino) e quello della Difesa (Giampaolo di Paola e Mario Mauro) si sono dimenticati dell’immunità funzionale che copre i militari italiani impegnati all’estero. Senza tutte queste dimenticanze i Marò sarebbero in Italia, sotto processo, e senza il bisogno di chiedere “sostegno per tutti i militari impegnati all’estero, affinché non subiscano quello che abbiamo subito noi”.

Ma l’Italia si è già dimenticata di loro e l’ha venduti per trenta denari.

Giuseppe De Lorenzo

 


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