Sette anni di selvaggio West nel cuore dell’Emilia Romagna.
Ventitré delitti violenti, spesso perpetrati per rubare pochi spiccioli. Non raramente le vittime erano nomadi, rom, extracomunitari. Altre volte venivano presi di mira benzinai, carabinieri, impiegati di uffici pubblici.
Questo è il curriculum della “Banda della Uno Bianca”, uno dei misteri solo parzialmente risolti della cronaca nera italiana.
La banda colpì dal 1984 al 1993, facendola sempre franca. I loro assalti erano feroci ma professionali, come se fossero portati a termine da gente che di armi e di combattimenti se ne intendeva. Infatti era proprio così: i principali artefici di questi crimini erano i fratelli Savi. Il maggiore (Roberto) era un poliziotto della Questura di Bologna. Il mezzano, Fabio, aveva a sua volta provato a entrare in Polizia. Il terzo fratello, Alberto, è un poliziotto presso il Commissariato di Rimini.
Oltre ai Savi c’erano un quarto agente di Polizia, Pietro Gugliotta, e addirittura un sovrintendente della Narcotici della Squadra Mobile, Marino Occhipinti.
Come se non bastasse, tra i membri minori della banda c’era l’ennesimo poliziotto, Luca Vallicelli, della Stradale di Cesena.
Inquietante, vero?
Le vicende criminali della Banda della Uno Bianca sono ben riassunte nella pagina Wikipedia dedicata a questo caso di cronaca nera. La trovate qui, se volete leggere i fatti nel dettaglio.
Tutta la vicenda è allucinante, ben più truce e surreale di tanti romanzi thriller attualmente in circolazione.
Eppure io, nato nel ’75, ricordo il terrore scatenato dalla banda. I telegiornali erano costretti a narrare ogni nuovo colpo messo in atto dai misteriosi assalitori. Colpi in cui spesso e volentieri ci scappava il morto. Ricordo soprattutto la cosiddetta strage del Pilastro (1991), quando nell’omonimo quartiere di Bologna una pattuglia di Carabinieri cadde sotto i colpi dei membri del gruppo criminale. I membri dell’arma rimasti uccisi nello scontro a fuoco furono tre, trucidati con fucili d’assalto e fucili a pompa.
Furono due poliziotti a seguire la pista giusta, mentre le indagini dei magistrati continuavano a non giungere ad alcun risultato concreto.
L’ispettore Baglioni e il sovrintendente Costanza, del Commissariato di Rimini, proseguirono per conto loro, riuscendo infine a scoprire la vera identità dei membri della temibile banda. I Savi e gli altri soci furono infine arrestati nel novembre del 1994. Processati per due anni, ottennero ergastoli ed altre pene per i membri minori della banda.
Fabio Savi.
Ma la Uno Bianca fu solo un’organizzazione di rapinatori violenti?
Secondo alcuni studiosi no.
Qualcuno vede dietro i Savi un disegno per creare e solidificare una nuova, potente organizzazione criminale, con punti di contatto con lo stragismo mafioso (fenomeno molto diffuso negli anni ’80) e con la camorra. Secondo questi studiosi la città di Bologna venne risparmiata dalle bombe del 1993 (che colpirono Milano, Firenze e Roma) proprio perché il capoluogo dell’Emilia Romagna era “protetto” dalla Uno Bianca.
C’è poi chi ipotizza qualcosa di ancor più perturbante, vale a dire ai Savi come braccia armate di un’organizzazione eversiva con punti di contatto con la famigerata Gladio. Estremisti di destra, xenofobi, con una grande passione per le armi, i membri della banda erano perfetti per creare un’efficiente strategia della tensione. Questo scenario non è poi tanto risibile, visto che era quello a cui credevano anche i servizi segreti francesi, che aiutavano le autorità italiane nelle indagini.
Il fatto che i membri della banda fossero tutti infiltrati nella Polizia di Stato, metteva a loro disposizione mezzi e dati utili a coordinare i colpi che, come abbiamo visto, non riguardavano mai rapine di clamorose quantità di denaro.
Secondo gli esperti di queste faccende, i Savi sarebbero dei membri della famigerata Sezione K di Gladio, ovvero dei killer con licenza di uccidere a loro assoluta discrezione.
Ma perché sviluppare tale strategia della tensione?
Il motivo sarebbe in fondo semplice, per un’organizzazione anti-comunista: portare scompiglio nella placida e produttiva Emilia Romagna, regione storicamente “rossa”.
Stemma associato all’organizzazione Gladio.
I misteri sulla Uno Bianca rimangono ancora tali.
Io mi sono permesso di farne un piccolissimo accenno, in chiave fantastica, nel mio romanzo Imperial.
Sposo quindi l’ipotesi del terrorismo a fini eversivi?
In realtà no, tuttavia mi pare che questa faccenda – enorme, a voler ben vedere – sia stata troppo frettolosamente accantonata.
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Alex Girola – follow me on Twitter