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I mecenati e gli assassini della bellezza, antichi e nuovi tiranni

Creato il 28 novembre 2015 da Federbernardini53 @FedeBernardini

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Jean-Baptiste Lully (Firenze, 28 novembre 1632 – Parigi, 22 marzo 1687)

Un’epoca, la sua, caratterizzata da grandi sperequazioni sociali e nella quale l’espressione “Diritti umani” sarebbe stata compresa da pochi, essendo i diritti direttamente proporzionali alla condizione sociale e al potere politico ed economico di ciascuno.

La maggioranza della popolazione viveva in condizioni di estrema povertà e di soggezione nei confronti delle classi privilegiate, soprattutto l’alta nobiltà e l’alto clero, essendo i ranghi inferiori del primo e del secondo stato relegati in un ruolo marginale, al punto che, riferendosi delle centinaia di migliaia di cadetti esclusi dal maiorasco che all’epoca vivevano nel Regno di Francia, qualcuno ha usato l’espressione “Proletariato nobiliare”. Molti di loro, gli eredi dei tanti D’Artagnan e Cyrano de Bergerac senz’arte né parte, che potevano puntare solo sulla carriera delle armi e su quella ecclesiastica per sbarcare il lunario e solo in qualche caso fare fortuna, parteciparono con convinzione ed entusiasmo alla Rivoluzione.

Assai vaga, poi, era la certezza del diritto, non di rado anche per gli esponenti delle classi privilegiate. Durante “L’Ancien Règime”, dalla fine del medioevo alla Rivoluzione, continuò formalmente ad essere applicato il diritto comune, ma l’influenza e l’arbitrio regio finirono per diventare essi stessi regola, rendendolo vano nella sostanza.

Il rapporto tra diritto penale e sistema politico si configura come un rapporto tra un’autorità assoluta, quella del re, che può applicare o non applicare o addirittura stravolgere le regole a suo piacimento, e una legge che rimane sulla carta e spesso non offre alcuna certezza e alcuna garanzia ai sudditi, che si trovano in balia del capriccio del sovrano.

Così il re di Francia poteva, senza alcuna giustificazione e alcun processo, determinare la sorte di un uomo con una semplice “Lettre de cachet”, oppure organizzare processi farsa per condannare al patibolo chiunque lo ostacolasse o distribuire esenzioni fiscali e privilegi a soggetti o comunità che gli avessero dimostrato tangibili segni di fedeltà.

Controllava tutto, non come i sovrani medievali, che si affidavano a vassalli che spesso finivano per usurpare i suoi poteri, ma per mezzo di un’efficiente e affidabile classe di magistrati, burocrati e amministratori, che dipendeva direttamente da lui e i cui componenti poteva liberamente destituire o trasferire senza doverne render conto ad alcuno.

In un tale sistema politico, dunque, pur vigendo formalmente le regole del diritto comune, affermatosi in età medievale sul modello di quello romano, assistiamo, in sostanza, a una assoluta incertezza del diritto, che finisce esso stesso per ridursi a un mero strumento di potere.

Un mondo che l’utopia rivoluzionaria, subito tradita dalla prassi, avrebbe dovuto cancellare, per sostituirlo col nuovo, ispirato ai principi della Libertà, dell’Eguaglianza e della Fraternità. Vuote parole, allora come oggi, proclamate da ogni pulpito e immediatamente calpestate.

Continuiamo a vivere in un mondo ingiusto, fatto di pochi ricchi sempre più ricchi, che si possono permettere tutto, il lecito e l’illecito, e molti poveri, sempre più poveri e sempre più numerosi, che si possono permettere sempre meno, a volte quasi nulla.

Si profila, sempre più minaccioso e non solo nella visione dei complottisti spesso farneticanti, un Nuovo Ordine Mondiale nel quale una ristretta cerchia di eletti dominerà un’umanità fatta di schiavi, non più di una monarchia nazionale assoluta, ma di un’entità planetaria senza nome e senza volto.

E questi nuovi tiranni, al contrario di quelli antichi, ci priveranno, anzi ci stanno già privando, anche della bellezza. Gli imperatori, i re, i papi e i principi erano almeno grandi mecenati e grazie a loro musicisti, pittori, architetti e poeti hanno potuto arricchire l’umanità coi tesori di bellezza prodotti dal loro genio, mentre i nuovi tiranni favoriscono e propagano l’estetica dell’orrido per abbrutire i loro sudditi.

Oggi è l’anniversario di Lully, che quel mondo iniquo glorificò con la sua musica. Altri, ai nostri giorni, si fanno interpreti dello spirito di un mondo altrettanto iniquo con le loro cacofonie e ascoltando Lully non possiamo che rimpiangere l’Ancien Règime, magari sognando di ascoltare la sua musica a Versailles, contemplando la maestà del Re Sole.

Federico Bernardini


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